No a esenzione Iva riconosciuta a una cerchia ristretta di attività
Pubblicato il 23/09/17 03:49 [Doc.3710]
di Redazione IL CASO.it


Al centro della controversia la portata della disposizione contenuta nella direttiva 2006/112 e le limitazioni previste dalla normativa tedesca per le associazioni autonome di persone

La Commissione europea con una lettera di diffida aveva comunicato alla Germania le proprie perplessità in merito alla compatibilità delle disposizioni di diritto nazionale relative all’esenzione dall’Iva delle prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone (AAP) che esercitano attività esente in ambito sanitario.
La Commissione ha ritenuto che il diritto tedesco relativo all’imposta sulla cifra d’affari non fosse conforme alla direttiva Iva 2006/112 in quanto questa non limitava l’esenzione in parola ad associazioni di categorie professionali determinate, ma concedeva tale esenzione alle associazioni di tutte le persone, qualora queste ultime fossero esenti dall’Iva o non avessero la qualità di soggetto passivo per l’attività da esse esercitata.

La risposta della Germania alla Commissione Ue - La Germania rispondeva alla lettera di diffida della Commissione europea confermando che, in effetti, la normativa tedesca esentava le prestazioni di servizi fornite dalle associazioni in parola soltanto se si trattava di associazioni di medici o di persone esercenti professioni paramediche e di associazioni di ospedali o di stabilimenti di identica natura.
Tale limitazione era giustificata dal fatto che spettava al legislatore nazionale verificare quali erano le categorie professionali che potessero beneficiare dell’esenzione Iva senza provocare una distorsione della concorrenza, come richiesto dalla direttiva 112/2006.
A parere della Commissione, invece, la direttiva 2006/112 mirava proprio ad estendere l’esenzione ad associazioni che comprendessero altre categorie di persone e non solo, come ritenuto dallo Stato membro, quelle relative ad attività e professioni sanitarie.
Inoltre, la Commissione ha affermato di non comprendere in base a quali elementi il legislatore tedesco ha constatato la persistenza di distorsioni della concorrenza nel caso in cui, oltre alle professioni sanitarie già esenti, dovrebbe estendere l’esenzione di cui trattasi a tutti i settori economici nazionali.
A fronte del rifiuto della Germania di conformarsi alle indicazioni della Commissione europea, di non limitare l’esenzione Iva soltanto a talune categorie professionali del settore sanitario, quest’ultima ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di giustizia europea, lamentando violazione del disposto di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112.

Diritto dell’Unione – L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112 stabilisce che gli Stati membri esentano le “le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non sia tale da provocare distorsioni di concorrenza.”

Il ricorso della Commissione – L’ente ricorrente ritiene che la normativa nazionale non sia compatibile con l’ambito di applicazione della norma comunitaria perché l’esenzione Iva non è limitata alle prestazioni fornite dalle AAP i cui membri esercitano soltanto talune categorie professionali determinate.
L’esenzione prevista dalla disposizione normativa, infatti, riguarda tutte le AAP che esercitano attività esenti da Iva e non è limitata né a quelle i cui membri esercitano attività di interesse pubblico e né, tantomeno, a quelle che esercitano professioni rientranti nel settore sanitario, come invece previsto dalla norma tedesca.
In secondo luogo la Commissione ritiene infondate le osservazioni del governo tedesco in merito al presunto rischio di distorsione della concorrenza in caso di estensione generale dell’esenzione, in quanto una tale valutazione sarebbe impossibile da verificare in via generale .

Le ragioni della Repubblica federale di Germania – Lo Stato membro sostiene, in primo luogo, che limitare ad associazioni di persone che esercitano alcune attività di interesse pubblico è un principio evincibile dal tenore letterale dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, nonché dal contesto storico nel quale siffatta disposizione si inserisce e dagli obiettivi perseguiti.
Inoltre, la Germania ritiene che la normativa tedesca in questione sia giustificabile alla luce della condizione secondo cui l’esenzione in parola si applica unicamente qualora essa non possa provocare distorsioni della concorrenza. Essa afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il legislatore nazionale può ricorrere a una valutazione per categoria professionale del rischio di distorsioni della concorrenza esistente in seno a talune categorie professionali e, quindi, limitare l’esenzione in esame a talune di queste categorie.

Il giudizio della Corte – Per quanto attiene alla questione della limitazione, da parte della Repubblica federale di Germania, dell’esenzione dall’Iva alle associazioni i cui membri esercitano un numero ristretto di professioni, la Corte ritiene che ai fini di una corretta interpretazione della norma di cui al cit. art. 132, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte.
Sotto tali aspetto la Corte ha affermato che “le prestazioni di servizi fornite da una AAP rientrano nell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, qualora tali prestazioni di servizi contribuiscano direttamente all’esercizio di attività di interesse pubblico di cui all’articolo 132 di tale direttiva”.
Una tale interpretazione è avvalorata dal principio secondo cui le esenzioni in ambito Iva devono essere intese sempre in senso restrittivo, dato che esse costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’Iva è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Ne consegue che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112 si deve interpretare nel senso che l’esenzione prevista in tale disposizione riguarda unicamente le AAP i cui membri esercitano le attività di interesse pubblico menzionate in tale articolo. Pertanto, i servizi forniti dalle AAP, i cui membri esercitano ad esempio un’attività economica nel settore dei servizi finanziari che non costituisce siffatta attività di interesse pubblico, non beneficiano di tale esenzione.

Le argomentazioni della Germania non reggono - Tuttavia la Corte ha respinto gli argomenti della Repubblica federale di Germania, secondo cui l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112 è limitata alle AAP i cui membri esercitano un’attività professionale in ambito sanitario in quanto, secondo consolidata giurisprudenza comunitaria, la finalità dell’esenzione in parola “consiste nell’evitare che la persona che offre taluni servizi sia assoggettata al pagamento dell’Iva quando essa è stata indotta a collaborare con altri professionisti mediante una struttura comune che svolge talune attività necessarie al compimento della prestazione.”
Alla luce delle considerazioni precedenti la Corte ha accolto la censura dedotta dalla Commissione vertente sul fatto che l’ambito di applicazione dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112 non è limitato alle AAP i cui membri esercitano professioni che rientrano unicamente nel settore sanitario, come previsto dalla normativa tedesca in parola.

Le conclusioni della Corte di giustizia - La Corte di giustizia ha ritenuto infondate anche le questioni attinenti il pericolo di distorsione della concorrenza addotte dalla Repubblica tedesca perché non ha assolto l’onere di dimostrare in quale modo la valutazione relativa all’assenza di distorsioni della concorrenza sarebbe differente in ambiti diversi rispetto a quello sanitario. Anche su tale punto, pertanto, la Corte ha ritenuto fondato il ricorso proposto dalla Commissione.
Per tutti i motivi sopra esposti la Corte ha statuito che: “Limitando l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ad associazioni autonome di persone i cui membri esercitano un numero ristretto di professioni, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.”


Data della sentenza
21 settembre 2017
Numero della causa
C‑616/15
Nome delle parti
Commissione europea
contro
Repubblica federale di Germania
Emiliano Marvulli
pubblicato Giovedì 21 Settembre 2017


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