La regola interna di un'impresa che vieta di indossare in modo visibile segni religiosi, filosofici o spirituali non costituisce una discriminazione diretta se applicata in maniera generale e indiscriminata
Pubblicato il 18/10/22 00:00 [Doc.11243]
di Redazione IL CASO.it


Secondo la Corte, la religione e le convinzioni personali devono essere considerate un solo e unico motivo di discriminazione, altrimenti pregiudicando il quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro stabilito dal diritto dell'Unione, più in particolare dalla direttiva 2000/78

Dal 2018 è pendente una controversia tra L.F., una donna di fede musulmana che indossa il velo islamico, e la S.C.R.L., una società che gestisce alloggi popolari. La controversia verte sulla mancata presa in considerazione della candidatura spontanea a un tirocinio presentata da L.F. poiché, durante un colloquio, quest'ultima ha affermato che si sarebbe rifiutata di togliersi il velo per conformarsi alla politica di neutralità promossa all'interno della S.C.R.L. e prevista dal suo regolamento.
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