Parità di trattamento: il lavoratore frontaliero deve godere degli stessi vantaggi sociali dei lavoratori residenti
Pubblicato il 19/05/24 00:00 [Doc.13360]
di Corte di giustizia dell'Unione europea - UE


Sentenza della Corte nella causa C-27/23 | Hocinx 1

Un cittadino belga lavora in Lussemburgo e risiede in Belgio. Avendo lo status di lavoratore frontaliero, egli dipende dal regime lussemburghese per quanto attiene agli assegni familiari, che ha percepito per diversi anni per un minore collocato in affidamento con decisione giudiziaria presso il suo nucleo familiare. Nel 2017, tuttavia, la Cassa per il futuro dei bambini di Lussemburgo gli ha revocato tali assegni familiari. Tale organismo ritiene infatti che il versamento degli assegni familiari sia limitato ai minori aventi un legame di filiazione diretto (legittimo, naturale o adottivo) con il lavoratore frontaliero. Per contro, i minori residenti in Lussemburgo e oggetto di affidamento giudiziario hanno il diritto di percepire tale assegno, versato alla persona fisica o giuridica che ne ha la custodia. La Corte di cassazione lussemburghese chiede se, applicando condizioni di attribuzione diverse a seconda che il lavoratore sia residente o meno, le norme del codice della previdenza sociale lussemburghese configurino una discriminazione indiretta. Nella sua sentenza, la Corte ricorda che i lavoratori frontalieri contribuiscono al finanziamento delle politiche sociali dello Stato membro ospitante con i contributi fiscali e sociali che versano in tale Stato per l’attività subordinata che vi esercitano. A tale titolo, essi devono poter beneficiare delle prestazioni familiari e dei vantaggi sociali e fiscali alle stesse condizioni dei lavoratori nazionali. Ebbene, la Corte ritiene che una normativa come quella di cui trattasi comporti una differenza di trattamento e che sia contraria al diritto dell’Unione. Infatti, la normativa di uno Stato membro che prevede che i lavoratori non residenti non possano, a differenza dei lavoratori residenti, percepire un vantaggio sociale per minori collocati in affidamento presso il loro nucleo familiare, di cui essi hanno la custodia e che hanno il domicilio legale nonché la residenza effettiva e continuativa presso di loro, configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza. La circostanza che la decisione di collocamento in affidamento provenga da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante del lavoratore interessato non può incidere su tale conclusione. Allo stesso modo, la questione se il lavoratore frontaliero provvede egli stesso al mantenimento del minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare non può essere presa in considerazione se tale condizione non è del pari applicata al lavoratore residente presso il quale sia collocato in affidamento un minore.


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