Partner extracomunitario di cittadino residente e convivenza di fatto
Pubblicato il 10/04/22 19:24 [Doc.10480]
di Redazione IL CASO.it
Per garantire l'effetto utile della Direttiva 2004/38/CE, nella parte in cui prevede che lo Stato membro ospitante agevoli l'ingresso e il soggiorno del partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata, e in accordo con l'art. 8 della Cedu, il diritto interno va interpretato nel senso che sussiste il diritto per il partner extracomunitario di cittadino residente in un Comune di ottenere un riconoscimento della situazione di fatto validamente accertata mediante l'iscrizione nel registro della popolazione residente di detto Comune e nello stato di famiglia del convivente, pur in assenza di permesso di soggiorno.
La dichiarazione anagrafica, ai fini della convivenza di fatto, rappresenta strumento privilegiato di prova e non elemento costitutivo.
* * *
TRIBUNALE ORDINARIO di MANTOVA
Sezione civile
Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 560/2022 promosso da:
RICORRENTE/I
contro
RESISTENTE/I
Il giudice designato
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 31/3/2022,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA ex art. 700 c.p.c.
Premesso:
che RICORRENTE, cittadino italiano, e RICORRENTE, cittadina albanese, dopo aver esposto di aver sottoscritto un accordo di convivenza ex L. 76/2016, richiesta che tuttavia il Comune dichiarava irricevibile per carenza di iscrizione anagrafica e di permesso di soggiorno della RICORRENTE, ricorsero ex art. 700 c.p.c. contro il COMUNE DI (omissis) al fine di sentir ordinare al Comune di (omissis) di: A) iscrivere la RICORRENTE nei registri della popolazione residente nel Comune e di provvedere al suo inserimento nello stato di famiglia del RICORRENTE; B) provvedere all'annotazione anagrafica della dichiarazione di convivenza richiesta in data 27/10/2021 dal cittadino italiano RICORRENTE, e dalla cittadina albanese RICORRENTE;
che, in particolare, i ricorrenti allegavano sia il fumus boni iuris, derivante dal d.lgs. n. 30/2007 che permette la presenza dei familiari di cittadino Ue, in adesione al principio della libera circolazione e del soggiorno, nonché ex art. 8 Cedu, sia il periculum in mora, consistente nella impossibilità per la RICORRENTE di fruire di diritti legati alla stabile permanenza sul territorio nazionale;
che i ricorrenti ponevano a fondamento della domanda: 1) la dichiarazione di ospitalità resa al comune di (omissis) in data 4/8/2021 (e sino al 4/11/2021), ai sensi dell'art. 7 del d.lgs 286/1998; 2) copia del contratto di convivenza in data 19/10/2021; 3) copia della richiesta di annotazione in data 26/10/2021; 4) copia della richiesta del permesso di soggiorno del 27/10/2021 e ricevuta di richiesta di rilascio di detto permesso; 5) copia della dichiarazione di irricevibilità del Comune di (omissis); 6) Comunicazione ex art. 10 bis l. 241/1990 della Questura di Mantova; 7) ordinanze emesse all'esito di altri giudizi ex art. 700 c.p.c.;
che si costituì il COMUNE di (omissis) chiedendo il rigetto della domanda di controparte, eccependo: 1) la carenza di periculum, anche considerato che un eventuale diniego del permesso di soggiorno (non intervenuto) prevederebbe un autonomo mezzo di impugnazione; 2) la carenza di fumus boni iuris, valutato in generale che l'istituto delle unioni civili e delle convivenze di fatto non è stato introdotto per regolarizzare la presenza di cittadino extracomunitario e che richiede una effettiva convivenza di fatto e in particolare la dichiarazione anagrafica; 3) che in particolare la iscrizione anagrafica da parte dell'esponente avrebbe violato il principio per il quale essa richiede che lo straniero sia regolarmente soggiornante, non essendo l'Ufficiale d'anagrafe competente per tale verifica; 4) che, anche esaminando il D.lgs. 30/2007, emanato in attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, emerge che l'agevolazione del soggiorno e della circolazione richiede un esame approfondito della situazione personale; 5) che la stessa circolare del Min. Int. n. 78 del 21/9/2021, riportando un parere della Avvocatura Generale, ha affermato la necessità che della dichiarazione anagrafica del cittadino straniero; 6) che difettano i presupposti di prova del legame more uxorio dei ricorrenti; 7) che i sommari informatori hanno interesse in causa o comunque sono inattendibili, in considerazione del legame di parentela con il ricorrente;
che sono stati sentiti sia i ricorrenti (cfr. verbale in data 29/3/2022) che un sommario informatore (cfr. verbale in data 31/3/2022), avendo i ricorrenti rinunciato a sentire il secondo informatore indicato;
OSSERVA
Il presente ricorso è fondato e merita accoglimento, per i motivi che seguono.
Va premesso, in punto ammissibilità, che risulta rispettato il requisito della sussidiarietà, (la cui mancanza è stata solo adombrata dal Comune in merito alla possibilità di impugnare l'eventuale diniego di permesso di soggiorno), atteso che non esistono rimedi tipici per ottenere la specifica tutela invocata in relazione alla convivenza di fatto e al relativo contratto stipulato dai ricorrenti, i quali altresì hanno pure richiamato il giudizio ordinario cui è finalizzato il presente ricorso.
Va dunque esaminato il merito della domanda.
1. Sul fumus boni iuris
? L'accertamento della convivenza di fatto di cui alla L. 76/2016
Ai sensi dell'art. 1/36 e 37 della L. 76/2016 "36. Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 37 a 67 si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita' o adozione, da matrimonio o da un'unione civile. 37. Ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all'articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223".
Il medesimo decreto consente altresì ai conviventi di fatto, come avvenuto nel caso in esame, di regolamentare i propri rapporti economici con la sottoscrizione di un contratto di convivenza da redigere in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico e che, ai fini dell'opponibilità ai terzi, va trasmesso al Comune di residenza da detto professionista per l'iscrizione all'anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (art. 1/50-53).
Sul dibattuto tema della rilevanza della dichiarazione anagrafica ai fini della convivenza di fatto ritiene la scrivente che vada condiviso l'orientamento, già espresso dalla giurisprudenza di merito , che la inquadra in uno strumento privilegiato di prova e non quale elemento costitutivo, ove ai sensi dell'art. 1/36 L.76/2016 sopra riportato non si ha riguardo ad alcun adempimento formale, mentre il convivere rappresenta un fatto giuridicamente rilevante dal quale discendono gli effetti giuridici sopra descritti.
L'inciso "ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36" di cui all'art. 1/37 si spiega proprio nel senso che non sono stati previsti mezzi esclusivi di prova, e che pertanto una valutazione dei presupposti sostanziali di cui al comma 36 potrà condurre nel senso dell'accertamento o della esclusione della convivenza di fatto.
La dichiarazione anagrafica è dunque un elemento per accertare la stabile convivenza ma non il presupposto.
Per tali ragioni non può condividersi, sotto tale profilo, il parere riportato nella Circolare prodotta dal resistente sub doc. 2), secondo il quale la costituzione di convivenza di fatto presupponga, quale elemento costitutivo, la dichiarazione anagrafica, con riguardo al particolare caso di cui è controversia.
Nel presente giudizio i ricorrenti hanno offerto valida prova di verosimiglianza, idonea in questa fase cautelare, della esistenza di una stabile relazione e della convivenza che si protrae sin dal mese di agosto 2021, nonché della loro volontà di regolamentare i propri rapporti attraverso il contratto sottoscritto e autenticato dall'avv. (omissis), prodotto in giudizio.
In particolare, infatti, RICORRENTE all'udienza del 29/3/2022 dichiarava: "Mia moglie è morta sei anni fa. Ho conosciuto la RICORRENTE tre anni fa in ALBANIA e poi il 4/8/2021 la sig.ra è venuta in Italia e vive con me. Abbiamo deciso di fare un contratto di convivenza. Preciso che i miei figli con cui ho un rapporto molto buono non erano contenti che io sposassi la RICORRENTE, hanno detto vediamo come andrà e allora abbiamo deciso di fare il contratto di convivenza. Io abitavo con il figlio più piccolo (omissis) e ho comprato una casa nuova per vivere con la RICORRENTE".
RICORRENTE confermava quanto riferito dal RICORRENTE, precisando che ella in Italia non lavora e vive con il RICORRENTE.
Inoltre, all'udienza del 31/3/2022, (omissis), figlio del ricorrente, confermava la convivenza e la stabile relazione intrattenuta dai ricorrenti, precisando: "non è stata una cosa facile dopo la mancanza di mia madre, poi mio papà ha conosciuto questa signora due o tre anni fa. Adesso io so che vive con mio papà. Si conoscevano già tramite amici e mio papà ci ha detto che hanno una relazione e che l'ha invitata qui. Io sono andato a casa loro e ho visto che convivono. Se non erro la sig.ra è qui da agosto, ricordo che io ero in vacanza, ero via; mi ricordo che mi sono occupato io di tutta la documentazione iniziale della signora, sono andato in COMUNE a informarmi per fare il contratto di convivenza che all'inizio per noi era una cosa nuova; non sapevamo quanto tempo poteva restare qui. Sono andato a casa di mio papà due o tre volte e ho sempre visto che la sig.ra cucinava, si vede il tocco femminile in casa; la casa l'ho restaurata io perché abbiamo acquistato l'appartamento a maggio e io ho fatto i lavori in casa a mio papà. Non ho aperto gli armadi ma ho avuto la sensazione che la sig.ra vivesse lì, c'erano le tende che mio papà non ha fatto in tempo ad andare a cercare. Adr Preciso che io abitavo separato, mio papà per un periodo conviveva con mio fratello, poi da un po' ci eravamo messi in cerca di un appartamento per lui al piano terra più comodo, che abbiamo acquistato a maggio. Noi sapevamo già della relazione di mio padre che andava spesso in Albania e che la casa sarebbe stata destinata ai due conviventi".
Il quadro così ricostruito, tanto dai ricorrenti quanto dal figlio del RICORRENTE, che deve considerarsi invero privo di interesse alla partecipazione al presente giudizio e altresì attendibile, avuto riguardo anche alla posizione di autonomia rispetto al padre, consente di ritenere quantomento la verosimiglianza della situazione di fatto descritta dai ricorrenti, sicchè gli stessi vanno considerati effettivamente conviventi di fatto, ai fini della presente fase cautelare e fatto salvo ogni approfondimento istruttorio nella eventuale fase di merito.
Al contempo l'accordo di convivenza risulta documentalmente provato (sub doc. 2) e la registrazione dello stesso di per sé è attività vincolata da parte della Pubblica Amministrazione, che non si può spingere in questa fase a sindacarne la validità.
? La necessità - per lo straniero convivente di fatto di cittadino UE - della disponibilità di un permesso di soggiorno per ottenere l'iscrizione anagrafica
Se dunque vi è prova della stabile relazione e convivenza degli odierni ricorrenti, occorre indagare il profilo relativo alla necessità di un permesso di soggiorno per ottenere la dichiarazione anagrafica e, in ultima analisi, la registrazione del contratto di convivenza.
La circostanza che il ricorrente sia cittadino italiano, consente di applicare, in luogo del T.u. immigrazione, il D.lgs 30/2007 che dispone all'art. 23, "Le disposizioni del presente decreto legislativo, se piu' favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana".
Detto testo normativo prescrive, sub art. 3 "2. Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell'interessato, lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l'ingresso e il soggiorno delle seguenti persone: omissis b) il partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione ufficiale. 3. Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione personale e giustifica l'eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno."
La direttiva 2004/38/CE del parlamento europeo e del consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, della quale il decreto 30 è attuazione, prevede sub art. 3 che: "2. Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell'interessato lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l'ingresso e il soggiorno delle seguenti persone: omissis b) il partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata. Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione personale e giustifica l'eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno."
La Commissione Europea, con comunicazione COM 2009 (313) del 2 settembre 2009 , concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE, al punto 2.2.1 affermava: "il partner con cui un cittadino dell'Unione abbia una stabile relazione di fatto, debitamente attestata, rientra nel campo di applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b). Le persone cui la direttiva riconosce diritti in quanto partner stabili possono essere tenute a presentare prove documentali che dimostrino la loro qualità di partner di cittadini UE e la stabilità della relazione. La prova può essere fornita con ogni mezzo idoneo".
Con riguardo alla necessità di previo soggiorno regolare in uno stato membro, poi, la Corte di cassazione ha chiarito che "Al cittadino di un paese terzo, coniuge di cittadino dell'Unione europea, può essere rilasciato un titolo di soggiorno per motivi familiari anche quando non sia regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, in quanto, alla luce dell'interpretazione vincolante fornita dalla sentenza della Corte di Giustizia n. C-127 del 25 luglio 2008, la Direttiva 2004/38/CE consente a qualsiasi cittadino di paese terzo, familiare di un cittadino dell'Unione, ai sensi dell'art. 2, punto 2 della predetta Direttiva, che accompagni o raggiunga il predetto cittadino dell'Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, di ottenere un titolo d'ingresso o soggiorno nello Stato membro ospitante, a prescindere dall'aver già soggiornato legalmente o meno in un altro Stato membro; pertanto, una normativa interna che imponga al coniuge del cittadino dell'Unione la condizione del previo soggiorno regolare in uno Stato membro prima dell'arrivo nello Stato ospitante, è incompatibile con la Direttiva citata, in considerazione del diritto al rispetto della vita familiare stabilito all'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo".
La Corte di Giustizia, infine, nella decisione C-83/11, interrogata sull'interpretazione del medesimo articolo della direttiva, ha affermato che "In ogni caso, lo Stato membro ospitante deve assicurarsi che la propria legislazione preveda criteri che siano conformi al significato comune del termine «agevola» nonché dei termini relativi alla dipendenza utilizzati al suddetto articolo 3, paragrafo 2, e che non privino tale disposizione del suo effetto utile".
Invece la legislazione italiana, nella misura in cui richiama da un lato la necessità di "documentazione ufficiale" per la attestazione di convivenza, nonché in sostanza richiede la disponibilità preventiva di un permesso di soggiorno (al cui rilascio peraltro osta la mancanza di iscrizione anagrafica, come peraltro emerge dalla comunicazione ricevuta dalla Questura e prodotta in atti) non garantisce l'effetto utile di agevolare la libera circolazione e il soggiorno .
Si impone dunque una interpretazione conforme del diritto interno rispetto alle normativa europea e in particolare al principio espresso dalla direttiva, che risulta peraltro self - executing sul punto.
E del resto anche l'art. 8 della Cedu valorizza i vincoli familiari non formalizzati.
Ne discende che deve ritenersi sussistente, per il partner extracomunitario di cittadino residente in un Comune, il diritto di ottenere un riconoscimento della situazione di fatto, purchè validamente accertata, (come avvenuto nel presente giudizio cautelare), mediante la iscrizione nel registro della popolazione residente di detto Comune e nello stato di famiglia del convivente, ove da un lato sia presentata dichiarazione di costituzione di nuova convivenza, (contemplata dall'art. 13/1 lett. b del DPR 223/89), e pur in assenza di permesso di soggiorno.
Ciò invero non importa una indebita intromissione in prerogative amministrative, ma piuttosto discende dalla verifica della lesione del diritto della persona, come tutelato dalla normativa eurounitaria, che scaturisce da comportamenti di tipo vincolato della amministrazione.
La rilevanza della tutela dei legami familiari e della possibilità di esplicarli nel pieno rispetto dei diritti sociali, soltanto in via incidentale poiché trattasi di questioni non direttamente afferenti la controversia di cui è causa, emerge anche ove si osservi l'evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale in relazione a tematiche connesse.
In tema di ricongiungimento familiare, infatti, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 5/5 del d.lgs 286/1998 nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale si applichi solo allo straniero che "ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" o al "familiare ricongiunto", e non anche allo straniero "che abbia legami familiari nel territorio dello Stato", così identificando la necessaria protezione privilegiata da riservare ai rapporti familiari, ex artt. 29, 30 e 31 Cost. e art. 8 della CEDU.
Al contempo, in tema di protezione internazionale, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 13/1 lett. a del d.l. 113/2018 (per il quale "il permesso di soggiorno di cui al comma 1 non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e dell'articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286"), non solo "per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza", ma anche "per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l'accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti".
2. Sul periculum in mora
Sussiste infine il periculum in mora lamentato dai ricorrenti, ove in concreto viene compresso il diritto al riconoscimento del proprio nucleo familiare, con la impossibilità per la ricorrente di fruire di una serie di diritti sociali e in primis dei servizi assistenziali alla persona, peraltro con il concreto rischio di subire un rimpatrio, così vanificando le aspettative di vita consacrate nell'accordo di convivenza stipulato.
Più in generale infatti, non può ignorarsi che l'iscrizione anagrafica è il necessario presupposto per una serie di diritti sociali, oltre a quello ad ottenere le prestazioni relative al SSN, e per esempio, per l'accesso all'assistenza sociale e la concessione di eventuali sussidi o agevolazioni previste da ogni Comune, per l'accesso ad altri diritti sociali, tra i quali la partecipazione a bandi per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, per i diritti di partecipazione popolare all'amministrazione locale, per il rilascio della carta di identità e delle certificazioni anagrafiche, per chiedere e ottenere il conseguimento della patente di guida italiana o la conversione della patente di guida estera, per l'accesso all'istruzione universitaria e ai relativi interventi per il diritto allo studio e in definitiva per l'esercizio effettivo dei diritti di rilievo costituzionale di cui agli artt. 2,3,4,16 e 38 Cost.
In sostanza dunque, per tutte le ragioni sopra evidenziate, e in accordo invero con la giurisprudenza di merito richiamata in motivazione, il presente ricorso merita accoglimento.
La circostanza che l'esito della lite derivi dall'accertamento giudiziale, secondo il canone della verosimiglianza, della esistenza di una convivenza di fatto tra gli odierni ricorrenti, attività che per quanto descritto sopra non poteva essere compiuta dall'ufficiale d'anagrafe, nonché la obiettiva complessità della materia, integrano gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 92 c.p.c. all'esito di Corte cost. 77/2018, per la integrale compensazione delle spese di lite tra le odierne parti di giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del presente ricorso, visto l'art. 700 c.p.c.,
1) ORDINA al Comune di (omissis) di iscrivere RICORRENTE, nei registri della popolazione residente nel Comune e di provvedere al suo inserimento nello stato di famiglia di RICORRENTE, nonché di provvedere alla registrazione anagrafica della dichiarazione di convivenza richiesta in data 27/10/2021 dal cittadino italiano RICORRENTE e dalla cittadina albanese RICORRENTE;
2) compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Si comunichi
Così deciso in Mantova, 1 aprile 2022
Il giudice designato
dott.ssa Francesca Arrigoni
© Riproduzione Riservata