Un estratto della recentissima sentenza della Corte di Assise di Modena che ha condannato a "soli" 30 anni (anziché all'ergastolo) Salvatore Montefusco
Pubblicato il 15/01/25 09:03 [Doc.14142]
di Giurisprudenza Penale, Editore e Direttore Guido Stampanoni Bassi
Un estratto della recentissima sentenza della Corte di Assise di Modena – commentata da tanti ma letta da pochi – che ha condannato a “soli” 30 anni (anziché all’ergastolo) Salvatore Montefusco in ragione della «comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto».
- Come testimoniato dal figlio, la relazione tra i genitori non era mai stata caratterizzata dal predominio e dalla prevaricazione dell'uomo sulla donna, ma i litigi nascevano e si realizzavano a seguito di continue condotte di disturbo e di aggressività che partivano dalle due donne fino a divenire reciproche e conseguenziali.
- Tale clima - fatto di odio reciproco, dispetti sempre più disumani ed insopportabili e continua tensione - ha senza ombra di dubbio costituito il fertile terreno da cui è nata e si è sviluppata la tragedia finale: la convivenza era caratterizzata dalla integrazione reciproca delle condotte vessatorie, determinanti in capo a tutti i soggetti uno stato di profondissimo malessere, sofferenza, privazioni e umiliazioni.
- Tali possono considerarsi tutti quegli abituali dispetti che le due donne infliggevano al Montefusco impedendogli di dormire nel proprio letto; di utilizzare i bagni della propria abitazione; di prendere un caffè; di muoversi liberamente nella propria casa le cui camere venivano chiuse a chiave; persino di orinare nel water; di essere costantemente ripreso con le videocamere dei telefoni cellulare; di essere usualmente minacciato e invitato a lasciare la propria abitazione; di essere aggredito anche fisicamente riportandone lesioni refertate in atti, di essere sottoposto a continue e reiterate denunce e all'intervento abituale dei CC.
- Non è stata riconosciuta l'aggravante dei futili motivi perché il movente che ha portato l'imputato a sopprimere le due donne è da riferirsi alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall'imputato e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l'abitazione e con essa il controllo e la cura dell'amato figlio (ragioni che non sono assolutamente né futili né abiette).
- Quanto alle attenuanti generiche, Montefusco ne è stato ritenuto meritevole per la confessione (genuina tenuto conto dell'età anagrafica dell'imputato, per cui anche una condanna a 20 anni sarebbe equivalsa al carcere a vita), per la sostanziale incensuratezza (essendo arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti così gravi se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari), per il contegno processuale e per la situazione creata nell'ambiente familiare.
- La Corte ha valorizzato l'efficacia determinante del contegno delle due vittime nella formazione della volontà omicida: la minore antigiuridicità della condotta del Montefusco - che non agiva "frigido pacatoque animo", bensì in un impeto d'ira che ben riduceva le sue stesse capacità di autocontrollo - può e deve essere oggetto di valutazione a fini di ridimensionamento della sanzione.
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