Accertamento sintetico dei redditi a persone fisiche e prova dei redditi esenti o tassati alla fonte
Pubblicato il 07/03/16 09:25 [Doc.940]
di


La Cassazione ha accolto il ricorso di un contribuente in merito all'accertamento sintetico dei redditi a persone fisiche, chiarendo meglio la funzione attribuita alla prova da fornire sui redditi esenti o tassati alla fonte.

Decisione: Ordinanza n. 1455/2016 Cassazione Civile - Sezione VI

Il caso.
Un contribuente vedeva rideterminato il suo reddito secondo le presunzioni del vecchio redditometro, e nei due giudizi di merito veniva confermata la pretesa tributaria perché non era stata fornita la prova contraria in maniera ritenuta sufficiente.
Il contribuente ricorreva quindi in Cassazione, la quale ha accolto il ricorso e ha cassato la decisione di secondo grado, con rinvio per nuova valutazione alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione.

La decisione.
Ordinanza n. 1455/2016 Cassazione Civile - Sezione VI
La Cassazione ha ricordato che, dopo un primo orientamento giurisprudenziale nel quale si affermava che il contribuente era tenuto a dimostrare che la spesa per incrementi patrimoniali fosse stata sostenuta proprio con redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, l'orientamento successivo non richiede la prova circa l'effettiva destinazione di tali redditi esenti o tassati alla fonte a titolo definitivo.
Più di recente, una recente pronuncia (Cass. 8995/2014) ha però chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente in caso di accertamento induttivo sintetico ai sensi dell'art. 38 D.P.R. n. 600/1973: attraverso idonea documentazione, il contribuente può dimostrare che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito da redditi esenti o tassati alla fonte a titolo definitivo, che consenta però di escludere che tali redditi siano stati usati per altre finalità non considerate nell'accertamento quali, ad esempio, un ulteriore investimento.
Qui di seguito il testo esteso dell'ordinanza sui punti citati: «Secondo un precedente indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, seguito dalla CTR nell'impugnata sentenza, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto, in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non "riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ma anche l'essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (dichiarato)" (Cass. n. 6813/2009; Cass. 23785/2010; Cass. n. 4183/2013).
Siffatto principio è stato, tuttavia, da ultimo superato da questa Corte (Cass. 6396/2014), che ha invece ritenuto che nessun'altra prova deve dare la parte contribuente circa l'effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali se non la dimostrazione dell'esistenza di tali redditi"; nè può evincersi "un onere di dimostrazione, aggiuntivo, circa la provenienza oltre che l'effettiva disponibilità finanziaria delle somme occorrenti per gli acquisti operati dal contribuente", in quanto "una diversa interpretazione, in nessun modo correlata al tenore testuale del ricordato art. 38, comma 6, ult.cit., determinerebbe in definitiva, una sorta di trasfigurazione del presupposto impositivo, non più correlato all'esistenza di un reddito ma, piuttosto, all'esistenza di una spesa realizzata da redditi imponibili ordinari e congrui o da redditi esenti o da redditi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d'imposta"; con recente pronuncia questa Corte (Cass. 8995/2014) ha poi ulteriormente chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, specificando che "a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione". La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).
In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della "durata" del relativo possesso, previsione che ha l'indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell'accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati".
Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l'esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la "durata" del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice "transito" nella disponibilità del contribuente".»

Osservazioni.
Sulla base del più recente orientamento giurisprudenziale, il contribuente può fornire la prova circa l'entità delle somme di cui ha avuto la disponibilità e la durata della stessa, al fine di giustificare la maggior capacità contributiva accertata, ma la disposizione richiede che la prova deve anche essere idonea a escluderne l'utilizzo per finalità non considerate nell'accertamento sintetico (ad esempio per altro investimento effettuato).
Vale a dire che il contribuente deve giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato con altre somme, ma anche dimostrare di non aver utilizzato le stesse somme per altre finalità.


© Riproduzione Riservata