È innovativa e non interpretativa la rivista disciplina del Registro
Pubblicato il 15/12/18 00:00 [Doc.5652]
di Redazione IL CASO.it


La legge di bilancio non ha chiarito, ma modificato, le regole e, mancando una espressa previsione di retroattività, gli atti antecedenti al 2018 seguono la precedente normativa

Si consolida l'orientamento a favore della natura innovativa della recente modifica dell'articolo 20 del Testo unico del registro, oggetto di un risalente dibattito in ordine alla sua reale natura, antielusiva o interpretativa, e alla possibilità di impiegarlo al fine di far emergere la "causa reale" (anche detta "concreta" o "unitaria") di più atti e contratti collegati.
L'interpretazione della norma accolta da tutta la giurisprudenza dominante di legittimità (vedi, ad esempio, Cassazione, pronunce nn. 6758/2017 e 8619/2018), ma avversata da una parte minoritaria della giurisprudenza di merito e da pressoché tutta la dottrina, in particolare, ha consentito di assoggettare a tassazione proporzionale una serie di operazioni (evidentemente tra loro collegate e interdipendenti) altrimenti tassate in misura fissa, quale la cessione di partecipazioni precedute dal conferimento di aziende e/o di beni o l'acquisto di immobile con mutuo ipotecario, il conferimento in società di nuova costituzione e la cessione agli altri soci della quota ricevuta in cambio (caso trattato dalla pronuncia n. 25295/2017 della Cassazione).

Nella sua previgente versione, l'articolo 20 Tur recitava "L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".
La Corte di cassazione ha più svolte smentito la natura "antielusiva" dell'articolo 20 Tur, in quanto norma che, anche se "ispirata a finalità genericamente antielusive" (così, ad esempio, Cassazione n. 15319/2018), detta una regola interpretativa, che "impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva" e "che non si sovrappone all'autonomia privata dei contribuenti, ma si limita a definirne l'esercizio insieme agli altri canoni legali di ermeneutica negoziale, fra i quali naturalmente non può trascurarsi la comune intenzione delle parti prevista dall'art. 1362 cod. civ." (Cassazione, n. 11877/2017), con quel che ne consegue in tema di ripartizione dell'onere della prova (Cassazione, n. 8793/2017: "non è richiesta alcuna valutazione circa l'esistenza o meno di valide ragioni economiche atte a giustificare l'operazione medesima, né tantomeno incombe sull'Amministrazione finanziaria alcun onere probatorio al riguardo").

Viceversa, l'abuso del diritto riguarda operazioni "prive" di sostanza economica, ma realizzate al fine essenziale di ottenere indebiti vantaggi fiscali (da ultimo, sulla differenza tra "interpretazione" e "abuso", Cassazione n. 20263/2018).

La legge di bilancio 2018 e il nuovo articolo 20 Tur
Sull'argomento è intervenuta la legge di bilancio 2018 (legge 205/2017, articolo 1, comma 87), la quale ha così riformulato l'articolo 20 Tur: "l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extra-testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi".
L'ultimo inciso è da leggersi alla luce dell'articolo 53-bis Tur, anch'esso modificato dalla legge di bilancio 2018, che permette di contestare l'abuso del diritto anche in tema di imposta di registro; non si tratta, a ben vedere, di una vera innovazione, essendo stato più volte ribadito che l'abuso del diritto, anche se elaborato con riferimento all'Iva e anche prima della sua codificazione all'interno dell'articolo 10-bis, legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), si applica a tutte le imposte, dirette e indirette (Cassazione n. 6718/2015, proprio in tema di imposta di registro).

Se il contenuto della modifica non lascia adito a dubbi, mirando a superare, anche con l'utilizzo della forma singolare ("atto" in luogo di "atti") la previgente norma come interpretata dalla Corte di cassazione, alcuni dubbi si sono posti in ordine alla decorrenza temporale della modifica.
Secondo una dottrina e una giurisprudenza di merito minoritarie, sarebbe possibile predicare l'efficacia retroattiva della novella in quanto la relazione illustrativa al Ddl utilizza i termini "definire, chiarire e precisare", che sarebbero indicativi della natura di interpretazione autentica.
Si è anche sostenuto, contraddittoriamente, che, pur non trattandosi di norma interpretativa, essa confermerebbe l'interpretazione minoritaria formatasi nella vigenza della precedente versione dell'articolo 20 del Tur.

Una soluzione coerente con i princìpi generali e con la volontà del legislatore
Con la sentenza n. 2007/2018, la Cassazione ha invece affermato che la legge di bilancio ha introdotto una disposizione innovativa, non solo perché introduce dei limiti alla riqualificazione che prima non erano previsti e si contrappone all'univoco orientamento di legittimità, ma soprattutto perché le leggi, salvo motivi di interesse generale e salva espressa previsione, sono tendenzialmente irretroattive.
L'argomento principale, con il quale l'interprete non può non fare i conti, è l'assenza, nella legge di bilancio, di qualsivoglia indicazione circa la natura di interpretazione autentica o circa la retroattività espressa; anzi, al contrario, la legge dichiara di apportare delle "modificazioni".

Secondo la tesi assolutamente prevalente nella dottrina e nella giurisprudenza della Corte costituzionale, si verifica un fenomeno di interpretazione autentica quando coesistono due leggi (la disposizione interpretativa e la disposizione interpretata), entrambe vigenti, e il significato (la norma) si ricava dal "combinato disposto" di esse.
La legge interpretativa, cioè, non modifica il testo, ma "si interpone" tra la disposizione interpretata e uno dei possibili significati, con l'uso imprescindibile di specifiche formule testuali, quale la consueta "la legge X si interpreta nel senso che …" (da ultimo, si veda l'incipit dell'articolo 16, comma 2, del Dl 119/2018, che interpreta autenticamente l'articolo 16-bis del Dlgs 546/1992, consentendo l'utilizzo del processo telematico tributario indipendentemente dalla modalità di trattazione prescelta dalla controparte e da quella utilizzata nel grado di giudizio precedente).

Nulla di ciò è accaduto nel caso di specie, perché il legislatore è intervenuto direttamente sull'articolo 20 Tur: come si legge nella recente sentenza Ctr Toscana n. 1827/8/2018 dello scorso 15 ottobre, si tratta di norma "sostanzialmente riscritta".

Inoltre, come sostenuto da autorevolissima dottrina e dalla Cassazione (n. 937/1975 e, da ultimo, n. 4485/2018), la volontà oggettiva del legislatore non può ricavarsi dai lavori preparatori, che al più possono esprimere la volontà dei singoli partecipanti e ai quali, quindi, "può riconoscersi valore unicamente sussidiario nell'interpretazione di una legge".

Conclusioni
Come si è visto, l'orientamento della Corte di cassazione, espresso dapprima dalla sentenza n. 2007/2018 e successivamente ripreso dalla pronunce nn. 4407/2018, 4589/2018, 5748/2018, 7637/2018, 14999/2018, 20263/2018 e, da ultimo, 29294/2018 (nella giurisprudenza di merito, Ctr Lombardia nn. 4138/6/2018 e 4001/19/2018, la già citata Ctr Toscana n. 1827/8/2018, Ctr Emilia-Romagna n. 1524/14/2018), deve ritenersi consolidato nel senso che, in mancanza di una espressa previsione di retroattività, gli atti antecedenti al 1° gennaio 2018 continuano a essere assoggettati a imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell'articolo 20 del Tur, ivi compreso il potere degli uffici di "riqualificazione" degli atti, eventualmente collegati, portati alla registrazione. Si tratta di orientamento senz'altro da condividere, perché, salvo diversa previsione (che non può certo ricavarsi dagli atti parlamentari, ma solo dal testo della disposizione), "la legge non dispone che per l'avvenire" (articolo 11 delle "preleggi").
Andrea Gaeta
pubblicato Martedì 11 Dicembre 2018


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