Quando la transazione extragiudiziaria sia novativa, l'esito del giudizio pendente non comporta la sua inefficacia quando la statuizoine giudiziale prende in considerazione soltanto il vecchio rapporto transatto
Pubblicato il 14/04/15 17:44 [Doc.384]
di Redazione IL CASO.it


Quando la transazione extragiudiziaria sia novativa, l'esito del giudizio pendente non comporta la sua inefficacia quando la statuizoine giudiziale prende in considerazione soltanto il vecchio rapporto transatto.
Nella fattispcecie si escludeva l'avvenuta risoluzione della transazione, mentre il giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda si era concluso con il rigetto dell'appello e non con la cessazione della materia del contendere.

Così un passo della motivazione:
"...Come evidenziato dalla difesa opposta la transazione aveva carattere novativo; con la conseguenza che il giudicato evocato interveniva pur sempre su di un rapporto, quello derivante dal contratto di appalto, che ormai si era estinto per effetto della transazione.

Non può allora il giudicato formatosi sul vecchio rapporto di appalto incidere sul nuovo negozio intervenuto tra le parti.

Peraltro il giudizio di appello si concludeva con sentenza pubblicata in data 19-02-2001, quando ancora le parti, addirittura con reciproco scambio di lettere, avevano concordato di prorogare il termine di adempimento al 31-03-2001.

Non può allora affermarsi che alla sentenza si perveniva perché una delle parti aveva optato per la risoluzione della transazione, con la conseguente riemersione dell’interesse ad ottenere una decisione sul merito del rapporto originario di appalto.

Nella stessa transazione - si badi – era previsto espressamente che la prosecuzione del giudizio di merito fosse subordinata all’avvenuta risoluzione della transazione, effetto che invece come sopra si è detto va escluso che si sia dato.

Insomma la regola che il giudicato copre anche il deducibile non si può spingere fino al punto di travolgere anche l’insorgenza di una nuova obbligazione, sorta per volontà delle parti, nella pendenza del giudizio, in grado d’appello; tanto anche quando questo giudizio anziché concludersi con la cessazione della materia del contendere pervenga ad una decisione sul merito, compatibile però con la permanenza dell’efficacia della transazione estragiudiziale, non portata all’attenzione del giudice.

La predetta compatibilità tra sentenza sul merito e permanenza dell’efficacia della transazione in primo luogo consegue dal rilievo che solo la risoluzione della transazione avrebbe comportato la prosecuzione del giudizio; risoluzione che invece, come si è detto, è stata esclusa.

In secondo luogo essa si desume dalla considerazione che anche il pattuito abbandono del giudizio di appello avrebbe comportato il consolidarsi della sentenza di rigetto appellata.

In terzo luogo la compatibilità in parola si desume dall’effettivo tenore della statuizione del giudice d’appello, laddove espressamente supponeva, pur decidendo nel merito la causa, l’avvenuta conciliazione extragiudiziale della controversia.

Il decreto ingiuntivo va dunque confermato....".


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