Il lavoratore assunto a tempo determinato deve essere informato dei motivi di recesso con preavviso dal suo contratto di lavoro se tale informazione è prevista per un lavoratore a tempo indeterminato
Pubblicato il 26/02/24 00:00 [Doc.13004]
di Corte di giustizia dell'Unione europea - UE


Sentenza della Corte nella causa C-715/20 | X (Assenza di motivi di recesso)

Una normativa nazionale che prevede la comunicazione di tali motivi ai soli lavoratori a tempo indeterminato lede il diritto fondamentale a un ricorso effettivo del lavoratore a tempo determinato Il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che consente al datore di lavoro di non motivare il recesso con preavviso da un contratto di lavoro a tempo determinato mentre vi è obbligato quando recede da un contratto di lavoro a tempo indeterminato. In un’ipotesi del genere, il lavoratore assunto a tempo determinato è privato di un’informazione importante per valutare l’eventuale carattere ingiustificato del suo licenziamento e, eventualmente, per agire in giudizio. Poiché tale differenza di trattamento lede il diritto fondamentale a un ricorso effettivo, il giudice nazionale investito di una controversia tra privati è tenuto a disapplicare, per quanto necessario, la normativa nazionale qualora non gli sia possibile interpretarla in modo conforme. Un giudice polacco è stato investito di una controversia tra un lavoratore, assunto in forza di un contratto di lavoro a tempo determinato, e il suo ex datore di lavoro. Conformemente alla normativa nazionale, quest’ultimo ha risolto il contratto con preavviso senza indicare i motivi della sua decisione. Deducendo l’illiceità del suo licenziamento, il lavoratore ritiene che la mancanza di una tale indicazione violi il principio di non discriminazione sancito dal diritto dell’Unione nonché dal diritto polacco. Egli sostiene che nella normativa polacca esiste invece un obbligo di comunicare i motivi per quanto riguarda il recesso da contratti di lavoro a tempo indeterminato. Il giudice polacco chiede alla Corte di giustizia se tale differenza di requisiti in materia di recesso, a seconda del tipo di contratto di lavoro in questione, sia compatibile con l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato 1 . Esso chiede inoltre se tale accordo possa essere invocato in una controversia tra privati. Nella sentenza odierna, la Corte ricorda che l’accordo quadro mira a migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione. Qualora non riceva informazioni circa i motivi di recesso dal contratto, il lavoratore a tempo determinato è privato di un’informazione importante per valutare l’eventuale carattere ingiustificato del suo licenziamento. Esso non dispone quindi, a monte, di un’informazione che può essere determinante ai fini della scelta di avviare o meno un’azione giudiziaria. Pertanto, la normativa polacca in questione istituisce una differenza di trattamento a danno dei lavoratori impiegati a tempo determinato. Tuttavia, spetterà al giudice nazionale verificare che il lavoratore a tempo determinato si trovi, nel caso di specie, in una situazione comparabile a quella di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dallo stesso datore di lavoro. Inoltre, la Corte considera che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro non giustifica il trattamento meno favorevole dei lavoratori a tempo determinato. La comunicazione dei motivi di licenziamento non inciderebbe sulla flessibilità inerente a tale forma di contratto di lavoro. Direzione della Comunicazione Unità Stampa e informazione curia.europa.eu Restate in contatto! Benché obbligato a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, il giudice nazionale non sarebbe tenuto, nel caso di specie, a disapplicare la disposizione nazionale per il solo fatto che essa è contraria all’accordo quadro. Allegato a una direttiva, quest’ultimo non è infatti invocabile in una controversia tra privati. Tuttavia, la differenza di trattamento in questione lede altresì il diritto a un ricorso effettivo, quale garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare, per quanto necessario, la normativa nazionale di cui trattasi al fine di garantire la piena efficacia di tale diritto qualora non gli sia possibile interpretare il diritto nazionale applicabile in modo conforme.


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