Illeciti disciplinari dei magistrati - Le Sezioni Unite Civili hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 12 c. 5 d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109
Pubblicato il 20/09/23 09:11 [Doc.12403]
di Giurisprudenza Penale, Editore e Direttore Guido Stampanoni Bassi


nella parte in cui dispone che si applica la sanzione della rimozione al magistrato che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore a un anno - la cui esecuzione non sia stata sospesa, ai sensi degli artt. 163 e 164 c.p. o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’art. 168 c.p. - senza prevedere che sia comunque rimessa all’organo di governo autonomo la valutazione concreta della offensività della condotta al fine di una eventuale graduazione della misura sanzionatoria.

- I magistrati sono senz’altro tenuti - più di ogni altra categoria di funzionari pubblici - non solo a conformare oggettivamente la propria condotta ai più rigorosi standard di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio nell’esercizio delle funzioni, ma anche ad apparire indipendenti e imparziali agli occhi della collettività, evitando di esporsi a qualsiasi sospetto di perseguire interessi di parte nell’adempimento delle proprie funzioni, essendo la fiducia dei consociati nel sistema giudiziario valore essenziale per il funzionamento dello Stato di diritto. Questo, però, non può giustificare la sottrazione del sistema disciplinare sanzionatorio ai principi in materia di proporzionalità e graduazione in riferimento al caso concreto.

- Secondo le Sezioni Unite, il fatto che non sia comunque rimessa all’Organo di governo autonomo la valutazione concreta della offensività della condotta al fine di una eventuale graduazione della misura sanzionatoria comporta la devoluzione al giudice penale, attraverso la concreta determinazione della pena, delle conseguenze in termini disciplinari.

- È del tutto evidente l’eterogeneità delle situazioni di fatto che, in astratto, potrebbero rientrare nell’ambito della suddetta previsione (si pensi, tra le tante, all’ipotesi dell’aiuto al suicidio, al di fuori dei casi per i quali la lettura costituzionalmente orientata della norma consente, oggi, di escludere la stessa punibilità; si pensi ai reati di lesioni personali, di abbandono di minori o incapaci, di atti persecutori, di violazione di domicilio o di accesso abusivo ad un sistema informatico). A fronte di tale eterogeneità – comprensiva anche di condotte estranee ai profili dell’imparzialità e della terzietà dell’amministrazione della giustizia – non è rimessa alla sezione disciplinare alcuna possibilità di graduazione.

- Questo, evidentemente, non toglie che anche dopo la valutazione delle fattispecie concrete, la rimozione possa essere la sanzione appropriata: ma solo il giudice disciplinare può adeguare la sanzione alla gravità del fatto, solo la gravità degli effetti sul bene tutelato dalla norma può far ritenere integrato l’illecito disciplinare comportante la sanzione massima espulsiva.

 


© Riproduzione Riservata