Al Primo Presidente della Cassazione la questione sulla "prova di resistenza" a carico del contribuente in caso di violazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, del contraddittorio endoprocedimentale
Pubblicato il 21/04/24 00:00 [Doc.13246]
di Redazione IL CASO.it


di Mariateresa Arcadi, Studio Legale SLA

Accertamento tributario - Contraddittorio endoprocedimentale - Tributi “armonizzati” - Obbligatorietà - Inosservanza - Conseguenze - Onere del contribuente - Prova di resistenza - Contenuto e limiti

 

Ordinanza interlocutoria Numero: 7829, del 22/03/2024

La Sezione Quinta civile ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, di particolare importanza, relativa al contenuto e ai limiti della cd. “prova di resistenza” a carico del contribuente in caso di violazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del contraddittorio endoprocedimentale, obbligatorio per i tributi armonizzati.

In particolare – fermo restando il principio secondo cui, in caso di mancato rispetto dell’obbligo di contraddittorio, la violazione, in assenza di una norma specifica che ne definisca in termini puntuali le conseguenze, comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente assolva all’onere di enunciare le ragioni che in concreto avrebbe potuto far valere – il Collegio:

1) ha rilevato la mancanza di «specifici orientamenti sui contenuti e limiti della “prova di resistenza”»;

2) ha osservato altresì come tale incertezza risulti aggravata dalla «non perfetta coincidenza, almeno sul piano letterale, della giurisprudenza nazionale con i principi unionali», in quanto – mentre la giurisprudenza della CGUE richiede che il contribuente dimostri che, «in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso» (CGUE, 10 ottobre 2009, in C-141/08; CGUE, 10 settembre 2013, in C-383/13; CGUE, 26 settembre 2013, in C-418/11; CGUE, 3 luglio 2014, in C-129/13 e C-130/13), pretendendo così un giudizio di prognosi postuma da condurre caso per caso, attraverso la valutazione delle ragioni addotte – le Sezioni Unite civili (Sez. U, n. 24823/2015, Cappabianca, Rv. 637604-01) hanno reputato sufficiente l’indicazione di ragioni «non puramente pretestuose» ovvero di elementi difensivi «non del tutto vacui».

 


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