L'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti
Pubblicato il 18/05/18 00:00 [Doc.4695]
di Redazione IL CASO.it


Principio di non contestazione - Specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati - Necessità

L'onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l'allegazione dei medesimi e, considerato che l'identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall'allegazione e dall'estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l'onere di contribuire alla fissazione del "thema decidendum" opera identicamente rispetto all'una o all'altra delle parti in causa, sicchè, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte.

Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, nè tale specificità può essere desunta dall'esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi.


Cass. civ. Sez. VI - 3, drd. 9 maggio 2018, n. 11032

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide - Presidente -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. RUBINO Lina - rel. Consigliere -
Dott. PELLECCHIA Antonella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA

L'avv. B.y. propone ricorso per cassazione nei confronti dell'INPS, articolato in due motivi, contro la sentenza n. 1117/2016 con la quale il Tribunale di Agrigento ha accolto l'appello dell'INPS che ne chiedeva la condanna alla restituzione delle somme percepite quale distrattario a titolo di spese legali, per la esecuzione di due sentenze poi riformate in appello.
L'intimato non ha svolto attività difensive in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., su proposta del relatore, in quanto ritenuto manifestamente infondato.
Il Collegio, all'esito della camera di consiglio, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore pur propendendo per la formula della inammissibilità del ricorso.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono relativi alla violazione delle norme sull'onere della prova e sulla valutazione delle prove, e contestano la sentenza impugnata laddove il giudice di appello ha ritenuto pacifico il pagamento, da parte dell'INPS ed in favore del distrattario, delle somme delle quali l'Istituto chiedeva la restituzione.
Il rilievo secondo il quale il giudice di appello avrebbe mal applicato il principio di non contestazione è manifestamente infondato e si traduce in una contestazione diretta della valutazione operata dal tribunale, inammissibile in questa sede.
Il giudice di appello non si è discostato dai principi di diritto più volte affermati da questa Corte.
E' ben vero infatti che l'onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l'allegazione dei medesimi e, considerato che l'identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall'allegazione e dall'estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l'onere di contribuire alla fissazione del "thema decidendum" opera identicamente rispetto all'una o all'altra delle parti in causa, sicchè, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte (come affermato da Cass. n. 21075 del 2016), come pure che il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, nè tale specificità può essere desunta dall'esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass. n. 22055 del 2017).
E tuttavia, il tribunale, ripercorrendo non le singole affermazioni dell'attuale ricorrente ma nel complesso l'intero dipanarsi della sua linea difensiva all'interno della opposizione a decreto ingiuntivo, con valutazione non in questa sede rinnovabile, ha ritenuto che la stessa, a fronte della pretesa di restituzione dell'INPS, esulasse completamente dalla affermazione di non aver mai ricevuto gli importi dei quali veniva richiesta la restituzione, non perchè l'INPS non avesse con precisione allegato le circostanze relative al pagamento, ma per una libera scelta difensiva dell'attuale ricorrente a fronte della quale si poteva ritenere non contestato l'avvenuto pagamento delle spese legali in favore del distrattario.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell'intimato. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 8 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2018.


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