Impugnazione estratto di ruolo: questione di legittimità costituzionale
Pubblicato il 27/03/23 08:28 [Doc.11867]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Dottrina e giurisprudenza hanno discusso a lungo sulla possibilità di contestare tale topologia di atto e di chiederne l’annullamento indipendentemente dalla notifica della cartella

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L’ordinanza n. 515 del 23 gennaio 2023 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli – sezione 37 – affronta lo “spinoso” argomento dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo, oggetto di diversi cambiamenti negli ultimi anni, sia in seguito alla sentenza n. 19704/2015 delle sezioni unite della Cassazione, sia per l’introduzione dell’articolo 12, comma 4-bis, del Dpr n. 602/1973 da parte del decreto fiscale n. 146/2021. La Corte di merito, in particolare, ritiene la norma introdotta di recente costituzionalmente illegittima e rimanda gli atti della controversia alla Corte costituzionale per la relativa decisione.

Vicenda processuale
Il contribuente propone opposizione verso due estratti di ruolo rilasciati dall’Agenzia delle entrate–Riscossione (AdeR), relativi a due cartelle riguardanti tributi erariali (Irpef e Iva) dell’anno 2013 e la Tarsu del Comune di Quarto per l’anno 2011. Lo stesso eccepisce l’assenza della notifica delle cartelle e l’intervenuta prescrizione/decadenza. Per la prima delle due cartelle l’AdeR ha esibito varie notifiche; sia tramite deposito alla Cciaa (perché la casella Pec obbligatoria non risultava attiva) sia a mezzo posta, per la successiva intimazione di pagamento, a mani della madre convivente. Invece, per la seconda cartella, ha esibito una notifica a familiare convivente e per la quale non risulta effettuata la debita Can (Comunicazione di avvenuta notifica) e comunque non risultano notifiche di ulteriori atti interruttivi della prescrizione.  Nemmeno il comune di Quarto ha esibito alcunché limitandosi a costituirsi e a presentare ricorso, eccependo la generica inammissibilità dello stesso in quanto diretto verso un estratto di ruolo.
 
Commento
Dottrina e giurisprudenza hanno discusso a lungo (come afferma l’ordinanza) sulla possibilità di impugnare il ruolo e di chiederne l’annullamento indipendentemente dalla notifica della cartella. Le contestazioni dei crediti riportati negli estratti di ruolo hanno continuato a proliferare, come emerge dalla relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria del giugno 2021 (con riferimento al 2020 i ricorsi riguardanti tale casistica ha riguardato il 40,6% dei ricorsi totali, vale a dire 55mila sui 135mila totali).

Le controversie originate dall’impugnazione di estratti di ruolo hanno registrato un notevole aumento dopo la sentenza n. 19704/2015 della Corte di cassazione. Quest’ultima ha affermato che “è ritenuta ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata validamente notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario”. A supporto della sua conclusione la Corte ha affermato una serie di principi:
- “il ruolo è un atto amministrativo impositivo proprio ed esclusivo dell’ufficio competente, quindi atto che …. deve ritenersi tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale
- il ruolo è atto che deve essere notificato e la sua notificazione coincide con la notifica della cartella di pagamento …. per cui il debitore può impugnare entrambi gli atti contemporaneamente o anche uno solo dei due che ritenga viziato con l’ovvio corollario che la nullità di un atto non comporta quella degli atti precedenti né di quelli successivi che ne sono indipendenti …”.
Sulla base di queste conclusioni (confermate anche dall’ordinanza della Cassazione n. 27860/2021), benché l’estratto di ruolo non sia atto autonomamente impugnale (in quanto non contenuto nell’articolo 19 del Dlgs n. 546/1992), il contribuente può far valere le sue ragioni nei confronti della cartella di pagamento, anche se dell’esistenza della stessa ne sia venuto a conoscenza solo attraverso l’estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione.

Per porre rimedio (come ribadito dall’ordinanza n. 515/2023), al proliferare dei ricorsi in sede di conversione in legge del decreto fiscale n. 146/2021 è stato approvato l’emendamento che ha aggiunto il comma 4-bis all’articolo 12 del Dpr n. 602/1973, il quale afferma che “l’estratto di ruolo non è impugnabile”. Quest’ultimo, infatti, non è riconosciuto come un atto di riscossione, che non contiene alcuna pretesa esattiva. Il primo periodo della norma sopra citata continua ammettendo l’impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento “che si assume invalidamente notificata soltanto se il debitore che agisce in giudizio dimostra che l’iscrizione a ruolo può procurargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto (art. 80, co. 4, D.Lgs. n. 50/2016), per la riscossione di somme dovute a suo favore dai soggetti pubblici … per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del D.P.R. n. 602/73 (obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo superiore a 5.000 euro) o per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”.

Questa norma, che limita le possibilità di difesa del contribuente in materia di contenzioso tributario, rispecchia il mutato quadro normativo/giurisprudenziale nel frattempo verificatosi, nel quale spiccanp la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 26283/2022,  (che sancisce “la non impugnabilità dell’estratto di ruolo”) e la sentenza n. 114/2018 della Corte costituzionale (che dichiara incostituzionale l’articolo 57, comma 1, lettera a) del Dpr n. 602/1973 “nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile”.
 
La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli ritiene la questione rilevante, in quanto se si applica la norma di cui all’articolo 12, comma 4.bis, del Dpr n. 602/1973, il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile perché si tratta di impugnativa dell’estratto di ruolo al di fuori delle ipotesi previste dal comma 4-bis, mentre se la stessa norma dovesse essere ritenuta contraria alla Costituzione lo stesso ricorso dovrebbe essere accolto (anche perché, essendo la Tarsu relativa al 2012, la pretesa dovrebbe essere prescritta essendo trascorsi più di 5 anni).
Fatte queste premesse, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli solleva la questione di legittimità costituzionale, sulla base della presunta violazione della norma di cui sopra agli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione per i motivi di seguito dedotti.

Il principio di uguaglianza verrebbe violato per due motivi. Il primo “nasce” a seguito della sentenza n. 114/2018 della Corte costituzionale, nel punto in cui sancisce l’ammissibilità delle opposizioni di cui all’articolo 615 cpc (innanzi al giudice ordinario) laddove non riguardino “contestazioni del titolo”, riservate al giudice tributario. Ciò (a detta della Corte di giustizia tributaria) rende più difficoltosa la tutela innanzi al giudice tributario, rappresentando una disparità di trattamento rispetto a quella innanzi al giudice ordinario (l’ordinanza fa l’esempio della prescrizione). Il secondo motivo deriva dalle limitate ipotesi di pregiudizio derivanti dall’indebita iscrizione a ruolo prevista dal comma 4-bis dell’articolo 12 del Dpr n. 602/1973. Secondo quanto specificato nell’ordinanza le fattispecie pregiudizievoli sarebbero ben oltre le tre previste e che “resterebbero fuori dalla tutela immediata”.
 
Inevitabile conseguenza delle considerazioni precedenti riguarda le presunte violazioni dell’articolo 24 della Costituzione, riguardante il diritto di difesa giurisdizionale. La compressione del diritto di difesa deriva sia dalla disparità di trattamento (di cui si è parlato prima) della tutela innanzi al giudice tributario rispetto a quella davanti al giudice ordinario e sia dal pregiudizio che subisce il contribuente nelle ipotesi non contemplate dal comma 4-bis, in quanto egli è costretto ad attendere (per poter impugnare il ruolo) la notifica di un atto successivo, subendo, nel frattempo, un danno immediato.

A conclusione dell’ordinanza, la Corte di giustizia tributaria di Napoli ritiene, oltre ai precedenti motivi di incostituzionalità della norma prevista dall’articolo 12, comma 4-bis del Dpr n. 602/1973, “scorretto tutelare l’esigenza di evitare azioni pretestuose con limitare fortemente la stessa possibilità di adire la giustizia, anche perché l’azione del Fisco gode già di particolari tutele e privilegi, sia sostanziali che processuali. E fornisce anche, come possibile soluzione alternativa, la possibilità di prevedere un obbligo di ricorso amministrativo imponendo all’Amministrazione di esprimersi sull’attualità della pretesa (magari con un’ipotesi di silenzio-accoglimento).

Staremo a vedere, stante l’interesse e soprattutto la rilevanza della questione, cosa deciderà la Corte Costituzionale. 

 


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