Lo scrittore accurato - Il misterioso significato di una celebre frase di Ezra Pound
Pubblicato il 24/03/23 23:00 [Doc.11846]
di Giovanni Zagni, direttore dei progetti di fact-checking PagellaPolitica e Facta.


Cominciamo con un'ammissione di colpa. Il lettore sa che ogni tanto la prima impressione non è quella giusta e il giudizio iniziale è stato affrettato: così ho liquidato troppo alla leggera, e in modo in parte ingeneroso, Fratelli d'Italia di Alberto Arbasino (Adelphi, 1993, pp. 1371). Qualche settimana fa ne scrissi dopo aver letto poche centinaia di pagine e registravo una certa ripetitività, una certa fatica. Arrivato al termine, devo ammettere che sbagliavo. Forse sono entrato nel meccanismo del libro, forse ho imparato ad apprezzarne la voce, forse ancora una parte è davvero migliore (ci vorrebbe una seconda lettura, ad averci il coraggio…).

Fatto sta che, dalla metà circa, l'elefantiaco libro di Arbasino toglie tutti i dubbi e costringe il lettore a riconoscere che si è di fronte a un capolavoro. Si avverte il cambio di passo con il capitolo Condizione del dolore: una descrizione straordinaria (largamente autobiografica? la verve che sembra venire da una ferita ancora aperta lo farebbe sospettare) di miserie piccoloborghesi e dinamiche familiari e sociali asfittiche, di un ambiente tutto ripiegato su se stesso e dedito a un'insensata mortificazione, a una desolante povertà d'animo. Dietro la (sua) famiglia c'è l'Italia di decenni fa, ma Arbasino coglie qualcosa di essenziale anche dell'oggi. Su tutti, questo passaggio: «E il pericolo più temuto: concetti chiari e riflessioni analitiche» (p. 782).
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