La notifica di una cartella di pagamento effettuata utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello risultante dai pubblici registri ma dal quale sia peraltro chiaramente evincibile il mittente, non rende invalida la notificazione laddove questa abbia comunque consentito al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto della notifica stessa.
Questo il principio di diritto confermato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 6015 dello scorso 28 febbraio, ove è stata altresì ribadita la regula iuris per la quale, in caso di notifica a mezzo Pec, la copia informatica della cartella di pagamento in origine cartacea non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso.
La vicenda processuale
Una società impugnava l’intimazione di pagamento notificatale in relazione ad una serie di cartelle di pagamento. L’adita Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso limitatamente alle notifiche degli atti prodromici privi della firma digitale “p7m”.
In seconde cure, il collegio regionale ribaltava parzialmente il verdetto con sentenza (n. 22/01/21 del 21 gennaio 2021) che la parte privata impugnava in sede di legittimità.
Per quanto d’interesse, con un articolato motivo, la società istante denunciava violazione e/o falsa applicazione degli articoli 26, comma 2 (recante le regole sulla notificazione a mezzo Pec della cartella di pagamento), e 50, secondo comma, del Dpr n. 602/1973, nonché della disciplina recata dal Dlgs n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale): per un verso, invocando l’invalidità della notifica dell’intimazione impugnata in quanto eseguita dall’agente della riscossione utilizzando un indirizzo Pec non riconducibile a quello presente nei pubblici registri; sotto altro profilo, sostenendo la necessità di sottoscrizione digitale delle cartelle contestate, il cui difetto, a parere della contribuente, ne avrebbe determinato l’illegittimità.
La pronuncia della Corte
La Suprema corte ha disatteso in toto il motivo di gravame, richiamando quanto al primo profilo di censura la propria sentenza n. 15979/2022, resa a sezioni unite, ove è stato sancito il principio per il quale la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata istituzionale, ancorché non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia comunque consentito al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza e all’oggetto, e con l’ulteriore precisazione che una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali “è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente”.
Quanto alla seconda questione, prosegue l’odierno arresto riportandosi all’ordinanza n. 30948/2019, in caso di notifica a mezzo Pec, “la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso”.
Osservazioni
La pronuncia della Suprema corte interviene in un contesto interpretativo caratterizzato da un vivace dibattito, anche dottrinario, e che in tempi recenti ha visto spesso impegnati i collegi tributari di merito.
Con una certa frequenza, infatti, le Commissioni tributarie prima e successivamente le “ribattezzate” Corti di giustizia tributaria sono state chiamate a valutare l’eccezione, sollevata dalle parti private, circa l’asserita invalidità della notificazione telematica eseguita dall’agente della riscossione utilizzando un indirizzo di posta certificata non presente nei pubblici elenchi.
Seppure alcuni collegi abbiano concluso nel senso che una notifica siffatta deve ritenersi invalida (vedi Ctp Frosinone, n. 702/2/2021; Ctp Napoli, n. 3120/12/2022; Ctp Reggio Calabria n. 3369/3/2021; Ctp Bergamo, n. 26/2/2022), non sono mancate le pronunce che, viceversa, hanno assunto un orientamento del tutto opposto.
Tra queste ultime, si segnalano in particolare le sentenze del giudice tributario di secondo grado della Toscana nn. 583/2022, 918/2022 e 924/2022 (si veda in proposito il commento di Nicoletta Randazzo, “Notifica cartella via Pec valida, anche se da mittente non registrato”, in Fiscooggi del 30 novembre 2022), nonché la sentenza n. 12993/18/2022 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma (sulla quale si rinvia al commento di Martino Verrengia, “Pec assente nel registro Ipa? Non importa, se l’atto è impugnato”, in Fiscooggi del 3 gennaio 2023).
Per quanto concerne il Collegio di legittimità, l’ordinanza n. 982/2023 (con commento di Antonino Russo, “Pec non registrata ma chiara, valida la notifica del ruolo”, in Fiscooggi del 7 marzo 2023) ha fornito le prime indicazioni interpretative sull’argomento, ritenendo che, nel rispetto del principio generale che reputa irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione alla sfera giuridica del contribuente, non è invalida la notificazione elettronica quando dall’indirizzo dal quale la notifica è stata eseguita “era chiaramente evincibile il mittente pur se diverso da quello risultante dai pubblici registri”, perché una diversa conclusione “sarebbe…contraria rispetto ai principi di buona fede, correttezza e solidarietà di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e 2 Cost., tenendo conto che il contribuente non ha addotto alcun motivo in virtù del quale sarebbe stato leso in concreto il diritto di difesa”.
Una soluzione del genere, che privilegia un approccio sostanzialistico laddove il vizio denunciato non abbia leso in concreto il diritto di difesa dell’interessato, è coerente con le pronunce in cui il giudice apicale ha ritenuto che anche la possibilità di denuncia di vizi dell’attività del giudice fondati sulla pretesa violazione di norme processuali “non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione” (da ultimo, tra innumerevoli, Cassazione n. 5238/2023, n. 4576/2023, n. 2431/2023, n. 2130/2023): in parole povere, la possibilità di vantare un diritto al rispetto delle regole del processo è riconosciuta se e soltanto nella misura in cui la violazione di dette regole abbia comportato un concreto pregiudizio alla sfera giuridica dell’interessato.
Con più specifico riguardo alla materia della notificazione appare altresì utile ricordare che per consolidata giurisprudenza la disciplina generale della nullità è fondata sul principio di “strumentalità” delle forme, nel senso cioè che la nullità della notifica non discende di per sé dalla violazione della forma, ma piuttosto dalle conseguenze che il vizio di forma comporta sull’idoneità della notifica a raggiungere lo scopo cui è preordinata, mentre l’inesistenza della notificazione è configurabile, “oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità” (tra le più recenti, Cassazione n. 5366/2023, n. 3509/2023, n. 2325/2023, n. 896/2023).
Infine, per completezza, si segnala che, in un ulteriore recente arresto del giudice tributario di merito (sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio Emilia, n. 14/2023), si è giunti alla conclusione che non è viziata la notifica pec eseguita attraverso un indirizzo digitale non contenuto nei pubblici registri previsti dalla legge. (nel caso di specie, il mittente aveva utilizzato l’indirizzo “non censito” notifica.acc.emiliaromagna@pec.agenziariscossione.gov.it), osservandosi in proposito che “sarebbe stato sufficiente che il Ricorrente si fosse collegato al link ”Ipa Portale (indicepa.gov.it)” per verificare… inserendo nei “parametri di ricerca “ l’indirizzo pec richiamato, per verificare che lo stesso appartiene alla “Agenzia delle Entrate–Riscossione Direzione Regionale Emilia-Romagna…”.