Il diritto di non finire i libri - E perché si tratta piuttosto di una necessità
Pubblicato il 16/12/22 23:00 [Doc.11466]
di Giovanni Zagni, direttore dei progetti di fact-checking PagellaPolitica e Facta.


Uno dei "diritti del lettore" che Daniel Pennac elenca in Come un romanzo è quello di «non finire il libro». Più che un diritto, sembrerebbe trattarsi di una necessità: un'attività personale come la lettura porta con sé naturalmente la libertà di non concludere qualcosa che si trova poco adatto ai propri gusti. Perché infliggersi la sofferenza di leggere un libro brutto? Non a caso chi lavora nelle case editrici - idealizzata meta professionale di tanti lettori - menziona spesso la fatica di dover frequentare tanti manoscritti mediocri o tremendi.

Ci sono lettori che ritengono di non usufruire mai di quel diritto, per un certo senso di autoimposto dovere che li porta sempre ad arrivare all'ultima pagina. Si tratta però, per mia personale esperienza, di un'illusione. Certo alcuni lettori tenderanno a non interrompere un libro più di altri e io stesso, fino a poco tempo fa, mi sarei incluso in questa categoria. Mi sarei spinto fino a dire, perentorio, che non comincio mai un libro senza finirlo. Ma spesso abbiamo una percezione distorta di noi stessi: da quando ho cominciato a tener traccia delle mie letture nella tabella che i lettori più fedeli forse ricorderanno, devo registrare con una certa sorpresa che in tre anni non ho portato a termine circa una lettura su cinque. E i motivi, credo, sono più complessi di quanto ci si potrebbe aspettare.
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