La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito i principi che regolano la determinazione della retribuzione dei giudici nazionali, evidenziando il loro legame con il principio di indipendenza della magistratura, fondamentale per la tutela dello Stato di diritto nell’Unione Europea.

Due controversie, una in Polonia e una in Lituania, sono state sottoposte alla Corte per valutare se la regolamentazione nazionale sulla retribuzione dei giudici fosse conforme al diritto dell’UE.

• Polonia: Il governo ha modificato la legge sulla determinazione degli stipendi giudiziari, congelando la loro rivalutazione per il periodo 2021-2023 a causa di vincoli di bilancio legati alla pandemia e alla guerra in Ucraina.
• Lituania: Alcuni giudici hanno contestato l'assenza di un criterio stabile e trasparente per la fissazione della loro retribuzione, che dipenderebbe dalla volontà politica del governo.

La Corte ha stabilito che la retribuzione dei giudici è una garanzia essenziale della loro indipendenza e che le modalità di fissazione devono rispettare criteri chiari:

• Base legale: la retribuzione deve essere regolata da una normativa chiara e non soggetta a interventi discrezionali del potere esecutivo.
• Oggettività e prevedibilità: deve essere stabilita in modo trasparente, evitando che decisioni politiche ne compromettano la stabilità.
• Livello adeguato: deve essere sufficiente a garantire l’indipendenza economica dei magistrati, proteggendoli da pressioni o rischi di corruzione.
• Deroghe limitate: eventuali riduzioni o congelamenti salariali devono essere temporanei, proporzionati e giustificati da un obiettivo di interesse generale (es. emergenze economiche).
• Controllo giurisdizionale: i giudici devono poter contestare eventuali misure restrittive davanti a un tribunale indipendente.