Frode fiscale: ne rispondono gli amministratori di diritto e di fatto
Pubblicato il 22/03/23 00:00 [Doc.11849]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Rispondono dello stesso reato, l'uno quale autore principale del delitto, in quanto titolare effettivo della gestione sociale, l'altro, in concorso, per omesso impedimento dell'evento

L'amministratore di diritto e quello di fatto, in concorso tra loro, possono rispondere dei reati tributari, in presenza dei requisiti soggettivi previsti dalle norme incriminatrici. Questo è il principio desumibile dalla sentenza n. 907 del 13 gennaio 2023 della terza sezione penale, della Corte di cassazione.

I fatti
La Corte d'appello ha confermato la sentenza, emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Gip presso il Tribunale, con la quale i legali rappresentanti di una srl venivano condannati alla pena di giustizia, essendo stati riconosciuti responsabili dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e di indebita compensazione (ex articoli 2 e 10-quater, Dlgs n. 74/2000), oltre che di false comunicazioni sociali (ex articolo 2621 cc). Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, lamentando:

difetto assoluto di motivazione, in relazione al giudizio di responsabilita? penale, non avendo il giudice d'appello indicato le ragioni per le quali, da un lato, le dichiarazioni autoaccusatorie di uno degli imputati erano state considerate inattendibili, perchè finalizzate esclusivamente a scagionare l'altro, e, dall'altro, le dichiarazioni rese da quest'ultimo in sede di interrogatorio di garanzia erano state considerate utili a ricostruire il suo ruolo di compartecipe
nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 15 cp, non avendo, il provvedimento impugnato, ritenuto assorbito il reato di false comunicazioni sociali in quello di frode fiscale
violazione dell'articolo 2, del Dlgs n. 74/2000, poiché il giudice di secondo grado aveva erroneamente ritenuto sussistente, in capo agli imputati, il dolo specifico richiesto dal legislatore per integrare la fattispecie criminosa
omessa motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche e dell'eccessività degli aumenti disposti per la continuazione.
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e, dopo aver escluso che la decisione impugnata presentasse carenza motivazionale, ha osservato che la Corte d'appello aveva fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale "l'amministratore di fatto risponde, quale autore principale, (anche) del delitto di indebita compensazione ex art.10-quater, d.lgs. n.74/2000, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l'azione dovuta, mentre l'amministratore di diritto, come mero prestanome, è responsabile del medesimo reato a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, ex articolo 40, comma 2, c.p., ed ex art. 2392 c.c. a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice" (Cassazione, sentenza n. 907/2023).

Osservazioni
I giudici di legittimità sono stati chiamati a verificare la sussistenza di eventuali vizi motivazionali della sentenza impugnata, con riferimento all'accertata responsabilità dei legali rappresentanti della società, con particolare attenzione sia al rapporto tra i reati tributari contestati e le false comunicazioni sociali, sia all'elemento psicologico del reato previsto dall'articolo 2, del Dlgs n. 74/2000, considerando altresì le conseguenze della responsabilità accertata in termini di determinazione della pena effettiva e dell'applicazione delle circostanze attenuanti.

In particolare, la Cassazione ha confermato il giudizio di responsabilita? contenuto nella sentenza impugnata e relativo a entrambi i legali rappresentanti: di uno, per essersi autoaccusato al fine di escludere la responsabilità del compartecipe; dell'altro, sulla base delle proprie dichiarazioni in sede di interrogatorio. Con ragionamento logico e coerente, infatti, il giudice d'appello aveva evidenziato l'ammissione, da parte dell'interrogato, del suo pieno coinvolgimento nelle attivita? illecite dichiarando di averlo fatto per far lavorare gli operai, ("senno? non ci pagavano"), di fatto smentendo le dichiarazioni rese dal compartecipe e finalizzate solo ad affermare l'estraneita? del primo nel coinvolgimento ai fatti contestati.

L'equiparazione degli amministratori di fatto a quelli formalmente investiti e? stata affermata dalla Cassazione in materia civile, penale e tributaria (cfr Cassazione, pronuncia n. 1722/2020): l'amministratore di fatto risponde, quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l'azione dovuta, mentre l'amministratore di diritto è responsabile dello stesso reato tributario contestato a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento (ex articolo 40, comma 2, cp) a condizione che ricorra l'elemento soggettivo di volta in volta richiesto dalla norma incriminatrice (cfr Cassazione, pronuncia n. 34645/2021).

Con riferimento al mancato assorbimento del reato di false comunicazioni sociali in quello di frode fiscale, i giudici di legittimità hanno ribadito che "nel delitto di false comunicazioni sociali ex articolo 2621 cod. civ. il dolo specifico consiste nella volonta? di trarre in inganno ossia di determinare un errore nei soci o nei terzi in ordine alla effettiva situazione patrimoniale della societa?, accompagnata dal proposito di conseguire attraverso l'inganno un ingiusto profitto per se? o per altri, con correlativa messa in pericolo del bene giuridico tutelato. Ne consegue che detto reato non ricorre quando l'intenzione degli amministratori sia solo quella di ingannare il fisco, perche? in questo caso il fatto integra la diversa ipotesi delittuosa di frode fiscale" (cfr Cassazione, pronuncia n. 4128/2000).
Nel caso in esame, la Cassazione ha affermato che la sentenza impugnata ha escluso l'applicazione dell'articolo 15 cp sul corretto rilievo che "le condotte relative ai due diversi reati sono materialmente diverse" in quanto le fatture falsificate, oggetto del reato di frode fiscale, sono state considerate differenti da quelle oggetto di contestazione al capo relativo alle false comunicazioni sociali.

Per la sussistenza del dolo specifico di evasione, che concorre a integrare il reato ex articolo 2, Dlgs n. 74/2000, i giudici di legittimità hanno precisato che tale dolo sussiste anche quando gli si affianchi una distinta e autonoma finalita? extraevasiva, non perseguita dall'agente in via esclusiva, e il relativo accertamento, riservato al giudice di merito, se adeguatamente e logicamente motivato (come nella fattispecie), non e? censurabile in sede di legittimità (cfr Cassazione, pronuncia n. 27112/2015).

Infine, la graduazione della pena, rientrando nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 cp, non può essere censurata nel giudizio di Cassazione se non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia stata comunque sorretta da sufficiente motivazione ((cfr Cassazione, pronunce nn. 4815 e 45312 del 2015). Per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, inoltre, non è necessaria un'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente l'indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri ((cfr Cassazione, pronuncia n. 28535/2014).

Nella fattispecie esaminata, la Corte d'appello territoriale ha rigettato la richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche, precisando che la sanzione irrogata era congrua alla luce della ingente quantità delle fatture emesse, per la perseveranza dei due imputati che hanno realizzato i reati loro ascritti con condotte plurime e continuate nel tempo.


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