Cassazione: gli atti richiamati nel decreto ingiuntivo scontano l'imposta di registro
Pubblicato il 15/03/24 08:49 [Doc.13099]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


La tassazione per enunciazione opera quando le circostanze menzionate, nel caso in esame un decreto ingiuntivo, sono idonee di per sé stesse a dare certezza al rapporto giuridico tra le parti

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Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e realizzati fra le stesse parti intervenute nel documento che contiene l’enunciazione, il Registro si applica anche alle disposizioni enunciate. Il tributo, infatti, è una imposta d’atto e, dunque, si applica a tutti gli atti previsti dalla legge

La vicenda contenziosa, portata all’attenzione della suprema Corte, nasce dal ricorso presentato da una società – affidato a cinque motivi di impugnazione - per la cassazione di una sentenza, con cui la Ctr della Campania aveva respinto il suo appello avverso la pronuncia emessa dalla Ctp di Salerno, in rigetto del ricorso avverso un avviso di liquidazione di imposta di registro relativamente a decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Nocera Inferiore a favore della ricorrente, per un credito vantato nei confronti di terzi (contratto di fornitura d'opera).

La suprema Corte, con l’ordinanza n. 2296 del 23 gennaio scorso, ha respinto il ricorso, con condanna della contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
La Cassazione, in via preliminare, disattende – ritenendoli infondati – i primi tre motivi di ricorso afferenti taluni profili di ritenuta illegittimità della sentenza impugnata (omessa pronuncia su un motivo di appello, motivazione meramente apparente della pronuncia da cassare e presunta carenza motivazionale dell’atto originariamente impugnato).

Nel merito della questione controversa, la Cassazione ritiene non meritevoli di accoglimento le restanti due doglianze della controparte sulla base delle seguenti motivazioni.
In primo luogo viene richiamato l'articolo 22 del Dpr n. 131/1986, il quale recita: “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l'atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all'art. 69. L'enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all'applicazione dell'imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell'atto che contiene l'enunciazione. Se l'enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell'autorità giudiziaria indicati nell'art. 37, l'imposta si applica sulla parte dell'atto enunciato non ancora eseguita”.
Per cui, la tassazione per enunciazione non può operare, se nell'atto soggetto a registrazione siano menzionate circostanze dalle quali possa solo dedursi che esiste tra le parti il rapporto giuridico non denunciato, essendo sempre necessario che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse, e quindi senza necessità di ricorrere a elementi non contenuti nell'atto, a dare certezza di quel rapporto giuridico.

Nel caso in esame è fuor di dubbio che nell'atto enunciante (decreto monitorio) erano indicati elementi tali da consentire di identificare l'operazione negoziale enunciata sia in ordine ai soggetti che al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata, in modo da fornire non solo la prova della sua esistenza ma da costituirne il titolo, essendo stato richiesto dalla stessa società ricorrente, nel ricorso monitorio, il pagamento relativo alla “fatturazione per l'opera professionale non pagata da cui l'emissione del decreto ingiuntivo”, come riportato nella sentenza impugnata e non contestato dalla contribuente.
Ne consegue, che la contribuente ben sapeva, sin dal ricorso proposto dinanzi alla Ctp, che la doppia tassa di registro fissa pretesa dall'ufficio riguardava il decreto ingiuntivo emesso dall'autorità giudiziaria e il contratto di prestazione d'opera professionale in esso enunciato; sicché anche la motivazione dell'avviso di liquidazione è congrua e idonea a rappresentare al contribuente le ragioni della ripresa a tassazione.

Avuto, pertanto, riguardo alla doglianza circa una pretesa errata doppia imposizione per lo stesso rapporto giuridico con riguardo all'atto enunciante e a quello enunciato (decreto ingiuntivo e contratto sotteso alla fattura di cui era stato richiesto il pagamento), va evidenziato che l'imposta di registro è una imposta d'atto e, dunque, si applica a tutti gli atti previsti dalla legge come a essa soggetti.

La circostanza che il decreto ingiuntivo sia stato emesso sulla base di un contratto di prestazione d'opera professionale non esclude la tassazione di quest'ultimo, nel caso in cui esso sia stato enunciato nel contesto del provvedimento giurisdizionale, in quanto tale eventualità è contemplata proprio nel terzo comma dell'articolo 22 del Dpr n. 131/1986.

Infine, va evidenziato che, come indicato nell'avviso di accertamento impugnato, riportato dalla stessa ricorrente, è stata correttamente applicata la tassazione in misura fissa, e non proporzionale, sia con riguardo all'atto enunciante, che a quello enunciato.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso veniva respinto affermando i seguenti principi di diritto: “Ai fini dell'imposta di registro, ai sensi del DPR n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi che il mero richiamo dell'atto non registrato in atto registrato possa configurare un'ipotesi d'uso; la sola enunciazione degli atti, soggetti a registrazione in caso d'uso, è tuttavia assoggettata all'imposta di registro a prescindere dall'«uso» di cui al DPR n. 131 del 1986, ex art. 6, cit. dei medesimi”.

 


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