Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti: il pagamento dell'iva indicata in fattura non esclude la sussistenza del reato
Pubblicato il 26/05/22 00:00 [Doc.10669]
di Redazione IL CASO.it


Osservatorio Reati Tributari
di Marco Napolitano

Con la sent. del 30.3.2022 n. 11633 la Cassazione affronta il tema della (ir)rilevanza del pagamento dell'IVA nell'ipotesi di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lvo 74/2000.
La vicenda vedeva gli indagati raggiunti da un decreto di sequestro finalizzato alla confisca diretta, per avere utilizzato fatture emesse a fronte di un fittizio contratto di appalto di servizi, che celava una attività di illecita somministrazione di manodopera.
Secondo il GIP prima e il Riesame poi, l'utilizzo delle fatture emesse a fronte del contratto di appalto aveva consentito alle utilizzatrici di detrarre l'IVA indicata in fattura, creando un credito di imposta che non sarebbe sorto se le parti avessero correttamente descritto il rapporto giuridico; peraltro, le fatture dovevano ritenersi anche soggettivamente inesistenti in quanto le prestazioni erogate alle utilizzatrici avrebbero dovuto riferirsi ai singoli lavoratori e non alla società emittente.
Nel ricorso alla Corte i ricorrenti deducevano l'insussistenza del reato stante l'assenza del dolo di evasione. Invero, l'IVA indicata nelle fatture era stata prima versata dalle utilizzatrici, e successivamente corrisposta all'erario dall'emittente. Aggiungono i ricorrenti che secondo la Corte di Giustizia (EN.SA
vs A.d.E.. n. 712 dell'8.05.2019) e del generale principio di neutralità dell'IVA, il soggetto utilizzatore che ha pagato la fattura e corrisposto anticipatamente l'IVA ha anche il diritto alla detrazione, non verificandosi perdita del gettito fiscale.
Nel rigettare i ricorsi, il collegio, sulla scorta degli artt. 17, 19, 21 d.p.r. 633/72, ha ribadito l'irrilevanza dell'effettiva corresponsione dell'IVA, atteso che la detrazione è concessa solo in presenza di fatture emesse dal soggetto che opera la cessione o la prestazione.
Tale disciplina trova conferma anche in sede sovranazionale: nell'art. 168 della Direttiva 2006/112/CE e anche e proprio nel parere EN.SA
vs A.d.E.. Viceversa, l'obbligo per chiunque indichi l'IVA in una fattura di assolvere tale imposta è previsto dall'art. 203 della direttiva IVA.
Tuttavia, aggiunge la Corte, la direttiva impone agli Stati Membri di consentire "all'emittente di una fattura relativa ad una operazione inesistente di richiedere il rimborso dell'imposta indicata su tale fattura che egli ha dovuto assolvere, qualora sia in buona fede ed abbia in tempo utile eliminato il rischio di perdita di gettito fiscale".
Pertanto, non contrasta con il diritto comunitario una norma interna che "preveda l'indetraibilità dell'IVA assolta dall'emittente, in presenza di fatture per operazioni inesistenti, ove sia garantita la possibilità di rettifica dell'imposta indebitamente fatturata in presenza di buona fede in capo all'emittente", situazione esclusa nel caso specifico.


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