
L'infezione da Covid-19 può essere equiparata ad un infortunio a fini della copertura assicurativa privata?
Pubblicato il 11/02/25 08:33 [Doc.14208]
di Gianluca Cascella. Avvocato, Professore presso Universitas Mercatorum
La Cassazione lo esclude. Con la decisione n. 3016 del 6.2.2025, la S.C. ha affrontato una questione di particolare rilevanza in materia assicurativa, riguardante la copertura per morte causata da Covid-19 nell'ambito di una polizza infortuni stipulata a beneficio dei medici di medicina generale.
Il caso trae origine da un contratto di assicurazione stipulato nel 2020 da una Fondazione con due imprese assicuratrici, in regime di coassicurazione, a beneficio dei medici di medicina generale. A seguito del decesso di un medico per Covid-19, gli eredi hanno richiesto l'indennizzo previsto dalla polizza, ottenendo inizialmente una sentenza favorevole dal Tribunale di Vercelli, successivamente riformata dalla Corte d'Appello di Torino. La Corte di Cassazione ha esaminato quattro motivi di ricorso, respingendoli tutti con una motivazione articolata e approfondita. Il primo motivo, relativo all'interpretazione della clausola n. 22 delle condizioni generali di contratto (interpretazione favorevole all'assicurato), viene dichiarato inammissibile sul rilievo che la valutazione della Corte d'Appello circa l'assenza di ambiguità nella clausola costituisce un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità. Di indubbia rilevanza e significativa ampiezza argomentativa si rivela la motivazione esposta dalla Corte a sostegno del rigetto di tale motivo, con cui la Corte ritiene infondata la tesi secondo cui l'infezione virale rientrerebbe pacificamente tra le cause violente sin dagli anni '60 del secolo scorso.
La Corte sottolinea come l'interpretazione del contratto debba basarsi sulla volontà delle parti e non su principi esterni, distinguendo nettamente tra l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e l'assicurazione privata. Esaminando il terzo motivo, la Corte affronta la questione dell'applicabilità dell'art. 42 del D.L. 18/2020, respingendo l'argomento secondo cui tale norma avrebbe equiparato l'infezione da coronavirus all'infortunio, rilevando come si tratti di una norma emergenziale che non può modificare l'interpretazione dei contratti privati di assicurazione. Infine, Il quarto motivo, concernente la natura del rapporto assicurativo (sociale o privato), viene respinto chiarendo che il contratto in questione costituisce una forma assicurativa integrativa, come tale soggetta alle regole dell'assicurazione privata e non a quelle delle assicurazioni sociali.
La Corte ha particolarmente approfondito la tematica della differenziazione tra assicurazione obbligatoria e privata, evidenziando come nell'assicurazione privata i rischi assicurati siano stabiliti dalle parti e non dalla legge. Viene sottolineato come la volontà delle parti sia sovrana nel definire cosa costituisca infortunio o malattia ai fini contrattuali, indipendentemente dalla natura clinica dell'evento. Un punto fondamentale della decisione ha riguardato l'interpretazione della clausola contrattuale che definisce l'infortunio come "evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni corporali," nel quale i giudici di legittimità hanno ritenuto corretta l'interpretazione della Corte d'Appello secondo cui tale definizione esclude le malattie infettive non provocate da evento traumatico, in quanto mancano gli elementi della "violenza" e della "lesione".
La sentenza si caratterizza per un'analisi particolarmente approfondita dei principi di interpretazione contrattuale, ribadendo come nell'assicurazione privata sia determinante la volontà delle parti nella definizione dei rischi coperti, a differenza di quanto avviene nell'assicurazione sociale dove i rischi sono definiti dalla legge. Senza dubbio, con tale decisione la Corte ha dettato un importante precedente interpretativo sul tema di coperture assicurative private per eventi pandemici.
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