Prima casa: non c'è più sanzione per il mendacio sulla metratura
Pubblicato il 03/05/18 00:00 [Doc.4612]
di Redazione IL CASO.it


La sostituzione del criterio della superficie abitativa con quella dell'appartenenza a determinate categorie catastali esclude la punibilità per la precedente dichiarazione

Il secondo comma dell'articolo 1 della parte prima della Tariffa allegata al Dpr n. 131/1986 prevedeva (anteriormente alla modifica apportata dall'articolo 10, comma 1, lettera a), del Dlgs n. 23/2011) la disciplina del beneficio dell'imposta di registro per l'acquisto della prima casa nella misura ridotta del 3% (poi del 2%) rispetto a quella ordinaria dell'8% (poi del 9%), se il trasferimento avesse avuto per oggetto case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969.
Come noto, all'articolo 6 di tale decreto ministeriale vengono individuate le condizioni per la definizione dell'abitazione quale di lusso, tra le quali emerge la sua superficie utile complessiva superiore a 240 mq, che - nel caso di specie - il contribuente aveva ritenuto non sussistere, poiché dalla superficie di mq. 371 erano da sottrarsi il vano seminterrato e il sottotetto, in quanto locali privi dei requisiti previsti dal Regolamento edilizio per l'abitabilità.

La pronuncia della Corte di cassazione n. 2010/2018, , citando la pronuncia 15 novembre 2013, n. 25674, ha, in primo luogo, confermato la propria giurisprudenza che l'utilizzabilità di una superficie prescinde dalla sua abitabilità, in quanto la prima è elemento più idoneo a esprimere il carattere "lussuoso" o meno di una casa.

La cennata novella disciplina del 2011 ha, quindi, modificato la condizione legale del beneficio fiscale in argomento, individuandola nel trasferimento avente a oggetto immobili destinati ad abitazione principale dell'acquirente, ad eccezione di quelli rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, a decorrere dal 1° gennaio 2014.
La sentenza del Supremo collegio in rassegna ha ritenuto che, per gli atti redatti anteriormente, continua ad applicarsi la disciplina impositiva all'epoca vigente, come si applica quella disposta dall'articolo 33 del Dlgs n. 175/2014 che ha individuato lo stesso criterio catastale previsto per l'imposta di registro anche per l'agevolazione prevista in campo Iva nel n. 21 della Tabella A, parte II, allegata al Dpr n. 633/1972, per l'applicazione dell'aliquota ridotta del 4% rispetto a quella ordinaria del 22%.
Il quarto comma della nota II-bis, sia ai fini dell'imposta di registro sia per l'Iva, dispone ancora oggi che, in caso di dichiarazione mendace, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale (queste ultime applicate in misura fissa) nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30% delle stesse imposte, con ciò ponendo la questione della permanenza della legittimità della sua irrogazione dopo la modifica sostanziale del 2011.

La decisione della pronuncia della Corte di legittimità che si annota ha ritenuto applicabile l'articolo 3 del Dlgs n. 472/1997, il cui secondo comma statuisce che, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile e che, se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo, il debito residuo si estingue (ma non è ammessa la ripetizione di quanto pagato).
L'applicabilità di questa disciplina di favor rei è rinvenuta dalla pronuncia in rassegna dal fatto che il mendacio contestato è stato espunto dalla fattispecie agevolativa e che, pur se l'imposizione e gli effetti sanzionatori derivanti dalla falsa dichiarazione permangono, "tuttavia, è proprio l'oggetto di quest'ultima, costituente elemento normativo della fattispecie, ad essere stato cancellato dall'ordinamento".
In buona sostanza, per la Corte regolatrice del diritto, pur in presenza di propria giurisprudenza sulla permanenza della punibilità in assenza di abolitio criminis, la presente fattispecie risulta del tutto peculiare perché, "in base al regime sopravvenuto, l'agevolazione ben potrebbe sussistere (in assenza di iscrizione nelle categorie catastali ostative) anche in capo ad immobili abitativi in ipotesi connotati dalle caratteristiche la cui mancata o falsa dichiarazione ha costituito il motivo della sanzione".

Si accoglie con favore, quindi, la sentenza della Corte di cassazione in nota laddove, per escludere la punizione amministrativa, individua il fatto che, "secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile", di cui all'articolo 3, comma 2, nella dichiarazione mendace sulla superficie utile a favore di criteri catastali, oggetto di successiva elisione legislativa.
Peraltro, viene ben rilevato dal Supremo collegio che si tratta di una situazione di favore per il contribuente "ancor più radicale ed evidente di quella (prevista nel terzo comma dell'articolo 3 D.Lvo n. 472 del 1997) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite, perché qui non di questo si tratta, ma proprio di riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell'agevolazione, fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio".
Infine, la pronuncia della Corte suprema che si annota cita qual precedente conforme, proprio sul tema dell'annullamento dell'atto di irrogazione delle sanzioni amministrative per il mendacio rispetto alla superficie utile, l'ordinanza 19 giugno 2016, n. 13235, della sesta sezione.


a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME

pubblicato Lunedì 30 Aprile 2018


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