Le spese legali diventano deducibili solo con lâesaurimento dellâincarico
Pubblicato il 02/09/16 09:56 [Doc.1542]
di Redazione IL CASO.it
Le regole sullâimputazione temporale dei componenti del reddito sono tassative e non consentono di ascrivere a un esercizio diverso da quello che per legge è âdi competenzaâ
Apprezzando gli assunti erariali, con sentenza 11 agosto 2016, n. 16969, la Corte di cassazione ha stabilito che il corrispettivo della prestazione del professionista legale e la relativa spesa si considerano, rispettivamente, conseguito e sostenuta quando la prestazione è condotta a termine (ex articolo 75 del previgente Tuir) per effetto dellâesaurimento o della cessazione dellâincarico professionale.
La controversia
Nel caso di specie, una società aveva dedotto nel periodo di imposta 2002, tra lâaltro, costi per prestazioni di assistenza legale relativi a una causa ancora in corso.
Lâufficio aveva contestato tali oneri in quanto costi non di competenza per prestazioni relative a causa pendente, atteso che gli stessi non erano deducibili dal reddito di impresa se non a prestazione ultimata.
Lâopposizione societaria venne accolta in primo grado e confermata in appello, motivando, il giudice del gravame, che il professionista ha diritto allâimmediata percezione del compenso per ogni singola prestazione resa â che si considera ultimata in quel momento â a prescindere dallâesito della causa e dalla incertezza del componente negativo del reddito derivante dalla non definitività dellâammontare delle spese.
Nel conseguente ricorso per cassazione, lâerario, insistendo sulle proprie posizioni, denuncia violazione dellâarticolo 75 (ora 109) del Tuir, trattandosi di componente negativo di reddito che non risultava ancora determinato nel 2002, non essendo ancora conclusa lâinerente controversia giudiziaria.
La decisione
La Corte suprema ritiene il ricorso erariale meritevole di accoglimento, stabilendo il principio di diritto (cui dovrà uniformarsi il giudice del rinvio) che il corrispettivo della prestazione del professionista legale e la relativa spesa si considerano rispettivamente conseguito e sostenuta quando la prestazione è condotta a termine per effetto dellâesaurimento o della cessazione dellâincarico professionale.
Pertanto, non essendosi conclusa la controversia giudiziaria, il componente negativo di reddito, non risultava ancora maturato e, quindi, non poteva essere dedotto.
Nel merito della vicenda, occorre rilevare che, in base allâarticolo 2234 cc, âil cliente, salva diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore dâopera le spese occorrenti al compimento dellâopera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compensoâ.
Tale disposizione costituisce, da un lato, specifica esplicazione dellâobbligo di collaborazione che grava sul cliente, così da porre il prestatore in condizioni di dare inizio e di proseguire la propria opera e, sotto dallâaltro, vale a mitigare la regola della cosiddetta âpostnumerazioneâ (articoli 2225 e 2233 cc), secondo cui il diritto al compenso pattuito matura una volta posta in essere una prestazione tecnicamente idonea a raggiungere il risultato a cui la prestazione è diretta (cfr Cassazione, 19215/2005).
La prestazione difensiva ha così carattere unitario e ciò importa che gli onorari di avvocato debbano essere liquidati in base alla tariffa vigente nel momento in cui la prestazione è condotta a termine per effetto dellâesaurimento o della cessazione dellâincarico professionale, unitarietà che va rapportata ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio e, quindi, al momento della pronunzia che chiude ciascun grado (fra le tante, cfr Cassazione, 17059/2007).
Ulteriore manifestazione dellâunitarietà della prestazione ed elemento dirimente la controversia è la decorrenza della prescrizione.
A tal fine, infatti, lââultima prestazioneâ dalla quale va calcolato il termine triennale stabilito dallâarticolo 2956 cc per la decorrenza della prescrizione del diritto dellâavvocato al compenso, ex articolo 2957 cc, va individuata con riferimento allâespletamento dellâincarico conferito dal cliente (cfr Cassazione, 13401/2015).
Poiché detto incarico si fonda sul contratto di patrocinio (rectius, mandato) e non sul rilascio della procura ad litem (ex plurimis, cfr Cassazione, 8388/1997), il termine di prescrizione inizia a decorrere dallâesaurimento dellâaffare per il cui svolgimento fu conferito lâincarico che, nel caso di prestazioni rese in due gradi di giudizio, coincide con la pubblicazione della sentenza dâappello (cfr Cassazione, 12326/2001).
Il dies a quo per lâinizio del termine di prescrizione è la data del passaggio in giudicato della sentenza (cfr Cassazione, 13401/2015).
Conclusioni
Nel caso di specie, quindi, il giudice di merito ha erroneamente statuito il contrario, riconoscendo il diritto del professionista allâimmediata percezione del compenso per ogni singola prestazione, dove la prestazione stessa, essendo indipendente dalla decisione della lite, va intesa come singolo atto.
Peraltro, in base allâarticolo 75 del Tuir, i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nellâesercizio di competenza e, ai fini della determinazione dellâesercizio di competenza, i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate.
Tali regole sullâimputazione temporale dei componenti del reddito sono tassative e inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo del reddito a un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza (cfr Cassazione, 27296/2014).
In conclusione, nella pronuncia in esame, la Cassazione puntualizza â sulla scorta dellâinequivoco dato normativo â che qualsiasi prestazione professionale possa essere dedotta solo allâultimazione dellâincarico, e non a stato di avanzamento (cfr anche Cassazione, 9068/2015).
Salvatore Servidio
pubblicato Giovedì 1 Settembre 2016
(Fonte: Fisco Oggi)
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