La Cassazione precisa (in senso restrittivo) i presupposti applicativi per il riconoscimento del privilegio ai crediti dell'associazione professionale
Pubblicato il 18/11/24 09:03 [Doc.13989]
di Redazione IL CASO.it
di Francesco Dimundo, Partner Dimundo Avvocati - Studio legale
Con sentenza n. 29371 del 13 novembre 2024 (qui allegata) la SC torna sul dibattuto tema dei rapporti tra privilegio ex art. 2751 bis n. 2 c.c. e compensi dell'associazione professionale, e con ampia motivazione:
- ribadisce il principio che, se la domanda d'insinuazione al passivo del credito professionale è stata proposta da parte di uno studio associato, il privilegio spetta solo se l'associazione deduca e dimostri:
- che il credito abbia avuto origine dalla prestazione d'opera personalmente svolta, in via esclusiva o prevalente, da uno (o più) dei professionisti associati a tal fine (espressamente o inequivocamente) incaricato (dal cliente committente o dalla stessa associazione);
- che il credito al compenso conseguentemente maturato, pur se azionato in giudizio dall'associazione professionale in forza degli accordi intercorsi sul punto tra gli associati o della successiva cessione del credito stesso, sia, in tutto o (almeno) in parte, "di pertinenza" dello stesso professionista che ha eseguito la prestazione
- accogliendo le difese della Curatela resistente, enuncia l'innovativo principio che il credito al compenso maturato è "di pertinenza" del professionista che ha svolto la prestazione solo se (e nella misura in cui) le somme corrispondenti a tale compenso siano destinate, in forza degli accordi tra gli associati e dei criteri di distribuzione degli utili maturati pattuiti tra gli stessi o comunque del corrispettivo percepito, a retribuire (nei diversi modi di volta in volta previsti, come l'eventuale percentuale a lui riservata) proprio l'opera lavorativa svolta dal professionista associato.
In altri termini, per riconoscere il privilegio occorre - secondo la SC - che gli accordi interni tra gli associati prevedano che il compenso percepito da un determinato cliente spetti (dedotti i costi comuni, solo) a chi ha concretamente svolto la prestazione in suo favore o, quanto meno, contemplino meccanismi per assicurare che, nella rendicontazione periodica, gli utili siano distribuiti in misura proporzionale al lavoro svolto da ciascuno degli associati. Con la conseguenza che, al contrario, tutte le volte che gli accordi associativi interni prevedano una diversa distribuzione degli utili (per esempio in misura fissa tra gli associati sulla base delle quote di partecipazione all'associazione stessa), non si può ritenere che i compensi vadano a retribuire il lavoro svolto da ciascuno, perché almeno in parte retribuiscono anche chi non ha svolto attività.
© Riproduzione Riservata