Gli scrittori monotoni - Poche idee, ma non confuse
Pubblicato il 06/05/22 23:00 [Doc.10549]
di Giovanni Zagni, direttore dei progetti di fact-checking PagellaPolitica e Facta.


Da ragazzo ero un grande appassionato di Jorge Luis Borges. Immagino di esserlo ancora, ma quando si è giovani tutte le passioni sono più forti e così anche gli amori letterari. Poi gli orizzonti si allargano e gli entusiasmi, se non si spengono, di certo si attenuano. La mia scoperta di Borges cominciò con i racconti dell'Aleph, continuò con Finzioni, e di lì a qualche mese mi ero letto tutto quello su cui ero riuscito a mettere le mani. I due volumi dei Meridiani con Tutte le opere arrivarono alla fine di un rigoroso percorso di risparmio degno di un motorino o del paio di Nike da competizione.

Grazie alla mia non motorizzata conquista, lessi e rilessi i racconti della Storia universale dell'infamia, e mi si aprirono mondi nuovi con i saggi di Altre inquisizioni e della Storia dell'eternità. Notoriamente i due generi, in Borges, non hanno quasi soluzione di continuità. Come trovai scritto da qualche parte nell'ennesima citazione irrintracciabile, Borges costruisce racconti che sembrano saggi e saggi che sembrano racconti. Il suo mondo sembra fatto solo di libri - nessun altro scrittore come lui appare così immerso nella sua biblioteca. Una celebre frase di Pirandello dice che «La vita, o si vive, o si scrive», e frequentando Borges si ha l'impressione che lo scrittore argentino avesse scelto la seconda opzione con una radicalità assoluta.
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