Avvocato generale Capeta: la normativa danese sugli alloggi pubblici nelle aree di trasformazione costituisce una discriminazione diretta fondata su un criterio etnico
Pubblicato il 22/02/25 00:00 [Doc.14232]
di Corte di giustizia dell'Unione europea - UE


Conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-417/23 | Slagelse Almennyttige Boligselskab, Afdeling Schackenborgvænge
La normativa danese sugli alloggi pubblici opera una distinzione fra diversi tipi di quartieri caratterizzati da situazioni socio-economiche sfavorevoli in termini di livelli di disoccupazione, criminalità, istruzione e reddito. Le aree in cui, oltre a una situazione socio-economica sfavorevole, la percentuale di immigrati e loro discendenti provenienti da paesi non occidentali ha superato il 50% nei cinque anni precedenti sono state qualificate come «aree di trasformazione» (in precedenza conosciute come «aree a forte ghettizzazione»). La legge impone alle associazioni per gli alloggi pubblici proprietarie di tali aree di elaborare un piano urbanistico in cui siano previste modalità di riduzione al 40%, entro il 1º gennaio 2030, della percentuale di alloggi pubblici nelle aree di trasformazione. Ciò può includere la vendita di immobili a promotori privati, la demolizione o la conversione di alloggi per famiglie in alloggi per giovani. In tali casi, il contratto di locazione dei precedenti locatari deve essere risolto.
Alcuni locatari che si sono trovati in siffatta situazione in due aree di trasformazione – i complessi residenziali Schackenborgvænge a Slagelse e Mjølnerparken a Copenhagen – hanno contestato in giudizio la legittimità dei piani urbanistici adottati sulla base della normativa danese sugli alloggi pubblici.
La Corte regionale dell’Est, Danimarca, nutre dubbi sulla compatibilità della normativa danese con la direttiva sulla razza e sull’origine etnica i .
Nelle sue conclusioni odierne, l’avvocata generale Tamara ?apeta ritiene che la distinzione tra immigrati «occidentali» e «non occidentali» e loro discendenti sia fondata sull’origine etnica. A suo avviso, sebbene i «non occidentali» siano un gruppo etnicamente eterogeneo, ciò che unisce detto gruppo non è una comunanza di elementi costitutivi dell’«etnia» all’interno di tale gruppo, bensì la percezione, da parte del legislatore danese, che tale gruppo non possiede le caratteristiche dell’altro gruppo, quello degli «occidentali».
L’avvocata generale ricorda, quindi, che sussiste discriminazione diretta quando il trattamento sfavorevole è direttamente fondato sull’origine etnica. Di conseguenza, sebbene i locatari i cui contratti di locazione sono stati risolti non siano stati selezionati sulla base della loro origine non occidentale, essi hanno tuttavia subito una discriminazione diretta fondata su un criterio etnico.
L’avvocata generale spiega che la prima ragione che induce a concludere nel senso dell’esistenza di una discriminazione diretta consiste nel fatto che la normativa pone tali locatari in una posizione precaria per quanto riguarda la sicurezza del loro diritto a un domicilio, determinandone così un trattamento meno favorevole rispetto ai locatari in altri quartieri in una situazione comparabile, nei quali la maggioranza della popolazione è di origine «occidentale».
Direzione della Comunicazione Unità Stampa e informazione curia.europa.eu Restate in contatto! In secondo luogo, il criterio etnico impiegato nella normativa danese stigmatizza il gruppo etnico il cui svantaggio strutturale in termini di capacità di integrazione nella società danese è stato attestato, in tal modo riducendo, anziché aumentare, le sue possibilità di integrazione in tale società.


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