Nuovo processo tributario - 1 analisi dei primi dubbi applicativi
Pubblicato il 01/10/22 00:00 [Doc.11131]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Chiarezza sull'assolvimento dell'obbligo motivazionale in sede di emanazione dell'atto impugnato e quello in sede di giudizio dell'onere probatorio da parte dell'Amministrazione finanziaria

La legge n. 130/2022 del 31 agosto scorso, in vigore (almeno riguardo alla generalità delle disposizioni in essa contenute) per i ricorsi notificati dal 16 settembre 2022, ha introdotto la più ampia riforma della giustizia tributaria degli ultimi trent'anni, che ha fatto parlare dell'istituzione della "Quinta Giurisdizione", cioè quella tributaria. La riforma di quest'anno, infatti, vede la luce a trent'anni di distanza dai decreti legislativi n. 545 e 546 del 1992, che disciplinano tuttora, rispettivamente, l'organizzazione della giustizia tributaria e lo svolgimento del processo tributario. Le novità si innestano sui due predetti impianti normativi, novellandone numerose disposizioni.

A questo punto nasce l'esigenza di formulare precisazioni circa alcuni commenti pubblicati sulla stampa specializzata con riferimento, in particolare, alla nuova disposizione introdotta, con il comma 5-bis, all'articolo 7 del Dlgs. n. 546/1992, in quanto si è palesata una qualche confusione tra l'assolvimento dell'obbligo motivazionale in sede di emanazione dell'atto impugnato e quello in sede di giudizio dell'onere probatorio da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Andando con ordine, rammentiamo che il richiamato articolo 7 disciplina i poteri istruttori del giudice tributario (che dal 16 settembre ha assunto la denominazione di Corte di giustizia tributaria di primo e di secondo grado).
Va, innanzitutto, rilevato che il comma 1, del citato articolo 7, delimita i poteri istruttori del giudice tributario ai fatti dedotti dalle parti (ad esempio, ricostruzione di maggiori ricavi, disconoscimento di costi, eccetera). Ciò vale a configurare l'istruttoria nel processo tributario come a carattere dispositivo, cioè è onere delle parti introdurre nel giudizio tutti i fatti e gli atti a fondamento delle proprie pretese o delle proprie difese, avendo il giudice il potere di decidere sull'acquisibilità al processo di una determinata prova, nonché, nell'ambito dei fatti e atti allegati dalle parti, il giudice tributario ha gli stessi poteri degli uffici finanziari per acquisire tutti i mezzi di prova per confermare o contraddire quanto addotto dalle parti a sostegno delle proprie ragioni (principio dispositivo attenuato dal metodo acquisitivo della prova).
Il comma 4, dello stesso articolo 7, escludeva dalle prove acquisibili nel processo tributario il giuramento e la testimonianza. La riforma di quest'anno, nel confermare l'esclusione del giuramento, ha aperto le porte alla testimonianza scritta, così come disciplinata dall'articolo 257-bis cpc, escludendo, tuttavia, tale mezzo di prova per i fatti enunciati in atti connotati da fede privilegiata (come i Pvc).

Inoltre, va considerato che è ius receptum quello per il quale, in base al rinvio "formale" alle disposizioni del codice di procedura civile, operato dall'articolo 1, comma 2, del Dlgs n. 546/1992, all'istruttoria del processo tributario si rendono applicabili, tra l'altro, gli articoli 115 e 116 cpc.
In particolare, in base all'articolo 115, il giudice pone a fondamento della propria decisione tre ordini di prove: 1) le prove proposte dalle parti; 2) i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita (principio di non contestazione); 3) i fatti che rientrano nell'esperienza comune (fatti notori, che non necessitano di essere provati).
All'articolo 116 viene disciplinato il potere di valutazione delle prove da parte del giudice che, salvi i casi di presunzioni legali assolute (assenti in ambito tributario), deve avvenire, di regola, in base al proprio "prudente apprezzamento". Il secondo comma dello stesso articolo stabilisce che, in ogni caso, il giudice può desumere argomenti di prova anche: 1) dalle risposte che le parti proferiscono nel dibattimento; 2) dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate; 3) dal contegno delle parti in giudizio.
In questo quadro, solo approssimativamente delineato, la riforma del 2022, con l'articolo 6 della legge n. 130/2022, ha introdotto, al più volte richiamato articolo 7 del Dlgs n. 546/1992 il comma 5-bis, che recita:
"L'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati".

Dal tenore letterale della riportata disposizione, alcuni commentatori hanno ritenuto che ne discenderebbe un obbligo, per l'Amministrazione finanziaria, di indicare già in motivazione tutte le prove a sostegno della pretesa erariale e che ogni incompletezza in tal senso, concretizzando un difetto motivazionale, non potrebbe essere sanata nel corso del processo, tanto alla luce dell'orientamento giurisprudenziale prevalente, che preclude l'integrazione della motivazione in sede processuale. Inoltre, da una tale incompletezza ne hanno fatto discendere il potere del giudice di annullare per intero l'atto, senza possibilità che neppure il giudice medesimo, nell'ambito comunque dei fatti dedotti dalle parti, acquisisca i mezzi di prova necessari alla decisione.
Una tale conclusione contrasta, innanzitutto, con la natura del processo tributario di legittimità-merito, potendo il giudice, già in sede di cognizione, regolare il rapporto giuridico d'imposta sulla base degli elementi di prova acquisiti anche esercitando i propri poteri istruttori che, tra l'altro, la riforma ha potenziato con l'ammissione della prova testimoniale. Tale ampliamento dei poteri istruttori, che consentono al giudice di accedere al fatto senza il "filtro" documentale, ridonda nettamente contro la tesi, da alcuni paventata, che per effetto della disposizione di cui al nuovo comma 5-bis dell'articolo 7, il processo tributario sarebbe divenuto di mera legittimità-annullamento.

In realtà, una cosa è l'obbligo motivazionale, che attiene alla fase amministrativa, altro è l'onere probatorio, che attiene alla fase processuale, tanto è vero che la sopra riportata disposizione è stata inserita nell'ambito del predetto articolo 7 del Dlgs n. 546/1992, che disciplina l'istruttoria processual-tributaria. D'altra parte, l'incipit del comma 5-bis recita: "L'amministrazione prova in giudizio…". Tale affermazione è coerente con il fatto che, tecnicamente, la prova si forma nel dibattimento, mentre nella fase istruttoria, soprattutto in quella procedimentale, emergono al più elementi indiziari, che poi devono essere tramutati in prova nel processo. Ad esempio, anche le dichiarazioni di terzi menzionate in un Pvc sono connotate da fede privilegiata, esclusivamente con riferimento alla provenienza delle dichiarazioni stesse, ma non con riguardo al loro contenuto, che deve essere provato in giudizio, anche mediante il nuovo mezzo della prova testimoniale.

Riguardo alla motivazione dell'atto impugnato, in base all'articolo 3 della legge n. 241/1990 e all'articolo 7 della legge n. 212/2000, l'adempimento dell'obbligo motivazionale è assolto quando viene esternato l'iter logico seguito per addivenire alla determinazione della pretesa erariale, indicata nel dispositivo del provvedimento impositivo. Quindi, la motivazione è una "finestra aperta" sul procedimento amministrativo-tributario, al termine del quale è emesso il provvedimento impositivo. Pertanto, l'obbligo motivazionale si sostanzia nel fornire contezza della connessione logico-giuridica tra gli atti endoprocedimentali che hanno condotto all'adozione del provvedimento impositivo.
In sintesi, la motivazione deve rendere intelligibile come dalle fonti di innesco dell'attività accertativa si è passati all'acquisizione degli elementi istruttori, esplicando i criteri di valutazione di tali elementi e, infine, come questo iter sfocia nella quantificazione della pretesa erariale e dei suoi accessori. In sostanza, l'obbligo motivazionale ha a oggetto l'evidenziazione di un percorso logico-giuridico piuttosto che la specifica enunciazione in motivazione di ogni singolo elemento istruttorio. Tanto anche in considerazione della possibilità di motivare "per relationem" ad atti contenenti una pluralità di elementi istruttori, come un Pvc. In sede processuale è (ma è sempre stato!) onere dell'ufficio provare, laddove contestata dal ricorrente, la veridicità e la corretta qualificazione e quantificazione degli elementi acquisiti nell'istruttoria amministrativa, avvalendosi, dal 16 settembre prossimo, anche della prova testimoniale (con le esclusioni sopra riferite), che può essere anche a favore delle ragioni erariali. D'altra parte, è opportuno anche sottolineare, che la riforma in commento non ha abrogato tutto il microsistema di presunzioni semplici, fondate su circostanze gravi precise e concordanti, e neppure le ipotesi più rare di presunzioni "super semplici" (come nei casi di accertamenti "induttivi puri"), che hanno l'effetto di trasferire l'onere probatorio in capo al contribuente.

In base alle considerazioni svolte, quindi: 1) la motivazione è idonea a conseguire il suo scopo se è in grado di rendere intellegibile la genesi della pretesa erariale; 2) l'onere della prova deve essere assolto in giudizio da parte dell'ufficio in relazione alle proprie controdeduzioni, che dipendono dalle censure mosse nel ricorso introduttivo. In definitiva, il thema probandum è determinato dalle censure mosse nel ricorso, le quali non sono limitate dagli elementi istruttori (cioè: elementi indiziari e non prove) espressamente enunciati in motivazione, ma si riconnettono al contenuto degli atti endoprocedimentali nel loro complesso, che, comunque, devono essere richiamati in motivazione anche solo mediante un rinvio agli stessi.
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