“Poiché l’atto in parola non costituisce, né trasferisce, né modifica un diritto reale immobiliare, lo stesso non può essere trascritto, in quanto non rientrante nel novero degli atti trascrivibili di cui agli artt. 2643 e 2645 c.c.”. Questo è il concetto chiarito nel decreto del 24 novembre 2023 del Tribunale di Savona, che ha giudicato corretto il rifiuto operato dal Conservatore dei Registri immobiliari nei confronti di un atto ritenuto meramente ricognitivo.
La questione è stata affrontata dai giudici, sulla base della lettura del combinato disposto degli articoli 2643 e 2645 cc, che disciplinano le fattispecie suscettibili di trascrizione, ricollegandosi poi, alla giurisprudenza di legittimità sulla natura dell’atto di mero accertamento, e richiamando la sentenza di Cassazione n. 24848/2015: “il negozio di accertamento, che può avere anche struttura semplicemente unilaterale, attesa la possibilità per un soggetto di vincolarsi con una dichiarazione unilaterale a considerare per il futuro in un determinato modo una situazione precedentemente incerta, è caratterizzato, quanto alla causa, dallo scopo di imprimere certezza giuridica ad un preesistente rapporto o di precisarne definitivamente il contenuto e l'essenza quanto agli effetti; esso non determina ex se il trasferimento di beni e di diritti da un soggetto all'altro, né costituisce fonte autonoma degli effetti giuridici da esso previsti, in quanto rende soltanto definitiva la situazione connessa con il rapporto preesistente, la quale sia, di per sé, idonea al conseguimento degli effetti definitivamente fissati dal negozio accertativo. La funzione di accertamento propria del negozio così qualificato, e la sua efficacia retroattiva, sono incompatibili con l'effetto traslativo della proprietà (Cass. nn. 3421/68, 969/67, 1024162, 2164/58, 4172/57 e 1229/50)”.
Ciò premesso ne deriva, seguendo il ragionamento del Tribunale di Savona, che “osta alla trascrizione del negozio di mero accertamento il principio della tassatività della trascrizione stessa: a tal proposito, se è vero che il suddetto principio è stato oggetto di recenti ripensamenti e riletture critiche, è pur vero che anche i fautori del superamento di tale tradizionale principio non arrivano a ritenere trascrivibile ogni e qualsiasi atto, ma solamente quelli che spieghino i medesimi effetti degli atti espressamente individuati dalla legge, o anche, secondo l’orientamento più estensivo, quelli che spieghino effetti ad essi assimilabili, seppur non identici. Pertanto, anche a voler aderire all’orientamento più estensivo, deve comunque concludersi per la non trascrivibilità del negozio di mero accertamento, che sicuramente non ha scopi analoghi agli atti di costituzione, modificazione o trasferimento di diritti reali immobiliari”.
Il caso
Il ricorrente, premettendo di aver precedentemente istituito un trust con separato documento, non trascritto, aveva rilevato di aver quindi redatto atto pubblico notarile denominato “atto identificativo di immobili devoluti in Trust”, ove, quale disponente, aveva identificato il patrimonio immobiliare dell’ente. Tuttavia, dopo averne richiesto la trascrizione, aveva ricevuto il diniego da parte della Conservatoria dei Registri immobiliari di Savona. Il rifiuto si basava su plurime argomentazioni, molte delle quali basate sulle caratteristiche dell’asserito trust, ma la principale e assorbente era l’impossibilità di trascrivere un atto identificativo, in quanto “tale atto non realizza alcuna pubblicità immobiliare degna di tutela civilistica ai sensi degli artt. 2643 c.c. e seguenti”.
Infatti, emergeva che l’atto in questione avesse natura ricognitiva, di mero accertamento, non essendovi espressa alcuna volontà di costituire, modificare o trasferire diritti reali immobiliari: scopo dell’atto in parola risultava essere, dunque, la mera identificazione dei beni asseritamente già devoluti nel trust, come si evinceva chiaramente sia dal tenore letterale dell’atto, sia dalla sua denominazione (“Atto identificativo di immobili devoluti in Trust”).
La non trascrivibilità dei negozi di accertamento e degli atti meramente ricognitivi
Il sistema della pubblicità immobiliare è improntato al principio di tipicità degli atti trascrivibili, tendenzialmente coincidenti con quelli che costituiscono, modificano, trasferiscono diritti reali, per come disciplinato dagli articoli 2463, 2465 e 2466 cc. Il negozio di accertamento non è previsto dal codice civile; dottrina e giurisprudenza hanno, tuttavia, esaminato tale figura emersa nella prassi, soprattutto per distinguerlo dalla transazione. Si è, dunque, chiarito che ricorre il negozio di accertamento, quando le parti si accordano per determinare definitivamente tra di loro l’esistenza, il contenuto o i limiti di una data situazione. Autorevole dottrina non ritiene ammissibile nel nostro ordinamento un mero negozio di accertamento, ossia un potere ricognitivo dei privati senza disporre o modificare il rapporto in essere. Nella stessa nozione di contratto (ex articolo 1321 cc), infatti, è previsto che le parti possano solo costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici ma non meramente accertare situazioni di fatto, che non avrebbero, quindi, natura negoziale e il cui relativo potere di accertamento spetterebbe esclusivamente al giudice. Anche a voler ammettere, poi, la configurabilità di un negozio di accertamento di diritti reali, con funzione “ricognitiva” (dunque) di diritti preesistenti, si deve escludere la sua trascrivibilità in quanto la funzione del negozio di accertamento non è quella di costituire o modificare una situazione giuridica, ma di accertare un rapporto preesistente.
Con la sua decisione, il Tribunale di Savona si è quindi posto nel solco di dottrina e giurisprudenza, estendendo tale principio di diritto anche all’universo giuridico dei trust. Una pronuncia non scontata e significativa perché la proposta nota di identificazione di beni si andrebbe, scorrettamente, a porre in alternativa alla consolidata modalità di trascrizione di atto costitutivo e vincolo segregativo.
La corretta trascrizione del trust secondo giurisprudenza e prassi
La corretta modalità di trascrizione del trust, a oggi, secondo la prassi e la giurisprudenza prevalente, parte dall’assunto che il predetto negozio fiduciario non ha autonoma personalità giuridica e, quindi, non può comparire in nota. In sua vece, agisce e compare il trustee. Altro elemento qualificante è il doppio adempimento cui si deve dare pubblicità: la costituzione del trust e la segregazione dei beni. Con tale doppia nota si rende giuridicamente evidente il trasferimento della gestione dei beni dal disponente al trustee e quindi il vincolo esistente sugli stessi.
Nella prassi, pertanto, si agisce così: nella costituzione del trust la trascrizione deve essere eseguita a favore del trustee e contro il disponente. Per consentire la corretta pubblicità della segregazione dei beni costituiti in trust, occorre anche una nota di costituzione di vincolo di trust, contro il trustee.
Su tale aspetto, per quanto riguarda il versante giurisprudenziale, non si può non citare, inoltre, il decreto del Tribunale di Modena del 18 maggio 2022, che ha specificato come l’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata in Italia dalla legge n. 374/1989, definisca il trust come un complesso di “rapporti giuridici istituiti, con atto tra vivi o per causa di morte, di una persona - Disponente - che pone determinati beni sotto il controllo di altra - Trustee - nell’interesse di un Beneficiario o per uno specifico scopo” e che, dunque, il trust non abbia né personalità né soggettività giuridica. Pertanto, la citata autorità giudiziale, come già sostenuto dalla Corte di appello di Trieste con provvedimento del 30 luglio 2014 (cui sono seguite altre ordinanze dei giudici di merito: tra le più note Tribunale di Aosta 27 febbraio 2018, Tribunale di Foggia 12 febbraio 2015 e Tribunale di Imperia 3 febbraio 2017) ha ritenuto che la pubblicità dell’atto di devoluzione di immobili in trust si attui mediante trascrizione in favore del trustee, con la contestuale pubblicità del vincolo.