Decadenza dal beneficio del termine e oneri per il mutuatario
Pubblicato il 19/06/22 00:00 [Doc.10758]
di "Decisioni ABF", a cura di Dolmetta, Minneci, Mucciarone, Malvagna, Lentini, Bonfanti, Mager, Cipriani, Solarolo, Dassisti


ABF Napoli, 2 maggio 2022, n. 6855 - Pres. Carriero - Est. Dolmetta

Nel caso di prestito con cessione del quinto dello stipendio, la dichiarazione ex art. 1186 c.c. (decadenza dal beneficio del termine per notevole incremento del rischio di non rientro dell'erogato) va di necessità indirizzata al cedente, quale debitore finale nel rapporto di credito.

Le clausole di estensione della decadenza dal beneficio del termine a situazioni anche diverse da quelle prevedute dall'art. 1186 c.c. trovano il loro limite di validità e di efficacia nel predisporre una tutela del creditore rispetto all'eventualità di sopravvenuto e oggettivo incremento del rischio di non rientro di quanto erogato, sconfinando altrimenti in una surrettizia e sorprendente deroga del disposto dell'art. 1818 c.c.

È nulla la clausola del contratto di prestito che prevede che il mutuatario, nel caso di esercizio da parte del mutuante del potere di farlo decadere dal beneficio del termine, gli corrisponda delle somme a titolo di penale. Una simile pretesa si manifesta, infatti, sprovvista di una qualunque causa giustificativa.

La dichiarazione del mutuante, intesa a fare decadere il mutuatario dal beneficio del termine, comporta la cessazione anticipata del rapporto in essere, con la conseguenza che dal momento in cui la dichiarazione prende effetto non si producono più interessi compensativi e altri oneri a carico del mutuatario (che non rispondano a eventuali carichi da ritardo nell'adempimento) della prestazione.


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