Patteggiare non evita la confisca all’imprenditore che evade l’Iva
Pubblicato il 14/12/16 08:19 [Doc.2155]
di Redazione IL CASO.it


In tema di reati di natura fiscale, l’applicazione della pena su richiesta delle parti in causa non dispensa il giudice dal decretare la misura ablativa sul patrimonio dell’imputato

La confisca va sempre obbligatoriamente disposta sui beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, salvo che appartengano a persona estranea alla fattispecie delittuosa, ovvero, qualora ciò non sia possibile, sui beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al suddetto prezzo o profitto.
È quanto statuito con la sentenza 28 novembre 2016, n. 50338, dalla terza sezione della Cassazione, in accoglimento del ricorso della Procura avverso il patteggiamento di un imprenditore condannato per evasione dell’imposta sul valore aggiunto per un ammontare di circa 800mila euro.

Vicenda processuale
Il procuratore generale presso la Corte d’appello proponeva ricorso avverso la sentenza del tribunale che aveva disposto la condanna, alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione, nei confronti di un imprenditore accusato di aver omesso la presentazione della dichiarazione annuale, con un’Iva evasa pari a circa 800mila euro.
In particolare, la fattispecie delittuosa configurava il reato previsto dall’articolo 5, comma 1, Dlgs 74/2000. Ad avviso della parte ricorrente, la pronuncia impugnata aveva trascurato di disporre, a carico della parte condannata, il provvedimento di confisca previsto per il reato contestato.
Veniva chiesto, pertanto, l’annullamento della sentenza limitatamente all’omessa previsione della misura ablativa sui beni dell’imputato per un valore corrispondente al profitto del reato.

Le osservazioni della Corte suprema
I giudici della Corte di cassazione hanno accolto il ricorso della Procura e la sentenza di condanna pronunciata dal tribunale è stata, quindi, annullata con rinvio, limitatamente alla statuizione sulla confisca.

La sfera di operatività della confisca per equivalente, inizialmente circoscritta a talune fattispecie di reato, veniva ampliata, dall’articolo 1, comma 143, legge 244/2007, fino a ricomprendere anche i casi di omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento di Iva, indebita compensazione e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Successivamente, la predetta disposizione veniva abrogata dal Dlgs 158/2015, ma subito riproposta – dallo stesso decreto legislativo 158 – nel comma 1 dell’articolo 12-bis, Dlgs 74/2000 che, recependo il contenuto dell’articolo 322-ter del codice penale, ha stabilito che: “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Mentre l’articolo 1, comma 143, della legge 244/2007 (ora abrogato), limitava l’operatività della confisca ai casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del Dlgs 74/2000, l’articolo 12-bis inserito – dal Dlgs 158/2015 nel Dlgs 74/2000 – prevede l’obbligatorietà della misura ablativa per tutti i delitti tributari.
Ne consegue che, dopo la riforma 158/2015 (revisione del sistema sanzionatorio tributario), la misura ablativa in esame deve essere sempre disposta ai sensi dell’articolo 12-bis del Dlgs 74/2000 con riguardo a tutti i delitti di cui al decreto medesimo, compreso, quindi, quello di cui all’articolo 5 del Dlgs 74/2000 (omessa dichiarazione con imposta evasa pari a circa 800mila euro e patteggiamento della pena a un anno e dieci mesi di reclusione), oggetto della fattispecie in esame.

Pertanto, sulla scorta delle norme dinanzi richiamate, la confisca “diretta” o “per equivalente” del profitto del reato, coincidente con l’imposta evasa, va sempre obbligatoriamente disposta anche con la sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 del codice di procedura penale (cfr Cassazione, 19461/2014).
Avendo dunque la sentenza impugnata omesso di provvedere alla confisca, i giudici di legittimità hanno annullato la sentenza impugnata limitatamente a tale omissione, con rinvio al tribunale per le necessarie valutazioni sul punto.

In ragione delle norme richiamate, i giudici supremi affermano che la confisca “diretta” o “per equivalente” del profitto del reato, coincidente con l’imposta evasa, va sempre obbligatoriamente disposta anche con la sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 cpp.
La sentenza di condanna pronunciata dal tribunale è stata quindi annullata con rinvio, limitatamente alla statuizione sulla confisca.
Andrea Santoro
pubblicato Martedì 13 Dicembre 201
(www.fiscooggi.it)


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