Comunione senza quote della comunione legale dei coniugi: il pignoramento per debiti personali del marito riguarda l'intero bene
Pubblicato il 10/03/23 08:45 [Doc.11804]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Il pignoramento non può limitarsi alla metà dell'immobile in quanto ciascun coniuge è titolare di un diritto che ha ad oggetto tutti i beni condivisi e ognuno di essi per l'intero e non per una frazione

La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per debiti personali di uno solo dei coniugi, di uno o più beni, abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente all'oggetto del sequestro all'atto della vendita o assegnazione del cespite stesso e con diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita oppure del suo valore in caso di assegnazione. È questo il principio confermato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 150 pubblicata il 4 gennaio 2023.

Il caso controverso
All'esito di una procedura di esecuzione immobiliare esattoriale promossa per mancato adempimento di un'obbligazione tributaria da parte di un contribuente, veniva devoluto al patrimonio dello Stato un immobile sottoposto al regime di comunione legale tra coniugi esistente tra il debitore tributario e sua moglie.
Il coniuge non debitore, ottenuto l'accertamento giudiziale della comproprietà dell'immobile nella misura del 50%, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Campobasso l'agente della riscossione, chiedendo, in via principale, la declaratoria di nullità o la revoca del provvedimento di devoluzione dell'immobile, oltre al risarcimento dei danni subiti.

I giudici del merito rigettavano la domanda giudiziale proposta dalla moglie affermando che, in base alla giurisprudenza di legittimità (sono state citate la pronuncia n. 6575/2013 della Cassazione e le successive conformi), la natura di comunione senza quote della comunione legale di coniugi comporta che l'espropriazione di uno o più beni, per debiti personali di uno dei componenti della coppia, riguardi il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione limitatamente al bene pignorato all'atto della sua vendita o assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita o del suo valore in caso di assegnazione.

Gli stessi giudici aggiungevano che, stante l'impossibilità di ricostruire il coniuge non debitore come proprietario esclusivo di una parte, anche solo ideale, dell'immobile, doveva ritenersi infondata la domanda finalizzata a invalidare il decreto di alienazione e a ottenere il risarcimento del conseguente danno.
Avverso la sentenza della Corte molisana la moglie proponeva ricorso per cassazione contestando la decisione impugnata per avere rigettato la sua domanda di rivendica formulata con richiesta di annullamento del provvedimento di devoluzione al patrimonio dello Stato dell'immobile soggetto a esecuzione esattoriale. La ricorrente sottolineava di essere estranea al debito erariale gravante sul proprio coniuge e di essere invece proprietaria del 50% per cento dell'immobile illegittimamente alienato con l'esecuzione esattoriale. Sosteneva, pertanto, di essere legittimata all'esercizio dell'azione di rivendica, in conformità a un, ormai passato, orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, n. 11455/2007).

La determinazione della Cassazione
I giudici di legittimità con la pronuncia in commento hanno rigettato tutti i motivi di censura avanzati dalla parte privata affermando che "va, dunque, data continuità all'orientamento secondo il quale, per il debito di uno dei coniugi, correttamente è sottoposto ad esecuzione per l'intero il bene ricadente nella comunione legale con l'altro coniuge, con conseguente esclusione di ogni irritualità o illegittimità degli atti della procedura, fino al trasferimento del bene a terzi, non potendosi riconoscere al coniuge non debitore il diritto di caducare tali atti, né quello di ottenere la separazione di parti o quote del bene staggito o di conseguire dalla procedura esiti diversi dalla vendita per l'intero, salva la corresponsione, in sede di distribuzione, della metà del ricavato lordo della vendita, dovuta in dipendenza dello scioglimento, limitatamente a quel bene, della comunione senza quote".

Brevi osservazioni
Il pignoramento di un bene immobile in comunione legale dei coniugi è una questione complessa e controversa, che si concretizza quando una procedura esecutiva viene intrapresa dal creditore particolare del singolo coniuge in relazione a un cespite comune.
A differenza di quella ordinaria, la comunione legale è senza quote e riguarda l'intero patrimonio comune complessivamente inteso: ciascun coniuge è titolare di un diritto che ha ad oggetto tutti i beni della comunione e ognuno di essi per l'intero e non per una frazione. Non è, inoltre, consentita la partecipazione di estranei, trattandosi di una comunione diretta alla tutela della famiglia e non della proprietà individuale.

Secondo la Corte di cassazione, il limite della quota del 50% non opera ai fini dell'esproprio. Pertanto, la casa in comunione potrà essere pignorata e venduta per l'intero e non solo per la metà. L'intera abitazione in comunione legale è, infatti, pignorabile, anche se il debito è di uno solo dei coniugi, secondo il principio percui "la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà" (cfr. Cassazione n. 20845/2021).

Prima di intraprendere l'esecuzione sarà, dunque, opportuno preliminarmente verificare l'effettivo regime patrimoniale dei coniugi mediante l'estratto dell'atto di matrimonio del debitore; l'atto di pignoramento dovrà poi essere notificato e trascritto nei suoi confronti per l'intero della quota, mentre al coniuge non debitore dovrà essere notificato l'avviso, ex articolo 599 del codice di procedura civile.

Al coniuge non debitore non è riconosciuta la possibilità che venga escussa solamente la quota di metà del bene comune né che venga venduta solo una porzione materiale corrispondente, per valore, alla metà del valore del bene oggetto di esecuzione. Non avendo la possibilità di inibire l'esecuzione forzata, è soggetto passivo dell'espropriazione con diritti e doveri identici a quelli dell'esecutato, dovendo riconoscersi al coniuge non debitore, tutte le garanzie di carattere processuale, attraverso la notifica dell'avviso di pignoramento e, all'esito della vendita dell'immobile, la corresponsione della metà della somma di denaro ricavata.

In ogni caso, il coniuge estraneo al debito avrà diritto a ottenere il 50% della somma lorda ricavata dalla vendita o del valore del bene, in caso di assegnazione al creditore procedente. In particolare, il coniuge non debitore potrà rivendicare la metà lorda non potendo farsi carico delle spese di una liquidazione che ha avuto luogo contro la sua volontà.
La soluzione precisata dalla Corte di cassazione consente, quindi, di dar corso all'azione esecutiva assicurando anche le opportune garanzie in favore del coniuge non debitore.


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