Imu e scuole paritarie: esenzione solo con attività gratuite
Pubblicato il 11/02/23 00:00 [Doc.11683]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Rigettato il ricorso dell'istituto educativo contro i due avvisi di accertamento con cui il Comune richiedeva il versamento dell'imposta municipale per diverse annualità
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Con l'ordinanza n. 35123/5 del 29 novembre 2022, la Suprema corte di cassazione ha chiarito, in tema di esenzioni Imu per gli enti non commerciali e, in particolare, per le scuole paritarie, che per beneficiare dell'esenzione dall'imposta le attività devono essere svolte gratuitamente o dietro versamento di un corrispettivo di importo meramente simbolico. Per avere natura simbolica, il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio e il compenso che supera la metà del prezzo medio del servizio esclude automaticamente il diritto all'esenzione, potendosi affermare che trattasi di attività commerciale che non va esente, dunque, da imposta comunale.

La controversia e le norme in questione
Un'amministrazione comunale emetteva nei confronti di un Istituto educativo titolare di una scuola paritaria distinti avvisi di accertamento con cui richiedeva il pagamento dell'Imposta municipale unica (Imu) per diverse annualità. Avverso tali atti impositivi, l'Istituto educativo ricorreva in giudizio dinanzi al giudice tributario, invocando l'esenzione prevista dall'articolo 7, lettera i) del decreto legislativo n. 504/1992.
La norma richiamata prevede, infatti, che sono esenti dall'Imposta municipale unica (ex ICI) gli immobili utilizzati dagli enti pubblici e privati diversi dalle società e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.
Ai sensi poi dell'articolo 4, comma 3, lettera c) del decreto ministeriale n.200/2012, lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso. Il principio è ribadito poi nel decreto ministeriale 26 giugno 2014, di approvazione del modello dichiarativo dell'Imu.
Il ricorso del contribuente veniva parzialmente accolto in primo grado, con la conferma degli atti impositivi ma con l'esclusione delle sanzioni.
Avverso tale decisione sia l'istituto che il Comune hanno presentato appello ma la Commissione tributaria regionale della Toscana li ha rigettati entrambi osservando che nel caso di specie difettava il requisito oggettivo per l'applicazione della chiesta esenzione, posto che è necessario tal fine che le rette scolastiche siano di importo simbolico oppure idonee a coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio scolastico mentre la retta applicata agli studenti superava il 50% del costo del servizio, trattandosi dunque di attività commerciale. L'esclusione delle sanzioni applicate dal Comune si giustificava, invece, a giudizio dei magistrati di secondo grado, con le evidenti condizioni di incertezza sulla materia tanto da parte del legislatore che da parte della giurisprudenza.
L'istituto decideva, quindi, di ricorrere in ultima istanza alla Corte di cassazione, presentando un ricorso principale, a cui si aggiungeva il ricorso incidentale da parte dell'amministrazione comunale, volto a far salve le sanzioni applicate al contribuente negli avvisi di accertamento contestati.

La decisione della Corte
I giudici di piazza Cavour, definitivamente pronunciandosi sulla questione, hanno rigettato il ricorso principale proposto dall'Istituto educativo, accogliendo, invece, il ricorso incidentale avanzato dal Comune.
La Corte di cassazione ha, infatti, affermato che l'esenzione di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i) del Dlgs n. 504/1992, presuppone la ricorrenza simultanea sia del requisito soggettivo della natura non commerciale dell'ente, sia del requisito oggettivo dato dalla diretta destinazione dell'immobile allo svolgimento delle attività previste dal medesimo articolo 7, tra cui rientrano quelle volte alla didattica e all'educazione, mentre resta irrilevante la successiva destinazione degli utili, eventualmente ricavati, al perseguimento di fini sociali o religiosi, poiché riguarda un momento successivo alla loro produzione, tale da non far venir meno l'eventuale carattere commerciale dell'attività. I magistrati di ultima istanza hanno, altresì, ricordato, richiamando anche le recenti sentenze sul punto di Cassazione n. 24044/2022 e n. 6795/2020, come l'esenzione in parola sia pienamente compatibile con il divieto di aiuti di Stato, sancito dalla normativa comunitaria, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, e l'attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo puramente simbolico. E non riveste alcun rilievo, hanno proseguito i magistrati di ultima istanza, il fatto che la gestione operi in perdita poiché la nozione di imprenditore, ai sensi dell'articolo 2082 codice civile, va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all'attività economica organizzata ricollegabile ad un dato obiettivo, inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui essa sia svolta in modo gratuito. Se l'attività si connota economicamente è irrilevante, dunque, la circostanza di conseguire o meno un utile economico e di pareggiare o meno effettivamente i costi con i proventi e cioè per il fatto che i beni ed i servizi sono offerti al pubblico con prezzi non simbolici, essendo idonei, almeno tendenzialmente, a far sì che i ricavi conseguano il pareggio di bilancio.

Per avere natura simbolica, ha spiegato la Corte, il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio e il limite della metà del prezzo medio può essere utilizzato solo per escludere il diritto all'esenzione, ma non implica a contrario che possano beneficiare dell'esenzione automaticamente tutti quei fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di detto limite. L'istituto educativo gestente la scuola paritaria cade in errore, infatti, hanno chiarito i supremi giudici, quando sostiene che nel Decreto ministeriale n. 200/2012 "è stato previsto che l'esenzione in questione spetti ogni qualvolta i corrispettivi versati per il servizio da parte degli utenti siano pari o inferiori alla spesa annua per studente come individuato dal MIUR" proprio perché, come visto, nessun automatismo - se non quello di escludere la applicabilità dell'esenzione - è legato al rapporto tra corrispettivo e costo medio.

Per questi motivi, la Corte di cassazione, definitivamente pronunciandosi sulla questione, ha rigettato il ricorso dell'istituto educativo gestente la scuola paritaria.
Ha, invece, accolto il ricorso incidentale presentato dal Comune con il quale veniva lamentata, per violazione dell'articolo 8, del Dlgs n. 546/1992 e dell'articolo 6 del Dlgs n. 472/1997, l'illegittimità della sentenza di secondo grado laddove confermava la non debenza delle sanzioni irrogate dal Comune per evidenti condizioni di incertezza sulla materia tanto da parte del legislatore che da parte della giurisprudenza.
Al riguardo, infatti, la Corte ha ricordato come sussista una situazione di oggettiva incertezza normativa solo allorquando sia ravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita, non già ad un generico contribuente, e nemmeno a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, abbiano competenze specifiche o all'amministrazione finanziaria bensì al giudice, unico soggetto dell'ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. E poiché in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, i giudici romani non ritengono sussistere alcun contrasto interpretativo nella giurisprudenza di merito hanno accolto il ricorso incidentale presentato dal Comune, cassando la sentenza di secondo grado laddove non faceva salve le sanzioni applicate al contribuente da parte dell'amministrazione comunale stessa.


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