Il tribunale di Perugia torna sul tema della liquidazione controllata senza beni o redditi
Pubblicato il 03/08/23 08:15 [Doc.12307]
di Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Tribunale di Perugia 31 luglio 2023  –  pres. Giardino

Segnalazione e massima dell’avv. Astorre Mancini del foro di Rimini, mancini@studiomanciniassociati.it

Liquidazione Controllata - Istanza del debitore - Assenza di beni e redditi - Apertura della procedura - Ammissibilità

E’ ammissibile l’apertura della liquidazione controllata (nella specie, ad istanza dello stesso debitore) in carenza di beni immobili, mobili o redditi. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)

 

Nota di Astorre Mancini

Trattasi della prima pronuncia, a quanto ci consta, che ritiene ammissibile l’apertura della procedura di liquidazione controllata ad istanza dello stesso debitore, in assenza di beni immobili, mobili o redditi rilevanti, da porre a disposizione dei creditori nel corso della procedura.

Il Tribunale di Perugia richiama espressamente il precedente di Tribunale di Milano 12 gennaio 2023, in questa Rivista, resa, però, in fattispecie in cui l’apertura della liquidazione controllata era stata richiesta non dal debitore stesso ma da un creditore istante, nella specie, una curatela fallimentare.

La fattispecie decisa dal tribunale umbro, in realtà, accerta non già una totale incapienza patrimoniale e reddituale del debitore ricorrente, ma “un attivo complessivo di poco superiore ad € 10.000,00, in pratica destinato in via quasi esclusiva al pagamento delle spese in prededuzione”.

La decisione si segnala per l’iter argomentativo svolto dal Tribunale, che recepisce pressoché integralmente le argomentazioni svolte da una prima dottrina favorevole all’apertura della procedura di liquidazione controllata senza beni[1].

Gli elementi fondanti a favore dell’ammissibilità, valorizzati dal giudice perugino, hanno il pregio di consentire una lettura coordinata e sistematica della liquidazione controllata rispetto alla procedura maggiore:

a) in primo luogo si è ritenuto che la legittimazione del creditore introdotta dall’art. 268, comma 2, CCII, non presente nella l. 3/2012, ha mutato sostanzialmente il quadro sistematico, attraendo la liquidazione del sovraindebitato alla procedura liquidatoria giudiziale, essendo evidente che - al pari della procedura maggiore – la liquidazione controllata possa essere aperta senza che il creditore sia tenuto ad indagare la consistenza patrimoniale del debitore, né tantomeno la sua possibilità di mettere a disposizione dei creditori quote di reddito attuali o future;

b) in secondo luogo la facoltatività, in capo al debitore attinto alla liquidazione controllata, dell’eccezione di incapienza qualificabile come eccezione in senso stretto, potendo essere sollevata ex art. 268, comma 3, CCII, solo su istanza del debitore e non d’ufficio, conferma che in assenza di eccezione (nelle istanze promosse dal creditore) il tribunale sia tenuto ad aprire la liquidazione anche senza attivo da distribuire, mentre la liquidazione del patrimonio ex l. 3/2012 non era considerata ammissibile senza alcuna prospettiva di realizzo; 

c) l’art. 271 CCII, rubricato ‘concorso di procedure’, assegna al sovraindebitato, a carico del quale il creditore chiede l’apertura della procedura liquidatoria, la facoltà di paralizzare l’istanza con la richiesta di concessione di un termine per accedere, in alternativa, ad una procedura negoziale di composizione della crisi da sovraindebitamento (ristrutturazione del consumatore o concordato minore), ma sempre ad iniziativa del debitore stesso, con la conseguenza che in carenza di detto esercizio l’apertura della liquidazione controllata, ancora una volta, avviene a prescindere dalla presenza di beni o redditi;

d) infine, osserva il tribunale nella decisione in commento, va segnalato che la procedura di liquidazione controllata si arresta laddove non vi sia la possibilità di pagare i creditori in alcun modo, in virtù del richiamo all’art. 233 CCII operato dall’art. 276 CCII: ciò conferma che la liquidazione a carico del sovraindebitato può essere aperta anche senza beni da liquidare e senza diritti da esercitare, salvo poi doversi procedere alla sua chiusura per il combinato disposto dei citati articoli, al pari di quanto avviene con la liquidazione giudiziale. E’ chiaro, dunque, che la totale carenza di attivo distribuibile ai creditori impedisce l’apertura della procedura solo a seguito dell’eccezione di incapienza, proponibile esclusivamente dal debitore, mentre la verifica di detta carenza dopo l’apertura non determina l’inammissibilità originaria della domanda o alcun annullamento della procedura, ma solo la sua chiusura, fermo, quindi, l’effetto esdebitatorio in favore del debitore conseguente al decorso del triennio dalla sua apertura (effetto, infatti, che nel nuovo scenario normativo prescinde dal minimo soddisfo dei creditori).

Pertanto, la pronuncia in commento si pone consapevolmente in contrasto con la giurisprudenza che ha, invece, valorizzato il principio di economicità (tra le prime, Tribunale di Rimini 22 aprile 2021, in questa Rivista), negando l’apertura della procedura liquidatoria in presenza di risorse appena sufficienti a coprire le prededuzioni, osservando che “siffatta impostazione estensiva si impone anche allorquando le somme ricavabili dalla liquidazione appaiano idonee solo alla rifusione delle spese in prededuzione (contra, Trib. Rimini 22.4.2021; Trib. Piacenza 20.6.2022; Trib. Palermo 30.9.2022, che hanno tutti sottolineato l’inutilita? di consentire l’apertura di una procedura senza attribuzioni ai creditori, e generativa di costi in prededuzione)”.

Così statuendo è palese il tentativo del tribunale umbro di allineare il principio di economicità tra le due procedure liquidatorie.

Invero, nella procedura maggiore esso opera nella fase successiva all’apertura, ed è presidiato dalle disposizioni che ne determinano una definizione anticipata: la mancanza di attivo nella liquidazione giudiziale non impedisce l’apertura ma provoca, al più, l’omissione della fase di verificazione dei crediti (art. 102 l. fall., ora art. 209 CCII) e la chiusura successiva della procedura (art. 118, c.1, n.4, l. fall., ora art. 233, c.1,lett. d) CCII). 

Analogamente, nella liquidazione controllata, tale principio deve poter operare nelle stesse modalità: per questo la nuova disposizione dell’art. 233  lett. d)  CCII (richiamato dall’art. 276 CCII) prevede la chiusura della procedura per mancanza di attivo, e non l’inammissibilità della domanda, sul presupposto dunque della sua preventiva apertura.

Del resto è proprio il Codice a specificare, nella disposizione richiamata, che la procedura si chiude laddove non siano disponibili risorse per pagare nemmeno in parte ‘le spese della procedura’: anche letteralmente, è evidente che il legislatore ha inteso ammettere l’apertura della procedura in totale assenza di beni, nel senso accolto dal tribunale perugino, salvo prevederne la chiusura anticipata nel caso in cui si appalesi antieconomica, fermi gli effetti che ne conseguono.

 


[1] F. CESARE, “La liquidazione controllata”, www.IlFallimentarista.it, 2022. Si veda anche, dello stesso Autore, “Primi orientamenti in tema di liquidazione controllata”, nella stessa Rivista, 2023. Per un’analisi degli elementi di carattere sistematico a sostegno della tesi dell’ammissibilità, sia consentito un rinvio al contributo di A. MANCINI, “Liquidazione controllata del sovraindebitato: è ammissibile in carenza di beni o redditi futuri ? (Note intorno a Tribunale di Milano 12 gennaio 2023)”, in questa Rivista, febbraio 2023.

 

 

 

 


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