L'opera d'arte nell'era della sua producibilità tecnica - Che fine faranno i libri con l'intelligenza artificiale?
Pubblicato il 09/02/24 23:00 [Doc.12924]
di Giovanni Zagni, direttore dei progetti di fact-checking PagellaPolitica e Facta.


Nell’interessante saggio sull’intelligenza artificiale La scorciatoia (Il Mulino, 2023, 216 pp.), l’autore Nello Cristianini, che insegna all’università di Bath, fa due osservazioni che mi sono rimaste impresse e che spero di non tradire troppo nel mio riassunto da non specialista. La prima, in apparenza banale, è che l’intelligenza ha forme molto diverse. Un polpo o un delfino o un elefante sono animali straordinariamente intelligenti, ma che avrebbero qualche problema a superare – anzi proprio a partecipare – al famoso test di Turing. Eppure quegli animali comunicano e almeno nel caso dei cetacei (anche se sul tema c’è un po’ di dibattito tra gli specialisti) possiedono perfino qualcosa che sembra proprio una cultura, cioè informazioni non innate che si tramandano da una generazione all’altra. L’intelligenza del polpo mi è tornata in mente leggendo questo articolo di Antonio Russo uscito un paio di giorni fa sul Post, dedicato alle varie ipotesi sulle altre forme di vita possibili nell’universo e alle spiegazioni date dagli scienziati all’evidente mancanza di indizi emersi finora sulla loro esistenza (su questo punto devo dire di aver incontrato gente fermamente convinta del contrario, ma questa è un’altra storia). A margine dell’articolo aggiungo l’alta probabilità, che nel pur ottimo pezzo rimane sullo sfondo, che forme di vita intelligenti siano più simili ai cefalopodi o ai corvi in termini di comunicazione e influenza sull’ambiente circostante. Se mai incontrassimo un’altra forma di vita intelligente, potrebbe esserlo in modi a noi di fatto inaccessibili.

Il secondo grande insegnamento che mi ha lasciato il libro di Cristianini è che i software che abbiamo costruito e che oggi chiamiamo “intelligenze artificiali” funzionano in modi per noi incomprensibili. Esistono infatti due modi di insegnare a un software a gestire situazioni inedite in modo da ottenere un esito utile, cioè a comportarsi in modo intelligente. Il primo è fornire una lista di comandi ben definiti, cioè fornire il più alto numero possibile di “istruzioni per l’uso”: che un tavolo è una superficie per appoggiare qualcosa, che un oggetto pesante a grande velocità può causare un danno a un essere vivente, che la gravità attira i corpi verso il basso e così via. È naturale che questa strada richieda uno sforzo enorme, in termini di tempo e di lavoro umano, per individuare e trasmettere una quantità di norme che arriva rapidamente all’ordine di grandezza dei milioni.

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