La controversia in esame trae la sua genesi da un’istanza presentata da una società presso l’Agenzia delle entrate di Udine, volta a ottenere il rimborso dell’Irap, secondo la contribuente, indebitamente corrisposta sulle componenti positive straordinarie derivanti dal trasferimento del diritto a contrarre con giocatori, per gli esercizi dall’1° luglio 2005 al 30 giugno 2008.
Formatosi il silenzio-rifiuto da parte dell'Amministrazione finanziaria, la società proponeva ricorso alla Ctp di Udine, la quale lo rigettava condannando la stessa società alla rifusione delle spese di lite.
Proposto gravame dall’interessata, la Ctr del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello.
Avverso tale ultima sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi: “Violazione degli artt. 1322 e 1362 c.c. nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 1406 c.c. e conseguentemente degli artt. 4, 5 e 11 del D.Lgs. n. 446/1997 deducendo che, nel caso di trasferimento di calciatori, non si realizza una cessione di contratto, in quanto l'oggetto del trasferimento riguarda il diritto (che la società cessionaria riceve) ad ottenere dalla società cedente la risoluzione del precedente contratto (stipulato con il calciatore) ed il conseguente diritto della società acquirente a stipulare un nuovo contratto con l'atleta. Conseguentemente, ad avviso della ricorrente, non sussistendo un'ipotesi di trasferimento di un bene (costituito dal giocatore o, meglio, dal diritto alla prestazione sportiva dello stesso), non potrebbe mai generarsi la plusvalenza rilevante ai fini della determinazione imponibile ai fini IRAP, trattandosi, peraltro, di un provento straordinario - Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 1, 5, comma 1 e 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997 (nel testo vigente ratione temporis) nonché dell'art. 2425 c.c. sostenendo che la C.T.R. avrebbe erroneamente qualificato come imponibili ai fini IRAP i proventi positivi, derivanti dalle negoziazioni di calciatori, benché gli stessi (non solo per la loro natura "straordinaria", ma anche in quanto non dipendenti da trasferimento di beni, e comunque non connessi a beni qualificabili come strumentali) non potessero essere ricondotti nell'ambito della norma impositiva”.
Ha resistito con controricorso l'Agenzia delle entrate.
I giudici di piazza Cavour, con sentenza n. 5068 dello scorso 26 febbraio 2024, esaminando congiuntamente i due motivi di doglianza li hanno rigettati in quanto infondati.
In linea generale, Il Collegio di legittimità ha evidenziato che con la legge n. 91/1981, è stato abolito il “vincolo sportivo”, che si configurava, per la società di calcio, quale diritto esclusivo all'utilizzo dell'atleta, alienabile a terzi, distinto e separato rispetto al rapporto di lavoro formalizzato con l'ingaggio.
Il vincolo sportivo rappresentava, quindi, il bene ceduto in occasione del trasferimento di un giocatore da una società ad un'altra e, quindi, era considerato bene strumentale autonomo ai fini tributari.
Con l'emanazione della legge n. 586/1996, che ha recepito in Italia gli effetti della famosa sentenza Bosman (Corte di Giustizia Ue, sentenza 15 ottobre 1995, causa C-415/93), i club di appartenenza dei calciatori professionisti giunti alla scadenza del contratto non avevano più diritto a percepire somme da parte della società calcistica che procedeva a ingaggiare l'atleta.
Nell’ipotesi, invece, di cessioni di calciatori nel corso del rapporto (e, quindi, prima della scadenza del contratto), viene seguita la seguente procedura di trasferimento:
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calciatore, società di provenienza e società di destinazione devono redigere per iscritto, a pena di nullità, un accordo di cessione di contratto, denominato “variazione di tesseramento per calciatori professionisti”
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società di provenienza e società di destinazione redigono e allegano un documento in bollo, nel quale evidenziano importo e modalità del prezzo di cessione dovuto dalla seconda alla prima
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società di destinazione e calciatore redigono, infine, un altro modulo federale, con il quale concordano la misura del compenso al calciatore, quello da questo dovuto al suo procuratore, la scadenza del rapporto contrattuale, e altre clausole accessorie.
In definitiva, la Cassazione ha precisato che si verte nell’alveo di un’operazione economica rientrante nello schema della cessione del contratto, in quanto la società di provenienza cede alla nuova società, con il consenso del giocatore, la propria posizione contrattuale (e, in particolare, il diritto alle prestazioni sportive dell'atleta), secondo lo schema tipico di cui all'articolo 1406 del codice civile.
Pertanto, di piazza Cavour non hanno aderito alla tesi della ricorrente secondo la quale oggetto della cessione è il diritto di risoluzione anticipata del contratto e l'operazione di trasferimento di calciatori sarebbe composta da atti tra loro distinti, e cioè da un lato l'accordo per la risoluzione del rapporto tra la società di provenienza e il calciatore e, dall'altro, l’accordo tra le due società per il trasferimento dell'atleta e, infine, l'accordo tra l'atleta e la nuova società.
In realtà, l'oggetto del contratto tra le società sportiva e l'atleta è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva, per la durata del contratto stesso.
Con la cessione del giocatore la società cessionaria acquista, con il consenso dell'atleta ceduto, proprio il diritto oggetto del contratto e succede in tutti gli obblighi e i diritti connessi, fermo restando che la società acquirente potrà, in base agli accordi con l'atleta, continuare il rapporto contrattuale alle medesime condizioni ovvero regolarlo diversamente.
Questa interpretazione, peraltro, appare suffragata dal tenore letterale dell'articolo 5 della legge n. 91/1981, che definisce proprio “cessione del contratto” il trasferimento di un atleta da una società all’altra.
L’oggetto della cessione, nel caso specifico, è il diritto all'utilizzo esclusivo della prestazione dell'atleta, che è senz'altro un bene da inquadrarsi tra i beni immateriali strumentali ammortizzabili ai sensi dell'articolo 68, comma 2, Dpr n. 9171986 (Tuir) suscettibili, come tali, di produrre plusvalenze o minusvalenze, rilevanti ai fini Ires e Irap, ai sensi degli articoli 56 Tuir e 5, comma 1, e 11, comma 3, del Dlgs n. 446/1997.
Non è privo di rilievo, invero, il fatto che il diritto all'utilizzo esclusivo delle prestazioni di un atleta sia un bene dotato di una autonoma utilità economica, come tale suscettibile di negoziazione diretta tra società e qualificabile come bene immateriale strumentale (cfr Cassazione, n. 2376/2023, n. 661/2023 e n. 2144/2019).
In conclusione, la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “trasferimento di un atleta professionista da una società sportiva ad un'altra, laddove disposto dietro corrispettivo prima della scadenza naturale del rapporto contrattuale in corso, è riconducibile allo schema della cessione del contratto, nei termini previsti dall'art. 5, comma 2, della L. n. 91/1981; esso, pertanto, dal punto di vista fiscale rappresenta un'operazione assimilabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza e, dunque, rilevante ai fini IRAP”.