Ai fini dell'imposta di registro lo «share deal» può essere riqualificabile come cessione di azienda
Pubblicato il 05/12/16 08:15 [Doc.2101]
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Anche se la recente disciplina dell'abuso del diritto dettata dall'art. 10 bis dello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000) dovrebbe escludere la riqualificazione, come unico negozio, di una pluralità di atti collegati in carenza di abuso del diritto, la Cassazione la ritiene possibile.

Decisione: Sentenza n. 8542/2016 Cassazione Civile - Sezione V

Il caso.
Una società conferiva un ramo d'azienda in una nuova società appositamente costituita (cd. newco), e poi cedeva le quote ad altro ente.
L'Ufficio notificava un avviso di liquidazione alla società conferente e all'istituzione acquirente delle quote della newco, sul presupposto che le due operazioni realizzavano, in realtà, un'unica operazione di cessione del ramo d'azienda.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva i ricorsi dei contribuenti, e in appello la Commissione Tributaria Regionale confermava la sentenza di primo grado, affermando la nullità degli avvisi di liquidazione nei confronti dell'ente cessionario delle quote sociali e del suo legale rappresentante, in quanto privi di legittimazione passiva, e la nullità nei confronti della società conferente per violazione dell'art. 7, legge n. 212/2000.
L'agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi, e la Suprema Corte ne accoglie uno, ma conferma la nullità dell'avviso di liquidazione emesso prima del decorso di 60 gg. stabilito dall'art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000, quando non ricorrono specifiche ragioni d'urgenza.

La decisione.
Il Collegio ritiene fondata la prima censura dell'Ufficio, riguardante la violazione degli artt. 20 e 567 del D.P.R. n. 131/1986 disciplinante l'imposta di registro, cioè la legittimazione passiva dell'ente cessionario delle quote della newco: ««L'Agenzia delle Entrate ha infatti posto a fondamento dei distinti avvisi di liquidazione oggetto della presente controversia la ricostruzione come un'unica operazione, avente ad oggetto la cessione di un ramo d'azienda, dei due negozi con i quali la Pharmacia Italia ha dapprima conferito in una newco, la Nerviano Medical Service, un ramo d'azienda e successivamente ceduto le relative quote di partecipazione alla Curia Generalizia.
Da ciò, ai sensi dell'art. 20 Dpr 131/1986, in forza del quale "l'imposta e' applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente", l'eventuale sussistenza della titolarità passiva dell'obbligazione tributaria in capo ai soggetti che, nella prospettazione dell'Agenzia, erano le parti sostanziali del negozio di cessione effettivamente realizzato»».
La Suprema Corte ha ritenuto priva di legittimazione passiva la newco, in quanto le relative quote di partecipazione risultano appunto l'oggetto (immediato) del negozio di cessione tra le parti che sono i soggetti passivi dell'imposta.
E poi richiama una recente decisione nella quale veniva affermata la possibilità di riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società: «Avuto riguardo, in particolare, ad una fattispecie, quale quella in esame, di cessione di azienda, questa Corte ha precisato che l'art. 20 Dpr 131/1986 attribuisce preminente rilievo all'intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell'atto, rispetto al suo titolo ed alla sua forma apparente, sicchè l'Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società, senza essere tenuta a provare l'intento elusivo delle parti, attesa l'identità della funzione economica dei due contratti, consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell'azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo o individuo (Cass. 24594/2015).»
Il Collegio ritiene, invece, infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale veniva censurata la decisione del giudice di appello, che aveva affermato la nullità dell'avviso di liquidazione emesso prima del termine di 60 giorni stabilito dall'art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000, quando non ricorrono specifiche ragioni d'urgenza, e richiama le Sezioni Unite: «Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, I' art. 12 comma 7 dev'essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di 60 gg. per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus (Cass.Ss.Uu.18184/2013 principio ribadito, ancora di recente, da Ss.Uu. 24823/2015).».
La Suprema Corte accoglie quindi il primo motivo, e respinge il secondo motivo nei confronti della società conferente il ramo d'azienda per l'avviso di liquidazione emesso senza il rispetto del termine dei 60 gg., durante il quale il contribuente può formulare le sue osservazioni di cui l'Ufficio deve tener conto ai fini dell'accertamento.

Osservazioni.
Nel caso deciso, la Cassazione ha fornito una lettura dell'art. 20 del TUR (Testo Unico imposta di registro) che considera la causa reale dei negozi giuridici anzichè la sua funzione anti-elusiva.
In presenza di sequenze di atti giuridici, ai fini dell'imposta di registro l'Ufficio può riqualificare gli atti senza essere tenuto a provare l'intento elusivo delle parti quando è ravvisabile una sostanziale identità di funzione dei due contratti separati.

Disposizioni rilevanti.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 aprile 1986, n. 131
Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro
Vigente al: 28-11-2016

Art. 20. Interpretazione degli atti
1. L'imposta e' applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.

Art. 57. Soggetti obbligati al pagamento
1. Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l'atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli articoli 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli articoli 633, 796, 800 e 825 del codice di procedura civile.
1-bis. Gli agenti immobiliari di cui all'articolo 10, comma 1, lettera d-bis), sono solidalmente tenuti al pagamento dell'imposta per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attivita' per la conclusione degli affari.
1-ter. L'utilizzatore dell'immobile concesso in locazione finanziaria è solidalmente obbligato al pagamento del tributo per l'immobile, anche da costruire o in corso di costruzione, acquisito dal locatore per la conclusione del contratto.
2. La responsabilita' dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive.
3. Le parti interessate al verificarsi della condizione sospensiva apposta ad un atto sono solidalmente obbligate al pagamento dell'imposta dovuta quando si verifica la condizione o l'atto produce i suoi effetti prima dell'avverarsi di essa.
4. L'imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa.
5. Per gli atti soggetti a registrazione in caso d'uso e per quelli presentati volontariamente alla registrazione, obbligato al pagamento dell'imposta e' esclusivamente chi ha richiesto la registrazione.
6. Se un atto, alla cui formazione hanno partecipato piu' parti, contiene piu' disposizioni non necessariamente connesse e non derivanti per la loro intrinseca natura le une dalle altre, l'obbligo di ciascuna delle parti al pagamento delle imposte complementari e suppletive è limitato a quelle dovute per le convenzioni alle quali essa ha partecipato.
7. Nei contratti in cui e' parte lo Stato, obbligata al pagamento dell'imposta è unicamente l'altra parte contraente, anche in deroga all'art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sempreche' non si tratti di imposta dovuta per atti presentati volontariamente per la registrazione delle amministrazioni dello Stato. 8. Negli atti di espropriazione per pubblica utilita' o di trasferimento coattivo della proprietà o di diritti reali di godimento l'imposta e' dovuta solo dall'ente espropriante e dall'acquirente senza diritto di rivalsa, anche in deroga all'art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392; l'imposta non e' dovuta se espropriante o acquirente è lo Stato.


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