Il secondo verbale di mediazione è soggetto all’imposta di registro anche se può essere considerato un tutt'uno con l’atto precedente ai fini del raggiungimento dell’accordo tra le parti e se la prima conciliazione non ha consentito la trascrizione dell'atto perché senza firma del pubblico ufficiale.
È quanto ha stabilito, in tema di accordi di mediazione e imposta di registro, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio Emilia, con la decisione n. 94 del 17 maggio 2023, con la quale ha accolto le tesi dell'Amministrazione finanziaria e respinto il ricorso di parte contribuente.
Secondo i magistrati romagnoli, infatti, l'agevolazione prevista sotto forma di esenzione dall'imposta di registro dall'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 28/2010, va circoscritta al primo verbale di conciliazione e non può essere estesa agli eventuali atti successivi.
Il caso
Una contribuente nominava quale proprio erede universale il reparto di pediatria di un ospedale di Reggio Emilia, in particolare, attribuiva alla struttura sanitaria la quota di tre quarti di sua spettanza di un immobile a uso abitativo ubicato nel Comune di Correggio.
L'unica figlia ed erede della signora metteva in atto un tentativo di mediazione nei confronti dell’ospedale deducendo la nullità del testamento, per vizio del consenso, incapacità manifesta della de cuius e, in subordine, per lesione della quota di legittima. Il procedimento stragiudiziale di mediazione si concludeva positivamente con apposito verbale con cui l’azienda ospedaliera rinunciava all'eredità mentre l’erede della signora si impegnava a donare, come poi effettivamente faceva, una cospicua somma di denaro a titolo di liberalità a favore dell’ospedale stesso. A ciò seguiva la redazione da parte di notaio di un “Atto pubblico di rinuncia ad eredità e donazione in esecuzione accordi di mediazione”.
Successivamente veniva, però, a mancare anche l’erede della de cuius e a questa succedeva l’unica figlia. Si instaurava, così, un nuovo procedimento di mediazione al fine di concludere il procedimento già avviato che si concludeva positivamente, con la redazione di un altro e distinto accordo con cui l’azienda ospedaliera cedeva tutti i diritti a essa pervenuti in forza del testamento e, in particolare, la quota di comproprietà per 3/4 dell'immobile citato, dietro pagamento della somma forfettariamente convenuta a titolo di liberalità nel primo accordo conciliativo, pari a 40mila euro.
Veniva, dunque, redatto un nuovo atto relativo al secondo accordo, per il quale le parti chiedevano la registrazione in esenzione dal pagamento dell’imposta ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 28/2010.
La norma ora citata prevede, rispettivamente, ai commi 1 e 2, che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura e che il verbale contenente l'accordo di conciliazione è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di centomila euro, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente.
La posizione dell’amministrazione ed il ricorso in giudizio
L’Agenzia delle entrate non ha ritenuto corretto il ragionamento della contribuente e, di conseguenza, ha emesso l’atto impositivo per il pagamento della relativa imposta di registro.
A giudizio dell’ufficio, infatti, il secondo verbale di mediazione non usufruiva dell’esenzione considerato che l'accordo era già stato raggiunto con il primo verbale.
La contribuente proponeva ricorso dinanzi la competente Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio Emilia chiedendo l’annullamento dell’atto impositivo sul presupposto che il secondo verbale di mediazione altro non era che il completamento del primo. Quest’ultimo, faceva presente tra l’altro la ricorrente, non era stato trascritto motivo per cui i due atti dovevano intendersi come un unicum giuridico, con conseguente diritto all'esenzione dall’imposta di registro.
Difendendosi in giudizio, l’Agenzia ha ribadito come già col primo verbale era stato raggiunto l'accordo tra le parti e come, quindi, il secondo verbale non aveva diritto ad usufruire della norma agevolativa. La circostanza, poi, della manata trascrizione del primo atto non aveva alcuna valenza ai fini fiscali in quanto l'unico dato dirimente andava rinvenuto nella circostanza che l'accesso all'esenzione da imposta in relazione alla composizione della controversia riguardante la devoluzione ereditaria dell'immobile in questione era già stata effettuata in seguito alla registrazione del primo atto pubblico.
La decisione dei giudici tributari di merito.
Chiamati a pronunciarsi definitivamente nel merito della questione, i giudici tributari di Reggio Emilia hanno dato ragione all’Amministrazione finanziaria, respingendo il ricorso della contribuente.
I magistrati emiliani hanno, innanzitutto, ricordato come la mediazione può essere definita, ai sensi dell’articolo 1 del Dlgs n. 48/2010, come l’attività, comunque denominata (ovvero mediazione, conciliazione, accordo stragiudiziale, composizione amichevole della lite, eccetera), svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione della controversia sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. La mediazione è, dunque, un procedimento stragiudiziale, oggi obbligatorio in materia civile, per alcune specifiche tipologie di controversie, di risoluzione delle liti. Si tratta di un cosiddetto Adr (ovvero uno strumento di Alternative dispute resolution) nato proprio per alleggerire il carico dei tribunali.
Tanto precisato, i giudici tributari di merito hanno chiarito come le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del sopracitato articolo 17 del Dlgs n. 28/2010, siano da interpretare nel senso che l’agevolazione prevista dell’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro vada circoscritta al primo verbale in cui le parti hanno effettivamente concordato su di una soluzione di compromesso, scongiurante l’instaurazione di un processo civile.
Nel caso specifico deve essere esente dall’imposta di registro, come affermato dall’ufficio, solo il primo verbale con il quale è stato trovato l’accordo con cui l’azienda ospedaliera, in cambio di una donazione a titolo di liberalità, ha rinunciato ai diritti ereditari a lei spettanti. Non possono, invece, esserlo i successivi atti che sono stati redatti solo a causa di determinati eventi come la morte dell’erede della de cuius, ma che altro non fanno che confermare un accordo transattivo già raggiunto con il primo verbale di mediazione, che ha usufruito, in sede di registrazione, dell’esonero dal pagamento dell’imposta di registro.
Infine, i giudici di Reggio Emilia hanno concordato con le tesi dell’Amministrazione finanziaria per cui la circostanza che del primo atto non sia stata eseguita la trascrizione, per carenza di sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale, non incida ai fini fiscali, essendo rilevante esclusivamente il fatto che il beneficio era già stato già concesso in relazione alla registrazione del primo atto, che aveva portato alla composizione della controversia.