Depositata la sentenza della Cassazione nel caso Cospito: lo sciopero della fame non giustifica il differimento della pena per motivi di salute
Pubblicato il 16/12/23 00:00 [Doc.12739]
di Giurisprudenza Penale, Editore e Direttore Guido Stampanoni Bassi


Il detenuto - sottoposto al regime del 41-bis e al momento ricoverato presso il reparto di Medicina Penitenziaria di un Ospedale - ha ricominciato a effettuare uno sciopero della fame completo assumendo esclusivamente sale, acqua e zucchero. Come chiarito dallo stesso Cospito, tale forma di protesta è motivata dalla natura stessa del regime detentivo cui è sottoposto, trattandosi di un istituto che egli ritiene inaccettabile e contrario ai principi costituzionali, nonché disumano sotto il profilo del trattamento e fortemente repressivo dei diritti dei detenuti.

La giurisprudenza è consolidata nel ritenere la ininfluenza delle precarie condizioni di salute che siano "autoprodotte" dal detenuto ai fini del differimento della pena o della concessione di misure alternative alla detenzione.

Corretta è, dunque, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano, laddove ha ritenuto che la attuale condizione clinica del condannato sia, in concreto, la inevitabile conseguenza della sua precisa scelta di non alimentarsi e che tale opzione sia - in modo radicale - ostativa alla positiva valutazione dell'istanza.

Si tratta, inoltre, di un soggetto che viene costantemente informato dai sanitari in ordine agli elevati rischi per la propria salute, connessi alla prosecuzione dell'attuale regime di alimentazione; infine, gli stessi sanitari gli propongono - con cadenza quotidiana - un protocollo di nuova alimentazione atto a riprendere una alimentazione normale dopo il prolungato digiuno, ottenendo sempre, però, un ostinato rifiuto da parte del ricorrente.


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