Una pena minima di cinque anni di reclusione in caso di contraffazione di un marchio può risultare sproporzionata
Pubblicato il 21/10/23 00:00 [Doc.12522]
di Corte di giustizia dell'Unione europea - UE


Sentenza della Corte nella causa C-655/21 | G. ST. T. (Proporzionalità della pena in caso di contraffazione)

Un procedimento penale per contraffazione di marchi è stato avviato in Bulgaria contro il proprietario di un’impresa di vendita di capi di abbigliamento. Le autorità bulgare hanno effettuato un controllo in un locale commerciale locato dall’impresa e constatato che i segni apposti sui prodotti erano simili a marchi già registrati. Il commerciante è stato chiamato a rispondere dinanzi al giudice bulgaro competente per uso dei marchi senza il consenso dei loro titolari. La normativa bulgara prevede disposizioni che definiscono la stessa condotta tanto come reato quanto come illecito amministrativo. Tale giudice chiede alla Corte di giustizia chiarimenti sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa bulgara che reprime la contraffazione di marchi, in considerazione della severità delle sanzioni previste e del fatto che la mancanza di criteri chiari e precisi di qualificazione come reato o come illecito amministrativo conduce a prassi contraddittorie e a una disparità di trattamento tra persone che hanno commesso praticamente gli stessi atti. In primo luogo, la Corte ricorda che la contraffazione di un marchio può essere qualificata dal diritto nazionale tanto come illecito amministrativo quanto come reato. A tal riguardo, essa sottolinea che, secondo il principio di legalità dei reati e delle pene, le disposizioni penali devono essere accessibili, prevedibili e chiare con riferimento alla definizione del reato e alla determinazione della pena. In tal senso, ogni cittadino deve capire quale condotta comporti la sua responsabilità penale. La circostanza che la contraffazione di marchi possa dar luogo, in Bulgaria, anche a sanzioni amministrative, non implica una violazione di tale principio. In secondo luogo, la Corte considera che una disposizione nazionale la quale, in caso di contraffazione di un marchio ripetuta o con effetti gravemente dannosi, prevede una pena minima di cinque anni di reclusione è contraria al diritto dell’Unione. La Corte precisa che, anche se la direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale 1 non si applica in materia penale, ai sensi dell’accordo ADPIC/TRIPS 2 , che vincola sia l’Unione sia i suoi Stati membri, questi ultimi possono imporre una pena detentiva per alcuni atti di contraffazione di marchi. Certamente, in assenza di misure legislative a livello europeo, gli Stati membri restano competenti a determinare la natura e l’entità delle sanzioni applicabili. Tuttavia, tali misure repressive devono essere proporzionate. Orbene, la previsione di una pena minima di cinque anni di reclusione per tutti i casi di uso non consentito di un marchio nel commercio non soddisfa tale imperativo. Una normativa siffatta non tiene conto, infatti, delle eventuali specificità delle circostanze in cui tali reati sono commessi.


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