I confini del contenzioso tributario sono fissati nell'atto di accertamento
Pubblicato il 01/06/16 08:50 [Doc.1158]
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L'Ufficio non può cambiare il presupposto della pretesa impositiva nel corso del giudizio, ma rimane vincolato a quanto originariamente fissato nell'atto di accertamento e non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse o modificarle.
Decisione: Sentenza n. 6103/2016 Cassazione Civile - Sezione V
Il caso.
L'Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento per l'anno 2003 nei confronti di una SRL, fondato su costi ritenuti non deducibili ai fini IRPEG e IRAP perché non separatamente indicati in dichiarazione (ex art. 76 D.P.R. 917/1986 sui costi derivati da operazioni con fornitori domiciliati in paesi a fiscalità privilegiata).
La Commissione Tributaria Provinciale aveva confermato la legittimità dell'accertamento, mentre in secondo grado la sentenza veniva riformata, negando la indeducibilità dei costi e applicando la sanzione prevista dall'art. 8, comma 3bis, Decreto Legislativo 471/1997.
L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza in appello, e la Cassazione rigetta il ricorso, accogliendo invece il controricorso del contribuente.
La decisione.
La Suprema Corte affronta dapprima l'eccezione preliminare della inammissibilità del ricorso proposto dall'Ufficio per tardività : l'Agenzia delle Entrate aveva notificato nei termini la prima volta all'indirizzo giusto ma senza indicare il numero dell'interno; a seguito del mancato perfezionamento della procedura, aveva quindi dovuto reiterare la notifica che è avvenuta nuovamente in tempi brevi, e il Collegio ritiene (in conformità a Cassazione Sezioni Unite 17352/2009) la notifica utilmente effettuata.
Quindi illustra l'unico motivo di ricorso dell'Ufficio: «l'Agenzia censura la decisione per vizio di motivazione, in merito alla circostanza che le imprese di Hong Kong, con le quali la società contribuente aveva avuto rapporti, fossero realmente operative e che gli acquisti presso di esse compiuti presentassero effettiva convenienza economica rispetto a quelli realizzabili sul mercato nazionale».
Per la Corte, la doglianza si rivela inammissibile: «infatti, l'Agenzia, ancorché denunciando carenza di motivazione, richiede, sostanzialmente, a questa Corte, un inammissibile diverso apprezzamento delle risultanze processuali, rispetto a quello legittimamente effettuato dal giudice del merito ... così tendendo a rimettere in discussione l'accertamento in fatto della sentenza impugnata, che, espresso con motivazione coerente in sé e con le risultanze processuali, si sottrae al sindacato di legittimità ».
Per la Cassazione, la contestazione mossa dall'Ufficio si rivela estranea allo specifico thema decidendum e, dunque, inconferente, perché dalla sentenza impugnata «emerge che la contestazione contenuta nell'avviso di accertamento oggetto della controversia era esclusivamente incentrata sul profilo formale della mancata separata indicazione dei costi in dichiarazione (senza alcun riferimento alla sostanziale elusività delle correlative operazioni), non può, d'altro canto, trascurarsi di considerare come la ricorrenza delle circostanze (effettiva operatività della contraente estera e della convenienza dell'operazione)».
E ricorda che «è regola fondamentale del diritto tributario quella secondo cui le ragioni poste a base dell'atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che (anche se con sue specifiche caratteristiche) è, pur sempre, giudizio d'impugnazione d'atto; sicché l'ufficio finanziario, restandone le contestazioni adducibili in sede contenziosa circoscritte dalla motivazione dell'avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse o modificare, nel corso del giudizio, quelle definite dalla motivazione suddetta».
Il Collegio ne trae quindi le conseguenze: «dall'esposta premessa discende che - in presenza di avviso di accertamento contemplante la sola violazione formale della mancata indicazione separata dei costi derivanti dalle operazioni con imprese non residenti in territori con regime fiscale agevolato, l'ambito del giudizio non può estendersi alle ulteriori violazioni, di carattere sostanziale, sulle quali soltanto interferiscono l'operatività dei contraenti esteri e l'effettività delle operazioni».
Conclude disponendo per il rigetto del ricorso pèroposto dall'Agenzia delle Entrate.
Osservazioni.
La Cassazione ha precisato che il presupposto della pretesa tributaria rimane fissato nel perimetro di quanto contenuto nell'atto di accertamento originario.
Il contribuente può difendersi con riferimento a quanto indicato nella motivazione dell'atto di accertamento, e se fosse ammissibile un cambiamento "in corsa" i confini del giudizio si modificherebbero di conseguenza, con evidente compressione delle concrete possibilità di difesa del contribuente.
Disposizioni rilevanti.
DECRETO LEGISLATIVO 18 dicembre 1997, n. 471
Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi
Vigente al: 20-5-2016
Art. 8 - Violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni
1. Fuori dei casi previsti negli articoli 1, 2 e 5, se la dichiarazione dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive o dell'imposta sul valore aggiunto non è redatta in conformità al modello approvato con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate ovvero in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati rilevanti per l'individuazione del contribuente e, se diverso da persona fisica, del suo rappresentante, nonché per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli, si applica la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000. La medesima sanzione si applica alle violazioni relative al contenuto della dichiarazione prevista dall'articolo 74-quinquies, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Si applica la sanzione in misura massima nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
2. La sanzione prevista dal comma 1 si applica nei casi di mancanza o incompletezza degli atti e dei documenti dei quali è prescritta la conservazione ovvero l'esibizione all'ufficio.
3. Si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 4.000 quando l'omissione o l'incompletezza riguardano gli elementi previsti nell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, relativo alle dichiarazioni dei sostituti d'imposta.
3-bis. Quando l'omissione o incompletezza riguarda l'indicazione delle spese e degli altri componenti negativi di cui all'articolo 110, comma 11, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000.
3-ter. Quando l'omissione o incompletezza riguarda l'indicazione, ai sensi degli articoli 47, comma 4, 68, comma 4, 87, comma 1, lettera c), e 89, comma 3, del testo unico sulle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dei dividendi e delle plusvalenze relativi a partecipazioni detenute in imprese o enti esteri localizzati in Stati o territori inclusi nel decreto o nel provvedimento di cui all'articolo 167, comma 4, del medesimo testo unico, si applica una sanzione amministrativa pari al dieci per cento dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro.
3-quater. Quando l'omissione o incompletezza riguarda la segnalazione prevista dall'articolo 167, comma 8-quater, terzo periodo, del testo unico sulle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica una sanzione amministrativa pari al dieci per cento del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro. La sanzione nella misura minima si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo.
3-quinquies. Quando l'omissione o l'incompletezza riguarda le segnalazioni previste dagli articoli 113, comma 6, 124, comma 5-bis e 132, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dall'articolo 30, comma 4-quater, della legge 30 dicembre 1994, n. 724 e dall'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applica una sanzione da euro 2.000 a euro 21.000.
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