La pendenza di una soluzione concordata della crisi aziendale non attenua gli obblighi di vigilanza e controllo in capo ai sindaci
Pubblicato il 13/09/19 08:24 [Doc.6594]
di Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Tribunale di Rimini 23 luglio 2019 - est. pres. Francesca Miconi

Segnalazione dell'avv. Astorre Mancini del Foro di Rimini, mancini@studiotmr.it

Società - Organi di controllo - Responsabilità dei sindaci - Doveri di vigilanza - Contenuto -Crisi aziendale in atto - Perdita della continuità aziendale - Obbligo di rilevazione tempestiva - Sussistenza - Pendenza di procedure di composizione della crisi - Irrilevanza

Il dovere di vigilanza imposto ai sindaci delle società per azioni ex art. 2403 cod. civ., conformemente a quanto affermato dalla Suprema Corte (v. Cass. 15424/2018), non è limitato allo svolgimento di compiti di mero controllo formale, ma si estende anche al potere-dovere di adottare tutti i comportamenti sostitutivi atti a porre rimedio alle irregolarità riscontrate, ivi comprese - in relazione alle specifiche situazioni - la tempestiva denuncia dei fatti al tribunale ai sensi dell'art. 2409 c.c. al fine di ottenere un controllo giudiziario della correttezza della gestione, o anche il promovimento della azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.

In situazioni di crisi aziendale, il sindaco deve costantemente attivarsi per accertare l'effettiva possibilità della società di uscirne in tempi ragionevoli, verificando tempo per tempo il permanere del necessario requisito della continuità aziendale: la rilevazione tempestiva della perdita della continuità aziendale consentirebbe infatti all'organo di amministrativo di redigere anticipatamente il bilancio in ottica liquidatoria.

Integra violazione dei doveri di vigilanza in capo ai sindaci il comportamento del collegio che, dopo aver espresso all'organo amministrativo reiteratamente 'preoccupazioni' ed 'inviti', nella piena consapevolezza della progettazione, da parte degli amministratori, di una operazione che avrebbe privato i creditori di valori attivi della società (poi effettivamente compiuta), non hanno esercitato i loro poteri omettendo atti d'ispezione e di controllo nonché di convocare l'assemblea, ovvero di promuovere azioni di responsabilità contro l'organo amministrativo e la denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c., ove ammissibile.

La completa inerzia in tal senso, la mera espressione di preoccupazione e di inviti, infine la presentazione di dimissioni dopo aver espresso aperto dissenso con l'operazione prospettata dall'organo amministrativo, in tal modo assecondando il verificarsi delle operazioni avversate, integrano condotta inadempiente agli obblighi di controllo e di reazione demandati al collegio sindacale, come riassunti dalla Regole di Condotta dei collegi sindacali formulate dal CNDCEC del 17.12.2010 (in particolare, norme sub 6 e 7): obblighi che non vengono meno nell'ipotesi di proposizione, da parte della società, di iniziative stragiudiziali o di procedure di soluzione concordata della crisi.

Fallimento - Ammissione allo stato passivo - Compenso del collegio sindacale - Eccezione di inadempimento della Curatela - Riconoscimento del credito in sede concordataria - Valore confessorio - Esclusione

L'elenco dei creditori previsto dall'art. 161, comma 2, lett. b), l.fall., depositato dall'imprenditore unitamente alla domanda di concordato preventivo, non può assumere valore confessorio del credito maturato dal collegio sindacale nel successivo fallimento, in quanto gli effetti di una dichiarazione avente valore di confessione stragiudiziale si producono se e nei limiti in cui essa sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti, rispettivamente, autore e destinatario della dichiarazione. (cfr. Cass., 9 maggio 2018, n. 11197).

Non ha quindi alcun rilievo la circostanza che sia l'attestatore, sia gli organi del concordato abbiano tenuto presente - rispettivamente nell'attestare la veridicità delle scritture e la fattibilità del piano di concordato; nell'emettere il parere di omologabilità (che peraltro è stato negativo), o nel prospettare il piano di riparto - il credito professionale del sindaco, considerato che non competeva agli stessi, ma alla società concordante, il controllo sul corretto adempimento delle prestazioni che avrebbero generato il credito per il compenso.


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