Reati tributari: in assenza di deleghe la responsabilità penale si estende a tutti i componenti del CDA
Pubblicato il 06/04/22 00:00 [Doc.10457]
di Redazione IL CASO.it


di Osservatorio Reati Tributari

Con la sent. del 28 marzo 2022 n. 11087 la Cassazione ha analizzato i i profili di responsabilità dei componenti dei cda.
In particolare, la vicenda posta all'esame degli Ermellini è nata dal ricorso avverso l'ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato il decreto di sequestro preventivo nei confronti di Tizio, indagato per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 2 D.Lgs. n. 74 del 2000.
In sintesi, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato insussistente il fumus del reato contestato, per la mancata indicazione degli indizi circa la conoscenza o conoscibilità del disegno criminoso contestato, dovendosi ritenere insufficiente il richiamo offerto dai giudici del riesame alla sola condizione soggettiva della carica di consigliere di amministrazione da questi assunta.
La Corte ha rigettato il ricorso.
Nell'analizzare la questione posta dal ricorrente la Suprema Corte ha preso le mosse dall'art. 2392 cod. civ., osservando che gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la persona giuridica da loro amministrata dei danni derivanti dall'inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto, a meno che non si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o attribuite in concreto ad uno o più di essi; principio ribadito specificamente per il consiglio di amministrazione dall'art. 2381, secondo comma, cod. civ.
Pertanto, in caso di assenza di deleghe ad uno dei componenti del consiglio di amministrazione, ad avviso della Cassazione deve ritenersi sussistente su tutti i consiglieri una posizione di garanzia in forza della quale risponderanno solidalmente degli atti illeciti deliberati o posti in essere dal consiglio, fatto salvo il meccanismo di esonero previsto dall'art. 2392 co. 3 c.c..
In altri termini, in assenza di deleghe in materia di adempimenti tributari, non si porrebbe un problema di conoscibilità della condotta illecita, in quanto insita nella carica rivestita.
Solo qualora specifiche materie siano state delegate ad uno o più amministratori, si pone il problema della prova della conoscibilità della condotta illecita da parte dei consiglieri privi di deleghe. I quali potranno essere chiamati a rispondere del reato commesso dagli amministratori muniti di delega, non già in virtù della posizione di garanzia sancita dall'art. 2392, primo comma, c.c., bensì per effetto della violazione del "dovere di agire informato". In presenza di segnali di allarme, anche dopo la riforma di cui al d.lgs. 6/2003, continua a gravare sui singoli amministratori l'onere di attivarsi per assumere informazioni ulteriori rispetto a quelle ricevute circa l'andamento della gestione sociale e le operazioni più significative poste in essere dagli amministratori con deleghe operative e di fare quanto nelle loro possibilità per impedire il compimento dell'atto pregiudizievole o eliderne le conseguenze dannose.
Alessandra Martuscelli.
In allegato la decisione.


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