Dei danni accertati post-scissione, risponde anche la beneficiaria
Pubblicato il 01/08/24 00:00 [Doc.13633]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Altrimenti l’operazione potrebbe costituire un mezzo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti eventualmente commessi dall’impresa a discapito dello Stato membro o di altri interessati

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La Corte Ue, con la sentenza del 29 luglio 2024, causa C-713/2022, ha chiarito che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie si applica non solo agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti nel progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come costi di bonifica e danni ambientali constatati, valutati o definiti dopo la scissione, se derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione.

Nel 2003, una Spa italiana realizzava un’operazione di scissione, mediante la quale trasferiva una parte del suo patrimonio, vale a dire tutte le partecipazioni da essa detenute nel settore biomedicale, a una società di nuova costituzione. Il ministero dell’Ambiente proponeva delle domande di risarcimento nei confronti della società scissa, per i danni ambientali che quest’ultima avrebbe causato, nell’ambito delle sue attività nel settore dei prodotti chimici, svolte per il tramite delle sue controllate, in tre siti industriali in Italia.

La scissa, posta in amministrazione straordinaria nel 2010, conveniva la società beneficiaria, nonché il Mef, il ministero dell’Ambiente e la presidenza del Consiglio dei ministri, dinanzi al Tribunale di Milano, al fine dell’accertamento della responsabilità solidale della compagine beneficiaria, anche nei confronti delle suddette amministrazioni pubbliche, per tutti i debiti risultanti dagli oneri di bonifica e dai danni ambientali, ascrivibili alle responsabilità della scissa anteriori all’operazione straordinaria del 2003.

Le amministrazioni pubbliche convenute, a loro volta, chiedevano la condanna delle due società in solido.

Il Tribunale di Milano respingeva tutte le domande proposte dalle Pa convenute.

Gli enti proponevano appello davanti alla Corte d’appello di Milano, che riconosceva l’esistenza di un nesso di causalità tra le attività esercitate dalla società scissa e dalle sue controllate, da un lato, e l’inquinamento dei terreni in questione, dall’altro. Constatava, poi, che, in quanto proprietaria di tali aree e dei relativi stabilimenti, nonché gestore diretto e capogruppo delle imprese che operavano sulle aree stesse, la Spa era responsabile di un’intensa attività di sfruttamento ambientale che si era protratta, sui tre siti industriali in questione, per quasi un secolo, con conseguenze estremamente gravi sotto il profilo dell’inquinamento.

La società ammetteva la propria responsabilità per questi fatti, cronologicamente anteriori all’operazione di scissione.

La Corte d’appello di Milano riconosceva, dunque, la responsabilità solidale della società beneficiaria, limitatamente all’attivo trasferito, conformemente all’articolo 2506-bis, terzo comma del codice civile, a motivo del fatto che i debiti risultanti dai costi di bonifica e dai danni ambientali costituivano elementi del passivo della scissa, noti ma la cui destinazione non era desumibile dal progetto di scissione in questione.

Con la propria sentenza, il Collegio meneghino, in applicazione dell’articolo 2506-bis, terzo comma cc, condannava, quindi, la beneficiaria, entro i limiti dell’attivo trasferito, a rimborsare i costi di bonifica e i danni ambientali causati dalle attività delle controllate della scissa nei tre siti industriali in questione.

La società proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione pregiudiziale
Ciò premesso, la Corte di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

  • se l’articolo 3 della direttiva n. 82/891, relativa alla scissione delle società per azioni e applicabile (articolo 22) pure alla scissione mediante costituzione di nuove società – nella parte in cui stabilisce che: (a) “se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile”, e che (b) “gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria” – osti a un’interpretazione della norma di diritto interno costituita dall’articolo 2506-bis, terzo comma, del codice civile, che intenda la responsabilità solidale della beneficiaria riferibile, quale “elemento del passivo” non attribuito dal progetto, oltre alle passività di natura già determinata, anche (i) a quelle identificabili nelle conseguenze dannose, realizzate dopo la scissione, di condotte (commissive o omissive) venute in essere prima della scissione stessa o (ii) delle condotte successive che ne siano sviluppo, aventi natura di illecito permanente, generative di un danno ambientale, i cui effetti, al momento della scissione, non siano ancora compiutamente determinabili.

La pronuncia della Corte
La Corte premette che risulta dall’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva su richiamata, il quale è applicabile a una scissione mediante costituzione di nuove società ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della medesima direttiva, che, se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione interessato e l’interpretazione di tale progetto non permette di decidere la ripartizione dell’elemento suddetto, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. Emerge, inoltre, dalla stessa direttiva che gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.

La nozione di “elemento del patrimonio passivo”, di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva n. 82/891, non viene, però, definita dalla direttiva stessa.

Tuttavia, osserva la Corte Ue, nel suo significato abituale e come risulta dal contesto, la nozione richiamata esige che i debiti in questione siano, di principio, esistenti. Infatti, poiché un progetto di scissione deve contenere la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio passivo da trasferire, tali elementi devono essere venuti a esistenza anteriormente alla scissione in questione. Nel caso di costi di bonifica e per danni ambientali, tale requisito implica, dunque, che l’illecito o il fatto generatore di tali danni si sia verificato anteriormente alla scissione, ma non che, a questa data, tali danni siano stati constatati o valutati, o anche che siano stati definiti.

Inoltre, per quanto riguarda gli obiettivi della sesta direttiva n. 82/891, vige la tutela degli interessi dei soci e dei terzi, tra i quali sono comprese quelle persone che, alla data della scissione, non sono ancora qualificabili come creditori o portatori di altri titoli, ma che possono essere così qualificate dopo tale scissione in virtù di situazioni sorte prima di quest’ultima, come la commissione di violazioni del diritto dell’ambiente che vengano constatate tramite decisione soltanto dopo la scissione in parola.

In questo senso – osservano i giudici comunitari - qualora non si accogliesse tale interpretazione della nozione di “elementi del patrimonio passivo”, una scissione potrebbe costituire un mezzo per un’impresa per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti da essa eventualmente commessi, a discapito dello Stato membro interessato o di altri eventuali interessati. Infatti, sarebbe sufficiente a tal fine che l’impresa procedesse a un’operazione di scissione prima che siano stati valutati i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti antecedenti all’operazione.

L’interpretazione in parola, tra l’altro, è conforme all’articolo 11 Tfue, in quanto essa mira a evitare che l’impresa che è all’origine dell’attività inquinante possa sottrarsi ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo.

Conclusioni
L’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/Cee del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato Cee e relativa alle scissioni delle società per azioni, deve essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione.

Data della sentenza
29 luglio 2024

Numero della causa
Causa C-713/2022

Nome delle parti:
LivaNova plc;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Presidenza del Consiglio dei ministri.

 


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