Corte costituzionale - Liquidazione controllata del sovraindebitato e omessa previsione del limite temporale minimo all'acquisizione di beni sopravvenuti
Pubblicato il 26/03/24 08:07 [Doc.13151]
di Corte Costituzionale


Fallimento e procedure concorsuali - Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (CCII) - Liquidazione controllata del debitore in stato di sovraindebitamento - Limite temporale minimo all'acquisizione di beni sopravvenuti all'apertura della procedura concorsuale - Omessa previsione - Denunciata violazione del diritto di difesa dei creditori, nonché loro disparità di trattamento rispetto a quelli interessati alle procedure aperte prima dell'entrata in vigore del CCII - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Arezzo in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 142, comma 2, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. n. 14 del 2019), in quanto applicabile alla liquidazione controllata del sovraindebitato, nella parte in cui non prevede un limite temporale minimo all’acquisizione dei beni sopravvenuti all’apertura della procedura concorsuale. L’asserita lacuna temporale può essere colmata con un criterio idoneo a fornire adeguate garanzie ai creditori; il parametro di riferimento deve essere, infatti, costituito dal soddisfacimento dei crediti concorsuali e di quelli aventi a oggetto le spese della procedura, coerentemente con la funzione dell’istituto della liquidazione controllata, correlata alla responsabilità patrimoniale del debitore. Al contempo, il parametro per cui i beni compresi nella procedura devono soddisfare le ragioni creditorie, oltre che all’adempimento delle spese della procedura, deve coordinarsi con due ulteriori istanze: da un lato, con l’istituto della esdebitazione – il quale ha l’obiettivo di ricollocare utilmente il debitore all’interno del sistema economico e sociale, senza il peso delle pregresse esposizioni (c.d. fresh start) –, che limita l’apprensione dei beni sopravvenuti del debitore; dall’altro, con l’esigenza di porre un limite alla durata della procedura concorsuale, in quanto il procedimento giurisdizionale non può protrarsi per una durata irragionevole. Pertanto, fintantoché vi siano debiti da adempiere nell’ambito della procedura concorsuale, il termine triennale correlato all’esdebitazione finisce per operare non solo quale termine massimo, ma anche quale termine minimo di apprensione dei beni sopravvenuti del debitore.

Pertanto, l’organo liquidatore deve, sotto la supervisione del giudice delegato in sede di approvazione del programma, determinare il tempo di acquisizione dei beni sopravvenuti, perseguendo l’obiettivo della maggiore soddisfazione possibile delle ragioni creditorie, nel rispetto della ragionevole durata della procedura stessa.

Resta fermo che la chiusura della liquidazione controllata, a differenza della esdebitazione, non fa venire meno la responsabilità patrimoniale, ma consente ai creditori di riacquistare il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte dei loro crediti rimasta eventualmente insoddisfatta. Infine, è altresì erroneo individuare, nel tempo strettamente necessario a coprire le spese della procedura di liquidazione controllata, il suo limite temporale massimo, sia perché tale criterio non si desume da un diritto vivente formatosi rispetto all’istituto della liquidazione controllata, sia perché non è corretto affermare che il tempo strettamente necessario a recuperare le spese della procedura possa ritenersi un termine massimo di durata della procedura stessa. Non sussiste qundi né alcuna irragionevole lesione del diritto alla tutela delle ragioni creditorie, né alcuna irragionevole disparità di trattamento fra la disciplina censurata, per come ricostruita dai giudici rimettenti, e quella prevista dall’art. 14-undecies della legge n. 3 del 2012. (Precedente: S. 65/22 - mass. 44638).

 


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