La Corte di cassazione, con la sentenza n. 23873 del 5 settembre 2024, ha chiarito che, considerata l'assenza di natura creditizia o finanziaria, le cessioni di crediti a garanzia delle obbligazioni connesse a contratti di leasing non beneficiano dell'imposta sostitutiva, ma scontano l'imposta di registro in misura proporzionale, con aliquota pari a zero, trattandosi di contratti caratterizzati da autonomia funzionale rispetto a quelli relativi alle obbligazioni garantite.
Al centro della controversia un diniego a un’istanza di rimborso, con cui l'Agenzia delle entrate negava a una Sas la restituzione di una certa somma, a titolo di imposta di registro in misura proporzionale (pari allo 0,5%), relativamente all'atto di cessione (pro solvendo), disposto a favore della Spa concedente il bene utilizzato in leasing, dei crediti presenti e futuri vantati dalla contribuente nei confronti di un’altra Spa, a garanzia del pagamento del canone di locazione finanziaria dovuto alla citata intermediaria finanziaria.
La Sas adiva la Ctp di Chieti, che respingeva il ricorso; la compagine proponeva, quindi, gravame avanti alla Ctr dell’Abruzzo - sezione distaccata di Pescara – che lo accoglieva, sostenendo che il beneficio fiscale previsto dall'articolo 15, Dpr n. 601/1973, spetterebbe, dal punto di vista soggettivo, non solo alle aziende e agli istituti di credito e cioè agli enti preposti all'esercizio del credito e alla raccolta ed erogazione del risparmio del pubblico, ma anche agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'articolo 107, Dlgs n. 385/1993, alla luce della giurisprudenza della Cassazione (cfr Cassazione, sezioni unite, n. 19106/2018), che aveva recepito una decisione della Consulta (cfr Corte costituzionale, n. 242/2017). In particolare, la Corte costituzionale aveva dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie) - nella versione in vigore anteriormente alle modifiche apportate dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)» - nella parte in cui esclude l'applicabilità dell'agevolazione fiscale ivi prevista alle analoghe operazioni effettuate dagli intermediari finanziari”.
La cessione pro solvendo dei crediti – osservava, inoltre, il Collegio abruzzese - rappresentava un atto giuridico volto a garantire l'estinzione del debito assunto dalla società nei confronti della banca, come tale riconducibile alla previsione dell'articolo 15 del citato Dpr. Pertanto, la società poteva beneficiare di un regime alternativo di tassazione, in virtù del quale corrispondere la minor imposta sostitutiva, così acquisendo il diritto all'esenzione dal versamento delle imposte di registro, di bollo e ipo-catastale, diversamente dovute in ragione del regime ordinario di tassazione su ciascun atto legato da un nesso causale all'operazione di finanziamento.
L’Agenzia delle entrate proponeva, allora, ricorso per cassazione, incentrando le proprie doglianze sulla circostanza che, nella sentenza impugnata, i giudici avevano basato la decisione sul requisito soggettivo dell'agevolazione fiscale, che non era stato oggetto di discussione, appena accennando, invece, al profilo oggettivo e fornendo un'interpretazione estensiva del concetto di finanziamento contenuto nel citato articolo 15, senza considerare che la ratio sottesa della norma agevolativa, di stretta interpretazione, aveva riguardo alle operazioni qualificate dall'erogazione materiale di risorse finanziarie al fine di accrescere la produttività e di favorire lo sviluppo economico, che giustificava l'applicazione di un'imposta sostituiva esigua, pari allo 0,25 per cento.
La sentenza
Nell’accogliere il ricorso erariale, la Corte suprema espone come, nell'ipotesi in esame (cessione di credito pro solvendo a garanzia del pagamento del canone di locazione finanziaria), non operi la previsione dell'articolo 15 Dpr n. 601/1973, che esonera dal versamento delle imposte di registro le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, tutti i provvedimenti e atti a esse inerenti, le garanzie a qualunque titolo prestate, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti.
In questo senso, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “in tema di agevolazioni tributarie per il settore del credito, le operazioni di finanziamento, alle quali il DPR n. 29 settembre 1973, n. 601, art. 15, accorda un trattamento fiscale di favore, vanno individuate - in base alla ratio legis ed al principio secondo cui le norme agevolative sono di stretta interpretazione - in quelle che si traducono nella provvista di disponibilità finanziarie, cioè nella possibilità di attingere denaro, da impiegare in investimenti produttivi” (cfr. Cass. 4611/2002; 9930/2008; 5270/2009; 695/2015; 34230/2021)”.
Quindi – continua la Cassazione, richiamando ulteriori precedenti giurisprudenziali e avallando l'interpretazione erariale – “la questione, quindi, deve essere risolta sulla base della ratio legis della norma di agevolazione di cui al citato art. 15 del DPR n. 29 settembre 1973, n. 601, la quale è da ricercare nel favore che il legislatore intende accordare agli investimenti produttivi, nella previsione che essi possono creare nuova ricchezza, sulla quale potrà più adeguatamente applicarsi il prelievo fiscale”; pertanto, “nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una situazione - come quella di specie - la quale presuppone già erogato il credito ed investita la somma corrispondente e nella quale oggetto di regolamento negoziale è la successiva cessione del credito con finalità di garanzia, il negozio in questione non ha per oggetto un finanziamento, ma, per l'appunto, la garanzia di recupero del credito. In tal caso, dunque, lo scopo per il quale il legislatore accorda un trattamento agevolato, non ricorre perché, per effetto del negozio di cessione, il cessionario non dispone di nuovo denaro, suscettibile di impieghi produttivi” (cfr Cassazione, n. 4611/2002 e n. 5270/2009).
Quindi, concludono i togati di legittimità, data l'assenza di natura creditizia o finanziaria, le cessioni di crediti a scopo di garanzia delle obbligazioni derivanti da contratti di leasing non beneficiano dell'imposta sostitutiva, prevista dagli articoli 15 e 17 del Dpr n. 601/1973, ma scontano l'imposta di registro in misura proporzionale con l'aliquota dello 0,5% ai sensi dell'articolo 6 della Tariffa, parte prima, annessa al Dpr n. 131/1986, nel quale espressamente rientrano “cessioni di crediti, compensazioni e remissioni di debiti, quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata; garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge”, trattandosi di contratti caratterizzati da autonomia funzionale - seppur nel contesto di un collegamento negoziale - rispetto ai contratti originanti le obbligazioni garantite (in questi termini, cfr anche Cassazione, n. 28734/2023).
Prassi di riferimento
Quanto alla prassi, la sentenza in esame osserva come – nonostante il contrario avviso del giudice regionale abruzzese – non possa applicarsi al caso specifico quanto disposto nella risoluzione n. 29/E/2012, nella quale l’Agenzia delle entrate, rispondendo a un interpello presentato da una società che aveva ceduto crediti pro solvendo allo scopo di garantire all'istituto il rimborso di un finanziamento statale erogato a seguito della conclusione di un contratto di mutuo, aveva riconosciuto che l'operazione era esente dalle imposte di bollo e di registro, qualora la cessione di credito fosse stata posta in essere a scopo di garanzia del contratto di mutuo stipulato.
Quest’ultima ipotesi, infatti, non è pertinente, perché riferita a una cessione pro solvendo di crediti posti a garanzia del rimborso di un finanziamento erogato a seguito della conclusione di un contratto di mutuo.
Diversamente, nel caso in commento, può applicarsi quanto si desume dalla risoluzione n. 278/E/2008, che ha scrutinato la fattispecie similare di cessione pro solvendo di crediti maturati e maturandi a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni derivanti da un contratto di leasing. In detta ipotesi, la cessione dei crediti ha una sua specifica causa contrattuale, che non viene compressa anche in presenza di un collegamento con lo schema unitario del contratto di leasing.
Ciò, da un lato, esclude che il contratto abbia natura finanziaria e, dall'altro, impone di considerare la sua autonoma rilevanza, con la conseguenza che le cause giuridiche che caratterizzano, rispettivamente, il contratto di cessione di crediti e il contratto di leasing non sono riferibili a un'unica ragione economico-sociale: quanto precede comporta che tale cessione è riconducibile alla previsione di cui all'articolo 2, comma 3, lettera a) Dpr n. 633/1973 (in base al quale non sono considerate cessioni di beni quelle che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro), con conseguente esclusione dell'operazione in esame dal campo di applicazione Iva e applicazione, invece, della disposizione recata dall'articolo 6 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur, per la quale le cessioni di crediti scontano l'imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,5 per cento.