Ampiezza degli atti di Parte – Sinteticità – Necessità – Sussiste – Atti eccessivamente lunghi – Mancanza di collaborazione per il perseguimento dell’obiettivo del “giusto processo” - Sussiste
Pubblicato il 08/06/15 19:14 [Doc.582]
di Redazione IL CASO.it


Trib. Milano, sez. IX civ., sentenza 6-12 maggio 2015 (Pres. Manfredini, est. Buffone)
Massima a cura di Giuseppe Buffone

Le direttive che il giudice impartisca ex art. 175 c.p.c., nei suoi poteri di governance giudiziale, per limitare la lunghezza degli atti giudiziali, concorrono a realizzare l’obiettivo (fondamentale) di un processo “giusto”, tale essendo quello definito in tempi ragionevoli. Il comportamento processuale delle parti che tali direttive ignori certamente non comporta la violazione di una prescrizione legale vigente e nemmeno può essere tout court valutato ex art. 116 c.p.c., tuttavia non contribuisce ad ottenere il supporto dei difensori nel perseguimento di quell’obiettivo primario di cui si è detto. Obiettivo che ha rilevanza certamente pubblicistica, tenuto conto del debito erariale accumulato dallo Stato, ex lege 89 del 2001, per la lentezza nella definizione dei processi civili. Peraltro, è appena il caso anche di ricordare come sia stato lo stesso Presidente della Suprema Corte di Cassazione ad inviare una missiva formale e ufficiale al C.N.F. (17 giugno 2013) stimando sufficienti (finanche per il giudizio di legittimità) atti composti da non più di 20 pagine. E questo limite non può apparire restrittivo: dinanzi alla Corte EDU, il regolamento di disciplina prevede, in genere, che il ricorso non superi le 10 pagine; dinanzi al Consiglio di Stato, il limite è in genere fissato in 20 pagine. Peraltro, nel processo di merito, le appendici scritte sono ben più di una e, quindi, il limite nemmeno può dirsi eccessivo tenuto conto della somma di «tutti gli spazi scritti» di difesa.


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