L’atto di divisione con oggetto azioni, quote sociali o titoli similari, sconta l’imposta di registro con l’aliquota dell’1% ai sensi dell’articolo 3 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico sull’imposta di registro, Dpr n. 131/1986.
A tale ipotesi non è, pertanto, applicabile l’imposta di registro in misura fissa, prevista dall’articolo 11 della stessa tariffa, in relazione agli atti pubblici e alle scritture private autenticate aventi per oggetto “…la negoziazione di quote di partecipazione in società o enti…”.
Questo principio è stato confermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 2630 del 29 gennaio 2024.
La vicenda giudiziaria ha riguardato un atto notarile relativo a una divisione ereditaria, con la quale alcuni soggetti avevano distribuito un pacchetto di azioni societarie.
In sede di registrazione telematica dell’atto, il notaio ha versato l’imposta di registro in misura fissa sulla base del citato articolo 11 della Tariffa sopra indicata.
A seguito del controllo della tassazione l’ufficio ha emesso un avviso di liquidazione richiamando l’articolo 3 della stessa Tariffa, che prevede l’applicazione dell’imposta di registro, con l’aliquota dell’1% in relazione agli “Atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura, salvo il successivo art. 7”.
Il notaio ha impugnato l’avviso di liquidazione, ritenendo che l’operato dell’ufficio fosse contrastante con l’articolo 5 della direttiva 2008/7/Ce del 12 febbraio 2008. Quest’ultima norma prevede che gli stati membri non assoggettano ad imposizione indiretta “…la negoziazione di azioni, di quote sociali o titoli della stessa natura….”
Secondo il notaio il termine “negoziazione”, utilizzato sia dalla norma europea che dall’articolo 11 della tariffa allegata al Tur, deve essere inteso come riferito a qualsiasi negozio giuridico che determina la circolazione dei titoli societari e, pertanto, anche gli atti di divisione devono essere considerati come atti che implicano la negoziazione dei titoli societari.
Il notaio, inoltre, sosteneva che fosse contraddittorio prevedere:
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l’imposta di registro in misura fissa (articolo 11 Tariffa parte prima allegata al Dpr n. 131/1986) per gli atti aventi per oggetto il trasferimento di quote o azioni sociali
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l’imposta di registro in misura proporzionale (articolo 3 medesima Tariffa) per gli atti relativi alla semplice divisione degli stessi beni.
Ciò in quanto il legislatore, in generale, per le divisioni ha adottato un regime tributario meno oneroso rispetto agli atti che producono effetti traslativi.
Le osservazioni del professionista non sono state ritenute meritevoli di accoglimento, sia dalla Ctp di Milano (sentenza n. 9231/2015) che dalla Ctr della Lombardia (sentenza n. 987/2017).
Al riguardo, occorre precisare che, secondo l’orientamento espresso, non solo dall’Amministrazione finanziaria (ad esempio, circolari n. 18/2013 e n. 2/2014) ma anche dalla Corte di cassazione (ad esempio, pronunce n. 20645/2005, n. 14398/2010, n. 6942/2013, n. 7604/2018 e n. 27692/2020), la divisione senza conguagli ha effetti meramente dichiarativi in quanto mediante tale negozio i condividenti si limitano a trasformare l’oggetto del diritto di ciascuno, da diritto su una quota ideale a diritto su un bene determinato, senza che derivino effetti traslativi.
Appurata la natura dichiarativa della divisione, ne deriva la necessaria applicazione del citato articolo 3 della tariffa, con conseguente imposizione in misura proporzionale (1%).
Lo stesso articolo 3 prevede espressamente che l’imposta dell’1% si applica agli atti dichiarativi relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura. Pertanto, l’aliquota dell’1% si applica, salvo quanto di seguito precisato, a prescindere dalla natura dei beni oggetto della divisione.
Tale disposizione prevede una sola eccezione, con riferimento alle divisioni aventi ad oggetto imbarcazioni. In questo caso l’imposta sarà applicata secondo le prescrizioni dell’articolo 7 della Tariffa.
Anche i giudizi della Corte di cassazione, con la pronuncia in esame, hanno ritenuto inapplicabile agli atti di divisione, l’articolo 11 della tariffa, in quanto tale norma disciplina la “negoziazione” di quote sociali e, quindi, è applicabile solo agli atti che implicano un trasferimento di tali beni.
La Corte ha anche negato che l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale alle divisioni di azioni determinasse un contrasto con la citata direttiva dell’Unione europea. Ciò in quanto tale Direttiva vieta l’imposizione indiretta agli atti di “negoziazione” di partecipazioni sociali.
Considerato che, come si è detto, la divisione ha natura meramente dichiarativa, tale negozio non è riconducibile alla categoria degli atti di negoziazione.
Sulla base di ciò i giudici, legittimando l’operato dell’ufficio, hanno espresso il seguente principio di diritto: “In tema di imposta, la divisione della comunione avente ad oggetto azioni, quote sociali o titoli della stessa natura non integra una negoziazione agli effetti dell’art. 5, comma 2, lett. a, della direttiva 2008/7/CE, che ne esclude l’imposizione indiretta, sotto qualsiasi forma, da parte degli Stati membri, laddove ai condividenti siano attribuite azioni, quote o titoli corrispondenti alla sua quota e conseguentemente non si verifichi alcun effetto traslativo”.
Nello stesso senso il Collegio di piazza Cavour si era espresso con la sentenza n. 14398 del 15 giugno 2010.