Etichettatura energetica degli aspirapolvere: la Corte respinge definitivamente il ricorso per risarcimento danni della Dyson
Pubblicato il 20/01/24 00:00 [Doc.12836]
di Corte di giustizia dell'Unione europea - UE


Optando per un metodo di prova che utilizza un contenitore vuoto, la Commissione non è incorsa in una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione che faccia sorgere un diritto al risarcimento Nel 2013 la Commissione ha adottato un regolamento delegato1 , con il quale ha introdotto un metodo di prova per misurare il rendimento energetico degli aspirapolvere con contenitore vuoto anziché pieno. La Dyson reputava che i suoi aspirapolvere «ciclonici» fossero svantaggiati da tale metodo di prova rispetto agli aspirapolvere con sacchetto le cui prestazioni diminuirebbero man mano che il sacchetto si riempie. Ha pertanto proficuamente contestato tale regolamento: con sentenza del 20182 , il Tribunale lo ha annullato con la motivazione che la prova con contenitore vuoto non rispecchiava condizioni il più possibile vicine alle condizioni effettive di utilizzo, come imponeva la direttiva relativa all’etichettatura energetica3 . La Dyson ha poi proposto un ricorso per risarcimento danni, reclamando un risarcimento per il presunto danno subito pari a EUR 176,1 milioni. Con una sentenza del 20214 , il Tribunale ha respinto tale ricorso. A suo giudizio, la violazione della direttiva nella quale era incorsa la Commissione non era sufficientemente qualificata per fa sorgere un diritto al risarcimento. La Dyson ha quindi impugnato tale sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di giustizia. La Corte respinge tutti gli argomenti dedotti dalla Dyson e conferma quindi la sentenza del Tribunale. Di conseguenza, il ricorso per risarcimento danni della Dyson è respinto definitivamente. Infatti, la Corte conferma che la Commissione non è incorsa in una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, condizione indispensabile per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Essa sottolinea, in particolare, che il fatto che una norma giuridica, come nel caso di specie la disposizione pertinente della direttiva, non lasci alcun margine di discrezionalità all'autorità dell'Unione interessata (ossia la Commissione) non comporta necessariamente che la sua violazione sia automaticamente sufficientemente qualificata. Infatti, l'inosservanza della norma può non apparire manifesta e quindi sufficientemente qualificata, in particolare se deriva da un errore di diritto scusabile tenuto conto delle difficoltà d'interpretazione della norma e della complessità tecnica dei problemi da risolvere. Secondo la Corte, il Tribunale ha giustamente rilevato che la Commissione si era trovata di fronte a difficoltà e complessità di tal genere. IMPORTANTE: Avverso le sentenze o ordinanze del Tribunale può essere presentata impugnazione alla Corte di giustizia, limitatamente alle questioni di diritto. In linea di principio, l’impugnazione non ha effetti sospensivi. Se essa è ricevibile e fondata, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Nel caso in cui la causa sia matura per essere decisa, la Corte stessa può pronunciarsi definitivamente sulla controversia; in caso contrario, rinvia la causa al Direzione della Comunicazione Unità Stampa e informazione curia.europa.eu Restate in contatto! Tribunale, vincolato dalla decisione emanata dalla Corte in sede di impugnazione.


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