Riscossione in pendenza di giudizio: rilevante l’intero importo della Ctp
Pubblicato il 14/10/16 08:22 [Doc.1811]
di Redazione IL CASO.it


Dopo la pronuncia di primo grado, l’Agenzia è legittimata a iscrivere a ruolo le ulteriori somme dovute dal contribuente, fino a concorrenza del totale stabilito nella sentenza

In caso di sentenza di primo grado che accoglie parzialmente il ricorso, qualora dalla stessa risultano dovuti importi inferiori o uguali ai due terzi dei tributi e delle sanzioni controversi, l’Agenzia è legittimata a riscuotere l’intero ammontare risultante dalla medesima sentenza.
Il parametro dei due terzi deve essere commisurato a quanto accertato (non superando l’importo stabilito dal giudice) e non al decisum.
È quanto statuito dai giudici della Ctr di Cagliari, con la sentenza n. 251 del 23 agosto 2016.

Il fatto
La controversia all’esame dei giudici concerneva la determinazione del tributo e dei relativi interessi dovuti durante i vari gradi del giudizio. Sostanzialmente trattasi dell’applicazione dell’articolo 68 del Dlgs 546/1992.
Vigente il regime che prevedeva l’iscrizione a ruolo delle somme dovute e il pagamento del 50% di imposte e sanzioni per l’accesso al contenzioso, un contribuente - soccombente nel giudizio di primo grado, avendo ricevuto la cartella esattoriale a seguito della pronuncia della Ctp, ne contestava l’ammontare.

In giudizio, dinanzi ai giudici della Ctp di Nuoro, nell’impugnare la cartella di pagamento, deduceva l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo nella misura in cui superava i due terzi di quanto contenuto nella decisione dei giudici di primo grado.
L’Agenzia, infatti, dopo la sentenza di primo grado, aveva iscritto a ruolo le ulteriori somme dovute in base alla sentenza fino all’intero importo dei tributi e sanzioni decise in primo grado, poiché inferiore ai due terzi dell’importo inizialmente accertato.
I giudici di prime cure, condannando l’Agenzia delle Entrate alle spese del giudizio, accoglievano la tesi del ricorrente per cui non si sarebbe potuto iscrivere a ruolo più di due terzi di quanto ritenuto con la sentenza di primo grado, e ciò anche per le sanzioni.

Proponeva appello l’Agenzia, rilevando l’errore di interpretazione della norma commesso dai primi giudici, poiché, dopo la pronuncia di primo grado, era legittimo iscrivere a ruolo il minore importo fra quanto deciso dal giudice e i due terzi di quanto era invece in contestazione, ovvero l’accertato.

Decisione
I giudici, con la sentenza in commento, dopo un’accurata ricostruzione normativa, hanno ritenuto fondate le ragioni dell’ufficio.
Preliminarmente, hanno evidenziato che l’articolo 68 del Dlgs 546/1992 disciplina, nell’ambito della esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie, la riscossione frazionata del tributo nella fase relativa alla pendenza del processo tributario.
La medesima disposizione, facendo riferimento anche alla riscossione dei “relativi interessi previsti dalle leggi fiscali”, consente all’Amministrazione di pretendere, in via provvisoria, anche gli interessi moratori insieme al tributo cui si riferiscono.
Inoltre, la citata norma – in forza del richiamo operato dall’articolo 19, comma 1, Dlgs 472/1997 alla disciplina del Dlgs 546/1992 – è applicabile anche alle sanzioni.
Infatti, il comma 1 dell’articolo 19 dispone che “In caso di ricorso alle commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata, si applicano le disposizioni dettate dall’articolo 68, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 recante disposizioni sul processo tributario”.

Ritornando, poi, al quantum per cui è possibile procedere a iscrizione dopo la sentenza di primo grado che ha parzialmente accolto il ricorso, la disciplina è rinvenibile nell’articolo 68, comma 1 lettera b), per cui il tributo con i relativi interessi deve essere pagato “per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso”.

Nel caso esaminato, mentre l’Agenzia si è certamente attenuta ai suddetti principi nella formazione dei ruoli provvisori, il giudice di primo grado - che ha annullato interamente la cartella portante l’iscrizione provvisoria dei tributi e sanzioni dopo la sentenza, ritenendo che la somma iscrivibile non potesse superare i due terzi del deciso in sentenza sia per le sanzioni che per gli interessi - ne ha fatto errata applicazione.
Al riguardo, i giudici di secondo grado affermano che l’interpretazione errata della Ctp “cozza (…) contro la lettera e lo spirito della norma che è quello di consentire la iscrizione frazionata nei limiti di quanto accertato secondo la progressione delle decisioni e quindi anche l’intero qualora la decisione di primo grado non superi i due terzi dell’accertato”.

Da ultimo, gli stessi giudici ammoniscono la parte privata affermando che “è bene evitare contestazioni di tale natura, poiché si rischia non solo di non vedere accolte le proprie ragioni, ma anche di dover sopportare le spese di lite”.

Osservazioni
Nel caso di ricorso avverso l’avviso di accertamento si applicano le disposizioni in materia di riscossione frazionata in pendenza di giudizio.
Le disposizioni di riferimento sono, sostanzialmente, l’articolo 15 del Dpr 602/1973, in base al quale, di regola, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, il contribuente è tenuto a versare un terzo degli importi dovuti a titolo di imposta, e l’articolo 68 del Dlgs 546/1992.
In particolare, quest’ultima disposizione dispone che, nelle ipotesi in cui è prevista la riscossione frazionata in pendenza di giudizio, anche in deroga a quanto previsto dalle singole leggi d’imposta, il tributo con i relativi interessi, deve essere versato:
per i due terzi, dopo la sentenza della Ctp che respinge il ricorso (articolo 68, lettera a)
per l’ammontare risultante dalla sentenza della Ctp e, comunque, non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso (articolo 68, lettera b)
per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale (articolo 68, lettera c).
A decorrere dal 1° giugno 2016, la medesima disposizione, come modificata dall’articolo 9, comma 1, lettera ff), Dlgs 156/2015, prevede che, in caso di ricorso per cassazione, il tributo deve essere versato:
per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado, dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio
per l’intero importo indicato nell’atto originariamente impugnato, in caso di mancata riassunzione.
In merito alle intervenute modifiche normative, contenute nella lettera c)-bis, l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti con la circolare 38/2015.
Per le sanzioni, in base al combinato disposto degli articoli 19 del Dlgs 472/1997 e 68 del Dlgs 546/1992, prima della sentenza di primo grado favorevole all’ufficio, non può esservi alcuna riscossione.

Il caso esaminato nella sentenza in commento concerne, dunque, l’esatta applicazione della lettera b), in particolare il parametro di riferimento per valutare il versamento dei due terzi.
La pronuncia conferma la tesi dell’Agenzia per cui il limite dei due terzi deve essere commisurato all’accertato con il limite stabilito in sentenza (circolare 98/1996).

Dunque, sostanzialmente, nei casi di sentenze che accolgono parzialmente il ricorso:
se dalla sentenza risultano dovuti importi superiori ai 2/3 di tributi e sanzioni controversi, il ricorrente versa l’importo dovuto come nell’ipotesi di ricorso respinto, quindi, 2/3 dell’importo accertato
se dalla sentenza risultano dovuti importi inferiori o uguali ai 2/3 di tributi e sanzioni controversi, il ricorrente versa l’intero ammontare stabilito.
Al contrario, parte della dottrina e della giurisprudenza di merito (cfr, da ultimo, sentenza della Commissione tributaria della Campania 6359/28/2016) ritiene che il calcolo dei due terzi vada effettuato sempre sull’ammontare delle somme decise in sentenza.
Nunziata Masiello
pubblicato Giovedì 13 Ottobre 2016
(Fonte: www.fiscooggi.it)


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