L'esame da parte della Commissione europea dei «tax ruling» concessi al gruppo Engie dal Lussemburgo ha violato il diritto dell'Unione
Pubblicato il 08/12/23 08:19 [Doc.12706]
di Corte di giustizia dell'Unione europea - UE


Sentenza della Corte nelle cause riunite C-451/21 P | Lussemburgo / Commissione e C-454/21 P | Engie Global LNG Holding e a. / Commissione

L’esame da parte della Commissione europea dei «tax ruling» concessi al gruppo Engie dal Lussemburgo ha violato il diritto dell’Unione

La Commissione europea ha deciso che il Lussemburgo aveva concesso aiuti di Stato al gruppo Engie nell’ambito di «tax ruling» relativi a operazioni di finanziamento infragruppo. Tuttavia, la Commissione è incorsa in un errore nella determinazione del sistema di riferimento che costituisce il punto di partenza dell’esame comparativo da effettuare nell’ambito della valutazione della selettività di tali misure fiscali e, pertanto, della loro qualificazione come aiuti di Stato vietati. Il sistema di riferimento o regime fiscale «normale», a partire dal quale occorre analizzare la condizione della selettività, deve infatti includere le disposizioni contenenti le esenzioni che l’amministrazione tributaria nazionale ha considerato applicabili al caso di specie, qualora tali disposizioni, non introducendo una discriminazione manifesta tra imprese, non conferiscano, di per sé, un vantaggio selettivo ai sensi del diritto dell’Unione. La Commissione non può, quindi, stabilire che vi è una deroga a un quadro di riferimento limitandosi a constatare, come ha fatto nel caso di specie, che una misura si discosta da un obiettivo generale di assoggettamento a imposta di tutte le società residenti nello Stato membro di cui trattasi, senza tener conto di disposizioni del diritto nazionale che specificano le modalità con cui tale obiettivo è attuato.

Con decisione del 20 giugno 2018 1 la Commissione ha accertato che le autorità tributarie lussemburghesi avevano adottato due serie di «tax ruling», nell’ambito di congegni societari e finanziari complessi all’interno del gruppo Engie. A suo avviso, tale trattamento fiscale aveva consentito al gruppo in questione di evitare l’imposizione fiscale sulla quasi totalità degli utili realizzati dalle società figlie stabilite in Lussemburgo. Essa ha concluso che tali «tax ruling» costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno e dovevano essere recuperati dalle autorità lussemburghesi presso i loro beneficiari. Adito dal gruppo Engie e dal Lussemburgo, il Tribunale dell’Unione europea ha respinto i loro ricorsi 2 . Engie e il Lussemburgo hanno, quindi, proposto impugnazione dinanzi alla Corte. La Corte ricorda che, per stabilire se una misura nazionale costituisca un aiuto di Stato, la Commissione deve, in particolare, dimostrare che essa attribuisce un vantaggio selettivo al suo beneficiario. Per qualificare una misura fiscale come «selettiva», la Commissione deve, anzitutto, individuare il sistema di riferimento, ossia il regime fiscale «normale» applicabile nello Stato di cui trattasi. Essa deve poi dimostrare che la misura in questione deroga a tale sistema di riferimento, poiché introduce una differenziazione tra imprese che si trovano in una situazione comparabile. Le disposizioni del diritto lussemburghese in questione non subordinano esplicitamente l’esenzione, a livello di una società madre, dei redditi da partecipazioni all’imposizione fiscale, a livello della sua società figlia, degli utili distribuiti. Questa era l’interpretazione di tali disposizioni sostenuta dal Lussemburgo. Nel caso di specie la Commissione si è discostata da tale interpretazione, ritenendo che essa fosse incompatibile con l’obiettivo generale di imposizione fiscale di tutte le società residenti. La Corte osserva, tuttavia, che la Commissione è tenuta, in linea di Direzione della Comunicazione Unità Stampa e informazione curia.europa.eu Restate in contatto! principio, ad accettare l’interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale fornita dallo Stato membro nell’ambito di un dibattito in contraddittorio, purché tale interpretazione sia compatibile con il tenore letterale delle disposizioni in questione. Orbene, nel caso di specie la Commissione non ha addotto alcun elemento che invalidi l’interpretazione sostenuta dal Lussemburgo, la quale è d’altronde compatibile con il tenore letterale di tali disposizioni. Erroneamente, quindi, il Tribunale ha confermato la constatazione della Commissione relativa all’esistenza di un tale nesso di condizionalità tra questi due trattamenti fiscali. Inoltre, erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non fosse tenuta a prendere in considerazione la prassi amministrativa delle autorità tributarie lussemburghesi relativa a una disposizione nazionale in materia di abuso di diritto. Infatti, per suffragare la sua decisione, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che, nei «tax ruling» in questione, l’amministrazione tributaria lussemburghese si era discostata dalla propria prassi riguardante operazioni comparabili a quelle di cui trattasi. Infine, pronunciandosi essa stessa sui ricorsi di annullamento, la Corte dichiara che la Commissione è incorsa in errori nelle sue diverse analisi dei quadri di riferimento che definiscono il sistema normale di imposizione fiscale. Essa ritiene, in particolare, che la competenza e l’autonomia fiscali degli Stati membri in settori non armonizzati a livello dell’Unione sarebbero violate se la Commissione potesse definire un quadro di riferimento esclusivamente sulla base dell’obiettivo generale di imposizione fiscale di tutte le società residenti, perseguito dal diritto nazionale, e dunque non includendo in tale quadro, segnatamente, disposizioni che prevedono esenzioni. Tali errori hanno viziato l’intera analisi di selettività e la decisione della Commissione è, pertanto, annullata.


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